Condizionamento e archetipi transitori

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Moderatore1 sz. Filosofica
view post Posted on 9/11/2010, 11:39




Condizionamento e archetipi transitori

Definizioni di Georgei:

Condizionamento (Dall’Uno all’Uno, vol. I)
Costrizione posta all’individuo sia dalla società sia dall’introiezione che egli ha fatto degli archetipi transitori e delle norme morali, civili e religiose cui egli è sottoposto nel corso della sua vita.
Più l’individuo è evoluto meno è soggetto ai condizionamenti. Questo non significa che la persona non soggetta ai condizionamenti sia necessariamente un ribelle: al contrario, solitamente, queste persone accettano liberamente i condizionamenti cui vengono sottoposti (cosicché, in questo caso, non si può neppure più definirli «condizionamenti») senza, per questo, sentirsi imprigionati, dal momento che ne capiscono la necessità e l’utilità.
In realtà si può affermare che l’evoluto ha, come pressoché unico condizionamento, l’ampiezza del suo sentire e, quindi, della sua comprensione.

Condizionamento (Dall’Uno all’Uno, vol. II-2)
Io direi che la definizione più semplice, più immediata e più generale che si possa dare al termine «condizionamento», è questa: «fattore che con la sua influenza provoca un determinato comportamento».

Archetipo
Vibrazioni che servono da riferimento alla coscienza dell’individuo per percepire fino a che punto la comprensione raggiunta è reale. Sono stati distinti in «archetipi permanenti» e in «archetipi transitori».
I primi (archetipi permanenti) provengono direttamente dall’Assoluto, non sono modificabili e determinano il percorso evolutivo dell’intera razza umana. I secondi (archetipi transitori) si formano dalle esigenze evolutive di gruppi più o meno grandi di individui aventi percorsi simili, e determinano l’andamento etico, morale e storico di persone, gruppi, nazioni, popoli, mutando col mutare delle comprensioni che li avevano generati.

Messaggio esemplificativo

L’Archetipo permanente ha un’influenza costante e generale su tutti gli individui incarnati, ma è l’Archetipo transitorio quello che è più direttamente collegato e correlato al corpo akasico dell’individui, ed è, quindi, quello da esaminare per primo, in quanto influenza grandemente ciò che voi siete, al punto da poterlo considerare l’elemento che più condiziona ciò che siete all’interno del mondo fisico in cui vi trovate a fare esperienza, e cercheremo di spiegarvi come e perché ciò accada. (Scifo)

