La Violenza

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trizi
view post Posted on 20/10/2010, 19:06




Dalla seduta del....9 maggio 1988
Mais... il problema è che voi vi accorgete della violenza, e riconoscete la violenza quando la violenza riguarda o ricade su voi stessi. Oh... si può anche dire che voi guardate la televisione, magari, e vedete il tale omicidio o la sparatoria tale e dite: "Ma guardate questi comportamenti violenti, io non fari mai una cosa del genere..." ma è sempre un cosa mentale quella che fate, un atteggiamento di superficie perché, in realtà, non vi interessa più che tanto quanto guardate attraverso quella finestra che è la televisione, anche perché, alla fin fine, non siete mai sicuri se quello che vedete o sentite sia veramente la realtà dei fatti, no?
Per accorgervi quindi della violenza, bisogna che la violenza arrivi a interessare voi stessi, naturalmente la parte più evidente del vostro voi stessi, ovvero il vostro Io, perché è quella che reagisce alla violenza.
L'Io, ricordatelo, è sempre pronto a fare violenza agli altri, ma - ritenendosi superiore - si offende tantissimo nel momento in cui la violenza viene fatta a lui! La violenza non è fatta soltanto, come avete ricordato voi, di atti violenti, la violenza è fatta di molte sfaccettature, tantissime, e - forse - il comportamento, come si può dire, in qualche modo subdolo o peggiore che si possa tenere è quello che porta alla violenza messa in atto attraverso le parole; certamente un violenza fisica vi colpisce sul momento per la sua manifestazione, per come viene messa in atto, perché - magari - l'individuo violento manifesta attraverso la sua espressione una condizione interiore particolare che vi colpisce, ma la violenza fatta con le parole invece, a mio avviso, è molto peggiore perché intanto è difficile riuscire ad individuarla, no? Non sempre vi accorgete che gli altri vi stanno violentando con quello che vi dicono, e poi restate comunque nel dubbio se veramente quella persona vi stava facendo violenza o è stata soltanto una vostra impressione, diventa quindi un comportamento dell'altro che va compreso, interpretato, e questo comprendere ed interpretare un comportamento altrui, voi sapete che è una delle cose più difficili da fare, tant'è vero che i politici sanno benissimo di questi movimenti, di queste meccaniche psicologiche e le usano continuamente nel loro comizi, nei loro discorsi, nel loro usare la parola come mezzo di convinzione, di persuasione degli altri.
Siete d'accordo su questo, oui?
Volete aggiungere qualcosa, chiedere qualcosa?
Margeri
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Le mie domande : la violenza è insita in noi sempre? Può può essere gestita attraverso la crescita, il cammino evolutivo, la comprensione e tenuta in equilibrio? Come il bene e il male?.
Tra i vari meccanismi che portano alla violenza, come si inserisce l'omicidio?
Mi fermo qui e non so neppure se si possa portare avanti questo argomento così complesso.
Tiziana
 
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Fabio Sal
view post Posted on 20/10/2010, 19:26




CITAZIONE (trizi @ 20/10/2010, 20:06)
Le mie domande : la violenza è insita in noi sempre? Può può essere gestita attraverso la crescita, il cammino evolutivo, la comprensione e tenuta in equilibrio? Come il bene e il male?.
Tra i vari meccanismi che portano alla violenza, come si inserisce l'omicidio?
Tiziana

violenza insita a noi?
da quello che ho capito io l'aggressività (quindi in parte anche la violenza) è insita a noi come strumento di sopravvivenza. Mi ricordo che nelle prime sedute in cui si parlava di rabbia spesso ci dicevano che è utile prendere come esempio i bambini molto piccoli; questo perchè osservando loro si notano alcune caratteristiche che l'"umano" deve avere... spero di essermi spiegato...

può essere gestita?
secondo me si. Sicuramente sono importanti la crescita e il livello evolutivo per tenerla "tranquilla", ma la parte principale sta, secondo me, nella capacità di osservare se stessi, riconoscere i segnali / sintomi del proprio nervosismo e intervenire in modo adeguato su se stessi per prevenire un'eventuale esplosione.
E' un po lo stesso discorso che si potrebbe fare per tutti i picchi delle reazioni emotive.

l'omicidio
penso che sia un'argomento impossibile da affrontare così. Andrebbe visto caso per caso, anche perchè ogni omicida è diverso dagli altri e vive in un contesto diverso dagli altri.
 