Può dunque essere utile esaminare più organicamente i rapporti che esistono tra gli AT e la personalità dell’uomo nel suo complesso, cercando di fare, in primo luogo, una sintesi secondo quest’ottica di quanto sappiamo fino a questo punto.
Ritengo che il punto di partenza indispensabile sia chiarire, per quanto ci è attualmente possibile, il concetto di AT.
L’AT, abbiamo detto, si forma sul piano akasico grazie alle presunte comprensioni comuni a più individui che ritengono (dall’interno del piano fisico e non dall’interno dei loro corpi akasicio) di avere compreso determinate cose.
In un certo qual modo si può affermare che gli AT sono il serbatoio di tutte quelle comprensioni frammentarie che il corpo akasico non ha ancora potuto sistemare adeguatamente al proprio interno come sentire raggiunto in quanto non le percepisce ancora come complete e totalmente vere. e che tiene, in attesa di verifica, all’esterno di sé.
All’AT - abbiamo detto - sono collegati tutti gli individui che hanno raggiunto più o meno le stesse ipotesi di comprensione, anche se con sfumature leggermente diverse le une dalle altre, sfumature che danno come risultato la presenza, tra gli individui colegati all’AT, di individui a livelli evolutivi variabili entro una limitata gamma di sentire. L’individuo, facendo esperienza, acquisisce nuovi elementi di comprensione a completamento o a modifica di quelli in attesa di verifica scartandoli definitivamente o accettandoli come completi fino al raggiungimento del massimo sentire ottenibile tramite gli stimoli all’interno da quell’AT. Raggiunto questo massimo di comprensione ottenibile da quello specifico AT verrà abbandonato a favore di un AT diverso.
Per il corpo akasico, tirando le somme, gli AT sono costituiti dagli elementi da finire di comprendere o, magari, da scartare - dopo verifica dell’esperienza - come sbagliati o inadeguati ad essere collegati perfettamente a ciò che già è sicuro di “sentire” come vero.
Per l’uomo incarnato, invece, essi costituiscono dei modelli di comportamento a cui fare riferimento per condurre la propria esistenza, con la conseguenza di ottenere due risultati importanti:
- avere una base di comportamento in comune con gli altri uomini, grazie alla quale potersi confrontare, poter sperimentare e, di conseguenza, poter comprendere;
- influire sui corpi inferiori (mentale, astrale, fisico) che costituiscono l’Io per dare un’impronta al modo in cui l’individuo si presenterà all’azione all’interno del piano fisico.
E’ ovvia conseguenza di tutto questo che gli AT siano strettamente legati al concetto di umana morale e che ad essi possa essere ricondotto qualsiasi elemento etico-morale che faccia parte di un gruppo di individui e, quindi, di una società più o meno grande e complessa... ma di questi risvolti, importanti per capire gli sviluppi sociali e le meccaniche dei gruppi, ci sarà probabilmente occasione di parlare più avanti nel tempo.
Il lettore più attento si sarà senza dubbio accorto immediatamente che una siffatta concezione degli AT è facilmente collegabile al concetto di inconscio collettivo teorizzato da Jung. In realtà egli non riuscì a mettere ben a fuoco i vari elementi e saltò direttamente al concetto di un inconscio collettivo che ricorda molto più da vicino gli AP che gli AT.
Comunque sia Jung, dal momento che non riusciva a fornire una struttura logico-razionale a tale concetto, finì col lasciare in secondo piano quella che, invece, era stata un’intuizione notevole. D’altra parte bisogna considerare che egli non ebbe a disposizione gli elementi che ci sono stati presentati negli anni dalle Guide e che erano necessari alla costruzione di una teoria logica e razionale valida e, a parer mio, difficilmente attaccabile dal punto di vista filosofico.
Abbiamo visto, dunque, che gli AT influenzano i corpi inferiori dell’individuo e, quindi, danno un’impronta all’Io dell’uomo incarnato con un processo, direi, simile a quello dell’imprinting... ma non vorrei complicarvi troppo le cose.
Quando e come avviene quest’influenza?
Essa avviene già nel momento in cui l’individuo si avvia verso l’incarnazione, in quanto la vibrazione in partenza dall’akasico attraversa la fascia vibrazionale di un AT e ne resta influenzata, al punto da averne le vibrazioni orientate in maniera tale che la materia che raccoglierà sui piani inferiori per costruirsi il corpo mentale, quello astrale e quello fisico, sarà materia che gli permetterà sia di esprimere quanto l’AT propone come modello ideale di comportamento, sia di sperimentare sul piano fisico la giustezza o meno del modello stesso.
E, dicendo “sperimentare il modello”, intendo tutta la gamma delle possibilità di sperimentazione: dal seguirlo cocciutamente (tipico comportamento individuale che sfocia nella fede cieca) al contestarlo strenuamente (tipico comportamento individuale che sfocia nell’anticonformismo estremo alle regole dettate dall’AT).
Ritengo che sia interessante, giunti a questo punto, osservare il ciclo vibratorio che si viene a creare dal punto di vista del condizionamento sull’individuo incarnato:
1) l’AT condiziona fortemente in partenza l’individuo che si va ad incarnare;
2) l’individuo si scontra con la vita sul piano fisico e con il contatto sia con altri individui collegati allo stesso AT sia con altri individui che fanno riferimento ad altri AT (tipico fenomeno di squilibrio di chi passa dalla frequentazione di un gruppo collegato allo stesso AT - ad esempio la vita di paese - alla frequentazione di un gruppo con AT diverso - sempre secondo il nostro esempio il difficile inserimento nella vita di una grande metropol)i;
3) la nuova comprensione raggiunta (definitiva o da verificare ulteriormente) provoca uno spostamento dei collegamenti dell’individuo con l’AT, indirizzandolo verso la parte più alta di esso (ricordate la gamma di sentire all’interno dell’AT di cui parlavamo in precedenza?), ovvero verso le vibrazioni tipiche delle ipotesi maggiormente definite;
- le ipotesi sempre più definite raggiungono il massimo e il corpo akasico le accetta e le inserisce al suo interno come ipotesi “sentite vere”, il che induce all’abbandono di quell’AT, contemporaneamente al raggiungimento del massimo sentire che era acquisibile attraverso quell’AT.

Sembra una cosa molto complessa e un po’ arida, ben lontana dalla vostra vita di tutti i giorni, ma non è affatto vero.
Per cercare di farvi capire che non è proprio così vediamo come questa teoria possa chiarire lo sviluppo dei problemi psicologici dell’individuo, fornendo una prima sommaria teoria di base che possa andare bene sia per i piccoli problemi quotidiani che per i problemi che, magari, finiscono con il trasformarsi in vere e proprie patologie.
Il concetto di base della psicoanalisi è che i problemi psicologici dell’individuo nascono dai traumi non superati e, addirittura, nascosti completamente alla propria coscienza attraverso meccanismi di censura e rimozioni per l’incapacità o la paura di affrontarli.
Freud aveva appuntato l’attenzione sui traumi infantili, specialmente quelli a sfondo sessuale.
In realtà il trauma nasce non dall’episodio in se stesso che si vive sul piano fisico, ma dallo scontro tra la “morale” proposta dall’AT e la risposta a tale morale ricevuta sul piano fisico. In quanto alla connotazione sessuale del trauma non è, a mio avviso, l’elemento scatenante: non è l’episodio in se stesso - sessuale o meno - che scatena il trauma, ma la connotazione che all’episodio stesso viene attribuito a livello morale su se stessi o su chi è coinvolto nell’azione in questione.
Freud aveva ipotizzato un conflitto col super-io, a cui attribuiva una funzione moralizzatrice interno all’individuo. Secondo quello che stiamo dicendo sugli AT si può invece arrivare a dire che il famoso concetto psicoanalitico di super-io sia riferibile più all’AT collegato all’individuo che a una parte dell’inconscio dell’individuo stesso, quindi qualche cosa di esterno alla manifestazione dei suoi tre corpi inferiori sul piano fisico, di esterno, quindi, al suo Io.
Cerchiamo di fare, per quanto possibile, un esempio pratico di quanto detto fino a questo punto, anche se sarà, per forze di cose, semplificato, limitato e incompleto.
Supponiamo che l’AT a cui è collegato un bambino suggerisca che è sbagliato prendere a schiaffi le altre persone.
Nel momento in cui eventualmente accade che il bambino venga preso a schiaffi, egli subirà il trauma del dover vivere un’esperienza che, interiormente, grazie ai modelli suggeriti dall’AT, percepisce come sbagliata.
A quel punto, al suo interno viene a crearsi una vibrazione di incertezza (molto spesso legata alla paura e, quindi, al corpo astrale) che porta come conseguenza la creazione di una turbolenza vibratoria nel corpo inferiore più direttamente coinvolto nell’episodio (oltre a piccole turbolenze minori negli altri copri inferiori).
Questa turbolenza vibratoria (ricordate il concetto di fantasma?) ha la conseguenza di irrigidire il corpo interessato (in realtà non l’intero corpo, per fortuna, ma solo una sua porzione) cosicché l’Io del bambino non può più lasciare fluire liberamente i dati attraverso i suoi corpi inferiori.
Si crea, così, una sorta di frattura parziale dell’Io che vede diventare inaccessibile una parte di sé.
La manifestazione del trauma si manifesterà sul piano fisico attraverso il comportamento dell’individuo in questione (i cosiddetti complessi) portando a disturbi dell’ affettività se il corpo interessato è principalmente l’astrale, a disturbi della sfera mentale o a disturbi fisiologici nel caso che i corpi più interessati siano rispettivamente quello mentale o quello fisico.
Per fornirvi un’immagine figurata è come se l’Io si frantumasse in porzioni diverse, alcune collegate perfettamente, altre collegate parzialmente ed altre ancora impossibilitate a collegarsi.
Ovviamente i traumi possono ripetersi nel tempo, possono essere più o meno complessi o sommarsi a traumi successivi, portando così a tutte quelle forme di problemi psicologici più o meno gravi conosciuti dall’attuale casistica medica, dal più semplice sintomo psicosomatico alle gravi dissociazioni mentali.
Spero che tutto questo vi risulti abbastanza comprensibile, anche se a fatica.