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SerGian
view post Posted on 21/10/2010, 07:50




Come dice Fabio la violenza è assimilabile all'aggressività (direi che ne è un po' l'esasperazione) che, di recente, è stata definita come un comportamento.
Volendo fare la genesi della violenza, penso che si possa riassumere in questo modo: i bisogni evolutivi del corpo akasico inviano all'individuo la richiesta di dati, le vibrazioni relative attraversano i vari corpi dell'indiviuo "traducendosi" in desideri ed emozioni; a loro volta essi si traducono in manifestazioni all'interno dell'individuo (la rabbia ne è un esempio) che si esplicano in comportamenti come interazione con il mondo esterno.
La violenza, quindi, è una manifestazione dei bisogni di comprensione dell'akasico che può essere gestita e superata tramite l'acquisizione di comprensione da parte dell'akasico stesso.
... messa così mi sa che è un passaggio obbligato attraverso cui tutti dobbiamo passare, e l'omicidio ne è l'aspetto più drammatico.

Serena
 
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view post Posted on 21/10/2010, 11:59
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La violenza è secondo me il tentativo di manipolare, controllare, condizionare un'altra persona, al fine di obbligarla a fare qualcosa che altrimenti - se fosse libera - non farebbe. Non necessariamente secondo me usare violenza contro qualcuno implica essere aggressivi.
Ci sono persone per esempio che col loro modo di esprimersi, di non accettare le opinioni altrui, di imporre agli altri il proprio modo di pensare, esercitano di fatto una violenza contro gli altri, e spesso lo fanno senza neppure accorgersene più di tanto, e spesso senza che questo atteggiamento contenga necessariamente dell'aggressività.

Un mio amico - soprattutto quando era più giovane - esprimeva sempre i propri pareri in modi assolutistici e facendolo con molta anche arroganza, al punto che ben difficilmente chi era presente poteva ribattere a meno di essere disposto ad entrare in un'accesa disputa.
Tanto per fare un esempio che aiuti a capire: parlando di un gruppo musicale che non gli piaceva, questa persona non diceva mai "questo gruppo non mi piace", ma piuttosto usava forme verbali tipo "questo gruppo fa cagare" (scusate il termine), accompagnando questo linguaggio anche con un atteggiamento molto deciso e perentorio. A quel punto, se a te per caso quel gruppo musicale invece piaceva, ti trovavi un po' in difficoltà ad esprimere il tuo parere liberamente.

Dato poi che questa persona estendeva questo atteggiamento a tutte le sue affermazioni su tutti gli argomenti, ogni volta che apriva bocca, alla lunga stare con lui era diventata quasi una tortura. Mi faceva sentire una specie di ostaggio, fortemente limitato nella mia possibilità di esprimere un'opinione qualsiasi.

La cosa peggiore di questo tipo di situazione, era poi la difficoltà di rendersi davvero conto che il problema non era solo mio (come per anni ho pensato), ma che evidentemente c'era qualcosa di profondamente ingiusto anche nel suo atteggiamento, un suo perenne tentativo di plasmare i miei gusti e i miei interessi per farli combaciare con i suoi. Una violenza sottile - e per questo difficile da riconoscere, soprattutto quando sei giovane - ma costante e generalizzata.

Ecco secondo me dietro a questo tipo di atteggiamenti non si può dire che ci sia dell'aggressività, ma piuttosto un desiderio dell'io di assumere il controllo della realtà che lo circonda. Desiderio che si trasforma poi in frustrazione e aggressività solo quando non viene soddisfatto.
 