Immagino, comunque, che molti di voi obietteranno che quello che manca è il punto più importante, cioè come risolvere i problemi “psicologici” dell’individuo.
Io direi che la maggior parte di questi problemi è risolvibile con un’appropriata “igiene interiore”: può essere sufficiente, nella maggioranza dei casi, osservare attentamente se stessi e cercare di andare a fondo sui personali perché che alimentano i propri problemi.
Applicando, in altre parole a voi più abituali, il famoso “conosci te stesso” così spesso citato dalle Guide: se esercitato con pazienza, costanza e continuità, senza lasciare accumulare i traumi, si riesce da soli a ricostruire i collegamenti interrotti all’interno dei propri corpi, aiutati in questo dalla naturale tendenza all’equilibrio connaturata alla materia che li compone.
In questa maniera l’Io si ricompone, le vibrazioni riprendono a circolare in maniera costante e l’intera personalità diventa più armonica e in grado di reagire positivamente anche alle più grandi disavventure conseguenti alle esperienze fatte.
Si può così considerare giusto il concetto freudiano di riportare alla coscienza gli episodi traumatici: riportandoli alla coscienza fin nei minimi particolari (reazioni fisiche, emozioni, pensieri) essi perdono gran parte di quell’energia che li costringeva a restare sepolti, dando modo, attraverso l’esame del trauma portato a livello cosciente, di mettere in atto una mediazione consapevole tra i modelli di comportamenti suggeriti dall’AT, quelli “sentiti” come indubitabilmente giusti dal corpo akasico e le necessità della vita quotidiana che richiede continui adattamenti dell’individuo alla realtà che lo circonda. (Ombra)

Domande:

1) In che modo interagiscono tra loro gli AT cui siamo collegati individualmente?
2) Il collegamento ad un AT si esaurisce con la fine della vita o si riprende in una vita successiva finché non si è "sperimentato" tutto?
3) All'interno dell'AT è possibile esercitare il nostro libero arbitrio?
4) Esiste un legame karmico precedente tra gli individui collegati ad uno stesso AT?

 
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luca_m
view post Posted on 9/11/2010, 22:48




Domande:

1) In che modo interagiscono tra loro gli AT cui siamo collegati individualmente?
Bello! Questa è stata una delle prime domande che ho fatto in una seduta. Beh banalmente mi verrebbe da pensare che il sistema che collega gli archetipi transitori a cui siamo collegati tra loro sia un qualcosa di simile, non identico, ai vasi comunicanti. Se io aumento le sfumature di comprensione legate ad un AT e quindi risalgo la scala necessariamente questo influirà anche sugli altri AT a cui sono collegato. Dico questo principalmente perchè penso si debba sempre ricreare una certa armonia/equilibrio individuale che permetta all'individuo stesso di svolgere la propria vita nel modo più appropriato.

E poi forse, ma dico forse, aggiungere sfumature di comprensione ad un AT collegato può farci acquisire sfumature nuove anche su altri AT collegati proprio perchè molti AT possono essere 2 facce della stessa medaglia e quindi legate tra loro come lo sono Bene e Male per gli AP, comprendendo uno comprendo automaticamente anche l'altro.

2) Il collegamento ad un AT si esaurisce con la fine della vita o si riprende in una vita successiva finché non si è "sperimentato" tutto?
Allora partendo dal presupposto che posso acquisire comprensione soltanto sperimentando il piano fisico e non nell'intervallo tra una vita e l'altra mi verrebbe da dire che il collegamento non si esaurisce. E se gli AT rappresentano comunque il percorso della mia individualità verso il richiamo degli AP allora questo percorso in ascesa si dovrà pur mantenere in qualche modo.

3) All'interno dell'AT è possibile esercitare il nostro libero arbitrio?
Qui bisognerebbe approfondire meglio il Libero Arbitrio, ma trovo molto interessante la cosa.

4) Esiste un legame karmico precedente tra gli individui collegati ad uno stesso AT?
Secondo me sì, lo trovo abbastanza logico. Magari non per tutti ovviamente, ma ritengo ci possa essere un legame karmico. Essere collegati allo stesso AT potrebbe voler dire anche condividere visioni della vita ed esperienze simili (ancor più vero se si è più o meno allo stesso livello dell'AT). Esperienze simili possono portare a vite in comune e questo a legami karmici.