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flavio za
view post Posted on 23/10/2010, 15:20




L'Io, ricordatelo, è sempre pronto a fare violenza agli altri.
Margeri

E a se stesso.
Flavio

In me riconosco una vasta gamma di comportamenti violenti.
Violenze attive: insulti, minacce, con lo scopo di piegare i miei interlocutori ai miei interessi.
Violenze affamatorie o passive: non dare affetto, attenzione, informazioni, soddisfazioni, ecc. con lo scopo di piegare il mio interlocutore ai miei interessi.
A volte la violenza psichica si spinge a quasi eliminare l'altro dal mio orizzonte mentale.
Più sottilmente ancora: pensieri svilenti nei confronti degli altri e sentimenti di disprezzo e ostilità.

A volte sono violento anche con me stesso: in modo attivo ( faccio proprio schifo!) e in modo passivo ( "va bhè! mi concedo questo comportamento che so errato, tanto sono una nullità!"). Tento di violentarmi in mille modi per ottenere quello che immagino essere il mio bene.
Tutto pur di non essere spontaneo e rinunciare all'idea di " potere" che credo di avere sugli altri e su me stesso.
 
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SerGian
view post Posted on 23/10/2010, 21:21




CITAZIONE (Odisseo76 @ 21/10/2010, 12:59)
La violenza è secondo me il tentativo di manipolare, controllare, condizionare un'altra persona, al fine di obbligarla a fare qualcosa che altrimenti - se fosse libera - non farebbe. Non necessariamente secondo me usare violenza contro qualcuno implica essere aggressivi.
Ci sono persone per esempio che col loro modo di esprimersi, di non accettare le opinioni altrui, di imporre agli altri il proprio modo di pensare, esercitano di fatto una violenza contro gli altri, e spesso lo fanno senza neppure accorgersene più di tanto, e spesso senza che questo atteggiamento contenga necessariamente dell'aggressività.
......
Ecco secondo me dietro a questo tipo di atteggiamenti non si può dire che ci sia dell'aggressività, ma piuttosto un desiderio dell'io di assumere il controllo della realtà che lo circonda. Desiderio che si trasforma poi in frustrazione e aggressività solo quando non viene soddisfatto.

Certamente l'azione violenta può essere facilmente classificata come tale quando si manifesta a livello fisico, dove uno le dà e l'altro le prende.
C'è poi la violenza psicologica, che non avevo considerato, ma quando c'è violenza psicologica? Quando un individuo agisce e l'altro subisce! E qui ci siamo, ma quando qualcuno vuole impormi qualcosa e questa imposizione io neppure la colgo? Oppure quando io mi sento vittima di violenza, ma il mio interlocutore non ha la minima intenzione di essere violento?
Cioé: il concetto di violenza può essere applicato quando entrambi gli attori sono "sulla stessa lunghezza d'onda"?
Quindi se si trovano "sfasati" si tratta si percezione soggettiva della realtà per chi si sente vittima, e di sfogo senza bersaglio per il violento?

Serena
 
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tulliarina
view post Posted on 24/10/2010, 06:59




Per Flavio:
Che cosa vuol dire affamatorio?
Sul vocabolario della lingua italiana questo aggettivo non esiste, il che mi fa pensare che sia un termine da “addetti ai lavori”, e siccome qua di “addetti ai lavori” ce ne sono ben pochi, ti pregherei di usare un frasario più semplice e alla portata di tutti, altrimenti non ci capiremo mai; e se proprio non ci riesci cerca almeno di usare termini che si possono trovare su un comune vocabolario..
Ho trovato, sempre sul vocabolario, soltanto il sostantivo: Affamatore che significa: chi mette alla fame sfruttando, depredando, strozzino....

Per quanto riguarda quanto affermi, in parte ci eravamo già accorti, o meglio mi ero già accorta, di questo tuo modo di fare “violenza” quando scrivevi in ML. Il quadro che hai fatto di te e delle "tue violenze" non è molto gratificante e se ne sei consapevole mi chiedo: “Come fai a convivere con te stesso?” :)

Non sarei del tutto d'accordo sul fatto che l'Io faccia violenza a se stesso, quello che tu descrivi “faccio proprio schifo” etc, personalmente li vedo come trucchetti dell'Io per far vedere quant'è bravo, che bel lavoro che sta facendo per la conoscenza di se stesso, insomma una sorta di finta umiltà, credo che la violenza su se stessi o sull'IO implichi una vera e propria, difficoltosa, talvolta dolorosa rinuncia a un qualche tipo di gratificazione, un vero e proprio bagno di umiltà.

E qua mi viene in mente una frase di Francois: "... allora se il fare una cosa che tu senti di fare danneggia un'altra persona, allora in quel caso violenta te stesso". Mi e vi chiedo, allora la violenza su se stessi può assumere una connotazione positiva?
 
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view post Posted on 24/10/2010, 09:12
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CITAZIONE (tulliarina @ 24/10/2010, 07:59)
E qua mi viene in mente una frase di Francois: "... allora se il fare una cosa che tu senti di fare danneggia un'altra persona, allora in quel caso violenta te stesso". Mi e vi chiedo, allora la violenza su se stessi può assumere una connotazione positiva?

Ciao,

io credo proprio di si, del resto è il primo passo che dobbiamo compiere per giungere alla comprensione. C'è il momento in cui ci accorgiamo di un nostro limite (vuoi per l'osservazione passiva, vuoi perchè ce lo indicano gli altri, vuoi attraverso altre vie), ma non abbiamo ancora nessuno strumento per superarlo, cioè ce ne siamo appena accorti, qual'è il primo passo da fare se non cominciare a modificare noi stessi attraverso un atto di volontà, violentandoci appunto? E' solo con il tempo e l'applicazione (e tutto il processo che conosciamo) che quell'atto fluirà spontaneo tanto che neanche ce ne accorgeremo.
E poi chi era quella Guida che diceva: "fai ogni giorno una cosa che non vuoi fare?"
La mia conclusione è che sì la violenza su stessi (in certi casi chiaramente) può assumere una connotazione positiva.
 
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Fabio Sal
view post Posted on 24/10/2010, 10:31




si, anche secondo me quel tipo di violenza su se stessi è positiva.
può essere una soluzione temporanea in attesa di una vera comprensione.

la violenza psicologica per me è quando vogliamo costringere qualcno a fare qualcosa. Ma siamo sicuri che sia sempre negativa?
secondo me no. Proprio come l'auto-violenza di cui abbiamo parlato sopra, può essere anche utilizzata in modo positivo. Ad es, spingendo (aiutando) qualcuno a prendere una decisione difficile; aiutando una persona che altrimenti ripeterebbe una scelta che si è già rivelata sbagliata in passato.
che ne dite?
 
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view post Posted on 24/10/2010, 10:43
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CITAZIONE (Fabio Sal @ 24/10/2010, 11:31)
si, anche secondo me quel tipo di violenza su se stessi è positiva.
può essere una soluzione temporanea in attesa di una vera comprensione.

la violenza psicologica per me è quando vogliamo costringere qualcno a fare qualcosa. Ma siamo sicuri che sia sempre negativa?
secondo me no. Proprio come l'auto-violenza di cui abbiamo parlato sopra, può essere anche utilizzata in modo positivo. Ad es, spingendo (aiutando) qualcuno a prendere una decisione difficile; aiutando una persona che altrimenti ripeterebbe una scelta che si è già rivelata sbagliata in passato.
che ne dite?

Sono d'accordo che la "violenza" psicologica non sia sempre e comunque negativa. L'esempio che fai secondo me ne è la prova. Sicuramente però sono argomenti da applicare alla situazione pratica contingente con moooolta cautela. Forse concorderai con me, il confine che delimita l'imposizione dall'aiuto è sempre sottilissimo, e non sempre identificabile.
Luciano
 
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view post Posted on 24/10/2010, 10:57
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Riassumendo un po' tutte le vostre opinioni, credo si potrebbe dire che la violenza è uno strumento, e come tale può essere usato con intenzione altruistica o egoistica, ma che non è giusto o sbagliato di per sé.