Ciaoooo!
 
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SerGian
view post Posted on 10/11/2010, 22:16




1) In che modo interagiscono tra loro gli AT cui siamo collegati individualmente?

Secondo il bisogno evolutivo degli individui; per esempio tra generazioni diverse si hanno interazioni di diversi archetipi attraverso un cambiamento di usi e costumi e relativo concetto di bene e male, insomma una sorta di "ideale morale" che fa da riferimento sempre e comunque.

2) Il collegamento ad un AT si esaurisce con la fine della vita o si riprende in una vita successiva finché non si è "sperimentato" tutto?


Credo proprio che questo collegamento non si esaurisca alla morte dell'individuo, visto che, l' archetipo stesso è sostenuto proprio da un numero consistente di individui con relativi bisogni di comprensione.
Pertanto non è tanto la morte che esaurisce l'archetipo quanto il superamento dello stesso, da parte di tutti gli individui collegati.

3) All'interno dell'AT è possibile esercitare il nostro libero arbitrio?

In pratica direi di sì, anche se dicendo questo sembrerebbe che ci si possa svincolare a piacimento, mi spiego: sono libero di scegliere a quale "condizione", in questo caso AT, far riferimento pur nello stesso tempo non sentirmi "condizionato" da essa/o.
Io credo che possiamo scegliere eventualmente a quale AT fare riferimento, ma essere direttamene/indirettamente condizionati anche dagli altri, ne deriva che esiste il "libero arbitrio condizionato" dagli AT e non solo....

4) Esiste un legame karmico precedente tra gli individui collegati ad uno stesso AT?

Penso proprio di sì, nel senso che il legame karmico ha come base strutturale determinati archetipi ai quali fare riferimento.

Seppur conciso, spero di essere stato chiaro.

Giancarlo


 
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luisasc
view post Posted on 11/11/2010, 19:12




3) All'interno dell'AT è possibile esercitare il nostro libero arbitrio?

Io credo che possiamo esercitare il libero arbitrio solo riguardo a quegli aspetti che abbiamo compreso di uno specifico AT. Quindi ad esempio se c'è una scala da 1 a 10 in cui 1 rappresenta il minimo di comprensione dell'AT e 10 il massimo, ed io mi trovo al livello 5 di comprensione di quell'AT, credo che posso esercitare il mio libero arbitrio solo relativamente al mio livello di comprensione e non oltre.

Spero di essere riuscita a farmi capire :blink.gif:

Luisa
 
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view post Posted on 14/11/2010, 21:55
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CITAZIONE (luisasc @ 11/11/2010, 19:12) 
Io credo che possiamo esercitare il libero arbitrio solo riguardo a quegli aspetti che abbiamo compreso di uno specifico AT. Quindi ad esempio se c'è una scala da 1 a 10 in cui 1 rappresenta il minimo di comprensione dell'AT e 10 il massimo, ed io mi trovo al livello 5 di comprensione di quell'AT, credo che posso esercitare il mio libero arbitrio solo relativamente al mio livello di comprensione e non oltre.

Sono d'accordo, poichè ci è stato detto che "la libertà dell'individuo cresce proporzionalmente con il crescere dell'evoluzione, cosicché più l'individuo si evolve, grazie alle esperienze che prova nel corso delle varie esistenze, maggiore è la libertà di cui gode nel muoversi nell'ambito del mondo fisico".

Questo concetto credo che lo abbiamo sperimentato tutti nel corso delle nostre vite. Accumulando esperienze ci si accorge di riuscire ad individuare, rispetto ad una stessa situazione, un numero maggiore di scelte e di qualità diversa e, naturalmente ne deriva anche una maggiore responsabilità. Oso riassumere sinteticamente in questo modo: maggiore evoluzione = maggiore libero arbitrio = maggiore responsabilità.
 
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view post Posted on 15/11/2010, 08:46

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CITAZIONE (missini @ 14/11/2010, 21:55) 
(...) Questo concetto credo che lo abbiamo sperimentato tutti nel corso delle nostre vite. Accumulando esperienze ci si accorge di riuscire ad individuare, rispetto ad una stessa situazione, un numero maggiore di scelte e di qualità diversa e, naturalmente ne deriva anche una maggiore responsabilità. Oso riassumere sinteticamente in questo modo: maggiore evoluzione = maggiore libero arbitrio = maggiore responsabilità.