Per rispondere a Serena, non penso che sia importante che l'oggetto della violenza si accorga. La violenza a fine egoistico si trova nel "violentatore", indipendentemente da quale sarà la razione del "violentato".
Nel mio esempio specifico poi, tutti quanti si sentivano "violentati", da questa persona, che ha finito con il rimanere sola. Solamente a questo punto, questa persona ha iniziato a capire che forse stava sbagliando qualcosa. Paradossalmente a causa dell'insegnamento che mi esortava a trovare in me il problema piuttosto che nell'altro, io sono stato l'ultimo ad accorgermi che il problema questa volta era anche nell'altro.
Che poi avessi anch'io qualcosa da comprendere da questa situazione, su questo non ci piove. Ma non voglio andare fuori tema.

Per tutti: penso che la lettura del messaggio "essere vittima di se stessi", che potete trovare nella sezione Messaggi delle Guide di questo forum, sia molto utile. Io l'ho trovata molto interessante.
 
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Daria83
view post Posted on 24/10/2010, 21:31




CITAZIONE
la violenza psicologica per me è quando vogliamo costringere qualcno a fare qualcosa. Ma siamo sicuri che sia sempre negativa?
secondo me no. Proprio come l'auto-violenza di cui abbiamo parlato sopra, può essere anche utilizzata in modo positivo. Ad es, spingendo (aiutando) qualcuno a prendere una decisione difficile; aiutando una persona che altrimenti ripeterebbe una scelta che si è già rivelata sbagliata in passato.
che ne dite? Fabio

Secondo me dipende: se stai di fatto costringendo una persona a fare qualcosa che non si sente... è negativo, perchè potrai "salvarla" in quel particolare momento da un errore che tu vedi, ma se non è lei a vederlo ci incapperà sicuramente un'altra volta, magari in un altro modo, magari peggio! Oppure, se la tua è solo una spintarella e alla persona in questione è sufficiente questa per capire e agire diversamente da come stava per fare, però in maniera sentita... beh allora secondo me non si parla nemmeno più di violenza. :)
 
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trizi
view post Posted on 24/10/2010, 23:06




CITAZIONE (SerGian @ 21/10/2010, 08:50)
La violenza, quindi, è una manifestazione dei bisogni di comprensione dell'akasico che può essere gestita e superata tramite l'acquisizione di comprensione da parte dell'akasico stesso.
... messa così mi sa che è un passaggio obbligato attraverso cui tutti dobbiamo passare, e l'omicidio ne è l'aspetto più drammatico.
Serena

Chissà se nel tragitto umano di chiunque anche questo passaggio è obbligato, se per forza ogni persona nelle sue esperienze deve aver provato cosa sia l'omicidio e il suicidio, per diluire piano piano con le comprensioni questo aspetto della violenza?

CITAZIONE (tulliarina @ 24/10/2010, 07:59)
E qua mi viene in mente una frase di Francois: "... allora se il fare una cosa che tu senti di fare danneggia un'altra persona, allora in quel caso violenta te stesso". Mi e vi chiedo, allora la violenza su se stessi può assumere una connotazione positiva?

Secondo me non è facile scoprire quando una violenza che attuo a me stessa può divenire positiva.Per esempio, ho voglia di fare una passeggiata, ma il dovere mi chiama: il dovere di figlia, di madre, di moglie, di amica..qualsiasi cosa che prima faceva piacere a me si interrompe perchè devo prestare la mia attenzione, il mio aiuto ecc. Lo faccio, faccio questa cosa verso l'altro, ma sottilmente sento una tensione che mi fa agire di malavoglia. Come già detto ancora, mi rendo conto di questo, poi agisco bene, ma l'attimo prima? a cosa mi è servito?La malavoglia che era nata in me cosa era?