Secondo me hai sottolineato un punto importante per quello che riguarda il libero arbitrio.
Infatti siamo pronti a protestare se pensiamo che il nostro libero arbitrio possa venire in qualche maniera bloccato da condizionamenti, ma difficilmente ci rendiamo conto che, nel momento in cui esercitiamo il nostro libero arbitrio, le nostre responsabilità aumentano esponenzialmente.
Se lo tenessimo sempre presente, forse riusciremmo ad essere noi stessi a condizionare volontariamente l'espressione del nostro libero arbitrio nel momento in cui ci si renda conto che esercitarlo può provocare ripercussioni dannose o inaffrontabili su chi si trova nella sfera di azione degli effetti provocati dal nostro esercizio a spada tratta del libero arbitrio.

Edited by Livvy - 15/11/2010, 08:52
 
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view post Posted on 15/11/2010, 21:03
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Questo concetto credo che lo abbiamo sperimentato tutti nel corso delle nostre vite. Accumulando esperienze ci si accorge di riuscire ad individuare, rispetto ad una stessa situazione, un numero maggiore di scelte e di qualità diversa e, naturalmente ne deriva anche una maggiore responsabilità. Oso riassumere sinteticamente in questo modo: maggiore evoluzione = maggiore libero arbitrio = maggiore responsabilità. Donatella

Ciao Donatella, sono d'accordo anch'io con la procedura che sottolinei, mi resta un dubbio ed è quello che alle volte mi macera ovvero dopo le esperienze sicuramente ti accorgi che potevi imboccare altre vie, forse meno dolorose ma più responsabili, ma allora ( nel senso temporale ) potevo fare diversamente ?
Perchè è facile rispondersi di no altrimenti lo avrei fatto, molte volte invece si poteva fare diversamente ma si è preferito non usare il nostro libero arbitrio dal punto di vista qualitativo, optando per la via più facile in quel momento, ma più dolorosa nel tempo.
Mentre quando si sceglie quello che si poteva solo scegliere, alla fine, anche se la meta è un disastro, non si soffre più di tanto perchè si è fatto quello che si poteva fare.

Vittore


Edited by Livvy - 16/11/2010, 08:38
 
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view post Posted on 15/11/2010, 21:46
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CITAZIONE (ManuVitto @ 15/11/2010, 21:03) 
Ciao Donatella, sono d'accordo anch'io con la procedura che sottolinei, mi resta un dubbio ed è quello che alle volte mi macera ovvero dopo le esperienze sicuramente ti accorgi che potevi imboccare altre vie, forse meno dolorose ma più responsabili, ma allora ( nel senso temporale ) potevo fare diversamente ? Perchè è facile rispondersi di no altrimenti lo avrei fatto, molte volte invece si poteva fare diversamente ma si è preferito non usare il nostro libero arbitrio dal punto di vista qualitativo, optando per la via più facile in quel momento, ma più dolorosa nel tempo. Mentre quando si sceglie quello che si poteva solo scegliere, alla fine, anche se la meta è un disastro, non si soffre più di tanto perchè si è fatto quello che si poteva fare. Vittore

Potrebbe anche essere che le diverse scelte non ci appaiono nel momento in cui viviamo l'evento proprio a causa di una minore comprensione, poi con il trascorrere del tempo e proprio in virtù dell'esperienza vissuta che ha generato nuove sfumature di comprensione ecco che esse ci appaiono, stanno lì, evidenti e noi ci sentiamo degli idioti.

Edited by Livvy - 16/11/2010, 08:37
 
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luisasc
view post Posted on 16/11/2010, 10:35




CITAZIONE (gianfrancos @ 15/11/2010, 08:46) 
CITAZIONE (missini @ 14/11/2010, 21:55) 
(...) Questo concetto credo che lo abbiamo sperimentato tutti nel corso delle nostre vite. Accumulando esperienze ci si accorge di riuscire ad individuare, rispetto ad una stessa situazione, un numero maggiore di scelte e di qualità diversa e, naturalmente ne deriva anche una maggiore responsabilità. Oso riassumere sinteticamente in questo modo: maggiore evoluzione = maggiore libero arbitrio = maggiore responsabilità.

Secondo me hai sottolineato un punto importante per quello che riguarda il libero arbitrio.
Infatti siamo pronti a protestare se pensiamo che il nostro libero arbitrio possa venire in qualche maniera bloccato da condizionamenti, ma difficilmente ci rendiamo conto che, nel momento in cui esercitiamo il nostro libero arbitrio, le nostre responsabilità aumentano esponenzialmente.
Se lo tenessimo sempre presente, forse riusciremmo ad essere noi stessi a condizionare volontariamente l'espressione del nostro libero arbitrio nel momento in cui ci si renda conto che esercitarlo può provocare ripercussioni dannose o inaffrontabili su chi si trova nella sfera di azione degli effetti provocati dal nostro esercizio a spada tratta del libero arbitrio.

Ciao Gian, sinceramente non ho capito il concetto che ho evidenziato in rosso, che significa condizionare volontariamente il nostro libero arbitrio? :blink.gif:
 
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view post Posted on 16/11/2010, 12:05
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Scusare se mi intrometto in questo scambio, ma visto che ho una mia idea in proposito, la esprimo così se ho sbagliato nell'interpretazione sono pronta a correggermi.

Secondo me, è attraverso l'io che il libero arbitrio dell'individuo si manifesta sul piano fisico, e precisamente nella sua interazione con altri individui, quindi se impariamo a conoscere i moti interiori del nostro io, possiamo esercitare quella modulazione che ci permette di interagire in maniera più armonica con gli altri individui, senza andare a danneggiare gli altri, per aver lasciato in mano al proprio io l'interazione.

Marisa
 
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view post Posted on 16/11/2010, 12:15

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CITAZIONE (luisasc @ 16/11/2010, 10:35) 
Ciao Gian, sinceramente non ho capito il concetto che ho evidenziato in rosso, che significa condizionare volontariamente il nostro libero arbitrio? :blink.gif:

Forse perché hai letto male la frase che non era "condizionare volontariamente il nostro libero arbitrio" ma "condizionare volontariamente l'espressione del nostro libero arbitrio".
Mi sembra che la differenza sia sostanziale.
In parole povere, secondo me, è possibile essere consapevoli delle scelte che il nostro libero arbitrio ci presenta, ma bisogna essere capaci di condizionare noi stessi il tipo di scelta che facciamo indirizzando il nostro comportamento non secondo la scelta che più puà esserci utile se la scelta che altrimenti faremmo può essere di danno ad altri.
Questo, secondo me, non annulla il nostro libero arbitrio (come a volte succede con i condizionamenti esterni a noi) ma, anzi, ci porta ad esercitarlo compiendo scelte più consapevoli e più aderenti al sentire.

Edited by Livvy - 16/11/2010, 12:23
 
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view post Posted on 16/11/2010, 18:18
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CITAZIONE (missini @ 15/11/2010, 21:46) 
Potrebbe anche essere che le diverse scelte non ci appaiono nel momento in cui viviamo l'evento proprio a causa di una minore comprensione, poi con il trascorrere del tempo e proprio in virtù dell'esperienza vissuta che ha generato nuove sfumature di comprensione ecco che esse ci appaiono, stanno lì, evidenti e noi ci sentiamo degli idioti.

Anche secondo me la questione delle possibilità di scelta funziona in questo modo. La cosa buffa è che le possibilità di scelta esistono già tutte per noi disponibili. La nostra relativa evoluzione, intesa come "limitatezza", ce ne fa "percepire" solo quelle che sono appunto agganciate alla nostra evoluzione. In questa maniera credo si attui il nostro libero arbitrio relativo.

Luciano
 
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view post Posted on 17/11/2010, 13:27
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CITAZIONE
Potrebbe anche essere che le diverse scelte non ci appaiono nel momento in cui viviamo l'evento proprio a causa di una minore comprensione, poi con il trascorrere del tempo e proprio in virtù dell'esperienza vissuta che ha generato nuove sfumature di comprensione ecco che esse ci appaiono, stanno lì, evidenti e noi ci sentiamo degli idioti. Donatella

Certamente, ma in questo caso non ci sentiamo in colpa se non , superficialmente, altra cosa invece è quando realizziamo che potevamo ,se lo volevamo, fare diversamente perchè ne avevamo la possibilità.