CITAZIONE (Fabio Sal @ 24/10/2010, 11:31)
la violenza psicologica per me è quando vogliamo costringere qualcuno a fare qualcosa. Ma siamo sicuri che sia sempre negativa?
secondo me no. Proprio come l'auto-violenza di cui abbiamo parlato sopra, può essere anche utilizzata in modo positivo. Ad es, spingendo (aiutando) qualcuno a prendere una decisione difficile; aiutando una persona che altrimenti ripeterebbe una scelta che si è già rivelata sbagliata in passato.
che ne dite?

La mia opinione è che la violenza psicologica sia poco onorevole. Può anche darsi che quando ne ho capito bene le origini diventi un dono come "la rabbia" compresa, ma per oggi io vedo in me solo molti aspetti negativi in ciò che ho messo in atto come violenza psicologica..E pensare..che avendone subita tanta in passato, dovevo essere in guardia e invece!?
Forse il fatto è che mentre agiamo non ce ne rendiamo conto in un primo momento ,e quì la cosa, può essere scusabile e può diventare un'arma a nostro favore per comprendere. Io penso che i miei errori educativi come madre mi abbiano spinto ad usare una violenza sottile, tipo indurre mia figlia ad avere in amore la scuola, facendogliela odiare completamente.A conti fatti capisco che comunque era mio desiderio, che lei avesse una sua responsabilità, ecc..ma il dirle, ma guarda quello o quella come è brava,!! certamente diventava anche una violenza che la induceva a non avere stima e fiducia di se.
Oggi vedo bene il film gà trascorso e quello che facevo, ma in quei momenti, mi arabbiavo soltanto.Lei la fanciulla, adesso che è cresciuta, se solo deve prendere in mano un libro per un concorso , vive il momento come una forzatura e odia applicarsi anche solo per poche settimane. Però ci prova.. Che sia quetso il positivo?
Ciao a tutti
 
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view post Posted on 25/10/2010, 10:01

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CITAZIONE (trizi @ 25/10/2010, 00:06)
Chissà se nel tragitto umano di chiunque anche questo passaggio è obbligato, se per forza ogni persona nelle sue esperienze deve aver provato cosa sia l'omicidio e il suicidio, per diluire piano piano con le comprensioni questo aspetto della violenza?

Secondo me non è facile scoprire quando una violenza che attuo a me stessa può divenire positiva.Per esempio, ho voglia di fare una passeggiata, ma il dovere mi chiama: il dovere di figlia, di madre, di moglie, di amica..qualsiasi cosa che prima faceva piacere a me si interrompe perchè devo prestare la mia attenzione, il mio aiuto ecc. Lo faccio, faccio questa cosa verso l'altro, ma sottilmente sento una tensione che mi fa agire di malavoglia. Come già detto ancora, mi rendo conto di questo, poi agisco bene, ma l'attimo prima? a cosa mi è servito?La malavoglia che era nata in me cosa era?

La mia opinione è che la violenza psicologica sia poco onorevole. Può anche darsi che quando ne ho capito bene le origini diventi un dono come "la rabbia" compresa, ma per oggi io vedo in me solo molti aspetti negativi in ciò che ho messo in atto come violenza psicologica..E pensare..che avendone subita tanta in passato, dovevo essere in guardia e invece!?
Forse il fatto è che mentre agiamo non ce ne rendiamo conto in un primo momento ,e quì la cosa, può essere scusabile e può diventare un'arma a nostro favore per comprendere. Io penso che i miei errori educativi come madre mi abbiano spinto ad usare una violenza sottile, tipo indurre mia figlia ad avere in amore la scuola, facendogliela odiare completamente.A conti fatti capisco che comunque era mio desiderio, che lei avesse una sua responsabilità, ecc..ma il dirle, ma guarda quello o quella come è brava,!! certamente diventava anche una violenza che la induceva a non avere stima e fiducia di se.
Oggi vedo bene il film gà trascorso e quello che facevo, ma in quei momenti, mi arabbiavo soltanto.Lei la fanciulla, adesso che è cresciuta, se solo deve prendere in mano un libro per un concorso , vive il momento come una forzatura e odia applicarsi anche solo per poche settimane. Però ci prova.. Che sia quetso il positivo?
Ciao a tutti