Ciao, ciao Vittore


Edited by Livvy - 17/11/2010, 20:52
 
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view post Posted on 17/11/2010, 16:13
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CITAZIONE (ManuVitto @ 17/11/2010, 13:27) 
Certamente, ma in questo caso non ci sentiamo in colpa se non , superficialmente, altra cosa invece è quando realizziamo che potevamo ,se lo volevamo, fare diversamente perchè ne avevamo la possibilità.

Ciao, ciao Vittore

Bè si, messa in questo modo mi sembra uno di quei casi in cui usiamo il libero arbitrio per nostri scopi egoistici, cioè non è che non vediamo le altre scelte è, invece, che facciamo finta di non vederle e poi ammantiamo il nostro operato di scuse "ho fatto così perchè non potevo fare diversamente", "ho fatto così perchè lui ha fatto cosà", "ho fatto così perchè è giusto che una volta tanto pensi a me stesso" e bla, e bla, e bla.
 
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SerGian
view post Posted on 26/11/2010, 18:11




Ciao a tutti, ho provato a leggere con attenzione il messaggio di Ombra che introduce questo topic e mi sono soffermata a riflettere su alcuni elementi che desidero condividere :

CITAZIONE
L’AT, abbiamo detto, si forma sul piano akasico grazie alle presunte comprensioni comuni a più individui che ritengono (dall’interno del piano fisico e non dall’interno dei loro corpi akasici) di avere compreso determinate cose. (Ombra)

Ma come possono gli individui, dall’interno del piano fisico, influire sull’organizzazione della materia akasica, e quindi determinare la creazione degli AT?
L’unica possibilità è che possano farlo attraverso i rispettivi corpi akasici, grazie al continuo flusso di dati che giungono dalle esperienze compiute nei piani inferiori (incarnazione). Dati che, secondo il processo “conoscenza – consapevolezza – comprensione” vanno poi ad ampliare il sentire individuale. Quindi il processo per la formazione degli AT passerebbe necessariamente attraversi i corpi akasici individuali.

CITAZIONE
In un certo qual modo si può affermare che gli AT sono il serbatoio di tutte quelle comprensioni frammentarie che il corpo akasico non ha ancora potuto sistemare adeguatamente al proprio interno come sentire raggiunto in quanto non le percepisce ancora come complete e totalmente vere. e che tiene, in attesa di verifica, all’esterno di sé. (Ombra)

Da questa affermazione, però risulta chiaramente che gli AT sono esterni al corpo akasico e si sa che sono un serbatoio collettivo.
Ora, l’unica spiegazione che al momento mi viene in mente è quella di assimilare il processo della formazione degli AT a quello della comunione del sentire, cioè: se a livello akasico le individualità che hanno raggiunto le stesse comprensioni creano dei legami tra di loro (tappeto akasico), può essere che anche le comprensioni in via di raggiungimento possano essere messe in comune attraverso la creazione di legami “esterni” ai corpi akasici veri e propri, e che gli AT siano proprio queste strutture vibratorie che, a questo punto, diventano davvero esterne e che sono le proiezioni comuni delle comprensioni “in fieri”.

CITAZIONE
.. una siffatta concezione degli AT è facilmente collegabile al concetto di inconscio collettivo teorizzato da Jung. (ombra)

A me verrebbe piuttosto da collegarli con il preconscio seguendo questa classificazione:
• Il conscio sono le comprensioni raggiunte, quindi appartenenti in modo stabile al sentire e che diventa “coscio collettivo” attraverso la condivisione delle comprensioni stesse
• Il preconscio è il sentire in fase di verifica, quindi appartenente al corpo akasico ma non ancora al sentire, e quindi vissuto come “esterno” anche in virtù del fatto che essendo condiviso con altre individualità dà origine al preconscio collettivo o AT
• L’inconscio collettivo che segue le stesse dinamiche del conscio e del preconscio, ma non è ancora “stato preso in considerazione” in quanto l’evoluzione individuale e collettiva di quella parte di razza non è ancora adeguatamente sviluppata e quindi non permette la consapevolezza di questa parte della realtà

Beh, probabilmente ho fatto una bella insalata mista tra Jung e Freud, e mi sono proprio persa nel resto del messaggio di Ombra … spero che qualcuno mi aiuti a chiarire ...

Serena



 
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