Secondo me attraverso la comprensione della violenza ci deve passare qualsiasi individuo incarnato. Non dimentichiamo che quando siamo alla prima incarnazione, per esempio, la coscienza non è ancora strutturata e che la base caratteriale (ipotizzo io, ma è una deduzione mia) è probabilmente fornita dall'imprinting ricevuto nelle incarnazione animali, per i quali sappiamo che gli istinti, gli impulsi di sopravvivenza e la violenza sono cose normali e necessarie per la sopravvivenza della specie. Si deve passare dall'essere animale all'essere individuo umano, e per fare questo, secondo me, è necessario incominciare proprio a capire, via via in modo sempre più fatto di sfumature, il perché della non-necessità della violenza. Imparando sia dal fatto di trovarsi a subirla sia dal fatto di farla subire agli altri.

E' chiaro che quando fai violenza a te stessa rinunciando a qualcosa il tuo Io si ribelli e manifesti insoddisfazione, in quanto si tratta comunque di una costrizione e non di un raggiungimento della comprensione. Penso che riuscire a osservare in quel momento la propria ribellione o la proprio insoddisfazione possa ofrire molti spunti utili per comprendere maggiormente se stessi.

In quanto alla violenza psicologica credo che sia la forma di violenza più brutale, perché spesso agisce sottotono, non è possibile riconoscerla subito e, quindi, diventa difficile proteggersi.
L'esempio che fai della scuola e del tuo comportamento di madre non lo trovo condannabile: tra i compiti del genitore c'è quello di aiutare i figli, anche con piccole violenze, ad andare incontro a quello che altrimenti eviterebbero ma che si ritiene sia giusto per loro. Non si tratta di violenza gratuita, ma di necessità educativa. Poi, ovviamente, ci sono i limiti che ognuno deve saper porre a se stesso per far sì che la violenza psicologica sui figli non diventi un'abitudine per ottenere qualcosa per se stessi o non si trasformi in autoritarismo eccessivo e fuori luogo
 
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trizi
view post Posted on 25/10/2010, 22:43




CITAZIONE (gianfrancos @ 25/10/2010, 11:01)
Secondo me attraverso la comprensione della violenza ci deve passare qualsiasi individuo incarnato. Non dimentichiamo che quando siamo alla prima incarnazione, per esempio, la coscienza non è ancora strutturata e che la base caratteriale (ipotizzo io, ma è una deduzione mia) è probabilmente fornita dall'imprinting ricevuto nelle incarnazione animali, per i quali sappiamo che gli istinti, gli impulsi di sopravvivenza e la violenza sono cose normali e necessarie per la sopravvivenza della specie. Si deve passare dall'essere animale all'essere individuo umano, e per fare questo, secondo me, è necessario incominciare proprio a capire, via via in modo sempre più fatto di sfumature, il perché della non-necessità della violenza. Imparando sia dal fatto di trovarsi a subirla sia dal fatto di farla subire agli altri.

Ciao Gian, quindi ritornando al punto di partenza la violenza è comunque una parte di noi, che sperimentiamo in vari modi e solo quando sapremo osservare e comprendere i vari mecanismi che ci portano alla prepotenza, alla sopraffazione, all'ingiustizia, alla prevaricazione,alla crudeltà,al maltrattamento,ecc..ci troveremo a sperimentare la bontà,la dolcezza, il rispetto, ecc.. L'equilibrio,a cui tendere è quindi una sorta di esperienze contrastanti che viviamo le une contrarie alle altre, finchè davanti alla violenza di qualsiasi genere non mostreremmo indifferenza, ne giudizio, perchè consapevoli che anche in noi sono state sveglie e attive tutte le dinamiche della violenza.
Ma cavoli, quanta fatica ancora per accettare questo equilibrio in noi? Ma restando nella realtà, odierna e nel pratico, se vedo far del male a qualcuno o se vedo violenza gratuita, vado in difesa e a mia volta mi inalbero diventando agressiva. e allora? cosa devo ancora capire? :blink:
 
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