| Condizionamento e archetipi transitori
Definizioni di Georgei:
Condizionamento (Dall’Uno all’Uno, vol. I) Costrizione posta all’individuo sia dalla società sia dall’introiezione che egli ha fatto degli archetipi transitori e delle norme morali, civili e religiose cui egli è sottoposto nel corso della sua vita. Più l’individuo è evoluto meno è soggetto ai condizionamenti. Questo non significa che la persona non soggetta ai condizionamenti sia necessariamente un ribelle: al contrario, solitamente, queste persone accettano liberamente i condizionamenti cui vengono sottoposti (cosicché, in questo caso, non si può neppure più definirli «condizionamenti») senza, per questo, sentirsi imprigionati, dal momento che ne capiscono la necessità e l’utilità. In realtà si può affermare che l’evoluto ha, come pressoché unico condizionamento, l’ampiezza del suo sentire e, quindi, della sua comprensione.
Condizionamento (Dall’Uno all’Uno, vol. II-2) Io direi che la definizione più semplice, più immediata e più generale che si possa dare al termine «condizionamento», è questa: «fattore che con la sua influenza provoca un determinato comportamento».
Archetipo Vibrazioni che servono da riferimento alla coscienza dell’individuo per percepire fino a che punto la comprensione raggiunta è reale. Sono stati distinti in «archetipi permanenti» e in «archetipi transitori». I primi (archetipi permanenti) provengono direttamente dall’Assoluto, non sono modificabili e determinano il percorso evolutivo dell’intera razza umana. I secondi (archetipi transitori) si formano dalle esigenze evolutive di gruppi più o meno grandi di individui aventi percorsi simili, e determinano l’andamento etico, morale e storico di persone, gruppi, nazioni, popoli, mutando col mutare delle comprensioni che li avevano generati.
Messaggio esemplificativo
L’Archetipo permanente ha un’influenza costante e generale su tutti gli individui incarnati, ma è l’Archetipo transitorio quello che è più direttamente collegato e correlato al corpo akasico dell’individui, ed è, quindi, quello da esaminare per primo, in quanto influenza grandemente ciò che voi siete, al punto da poterlo considerare l’elemento che più condiziona ciò che siete all’interno del mondo fisico in cui vi trovate a fare esperienza, e cercheremo di spiegarvi come e perché ciò accada. (Scifo)
Può dunque essere utile esaminare più organicamente i rapporti che esistono tra gli AT e la personalità dell’uomo nel suo complesso, cercando di fare, in primo luogo, una sintesi secondo quest’ottica di quanto sappiamo fino a questo punto. Ritengo che il punto di partenza indispensabile sia chiarire, per quanto ci è attualmente possibile, il concetto di AT. L’AT, abbiamo detto, si forma sul piano akasico grazie alle presunte comprensioni comuni a più individui che ritengono (dall’interno del piano fisico e non dall’interno dei loro corpi akasicio) di avere compreso determinate cose. In un certo qual modo si può affermare che gli AT sono il serbatoio di tutte quelle comprensioni frammentarie che il corpo akasico non ha ancora potuto sistemare adeguatamente al proprio interno come sentire raggiunto in quanto non le percepisce ancora come complete e totalmente vere. e che tiene, in attesa di verifica, all’esterno di sé. All’AT - abbiamo detto - sono collegati tutti gli individui che hanno raggiunto più o meno le stesse ipotesi di comprensione, anche se con sfumature leggermente diverse le une dalle altre, sfumature che danno come risultato la presenza, tra gli individui colegati all’AT, di individui a livelli evolutivi variabili entro una limitata gamma di sentire. L’individuo, facendo esperienza, acquisisce nuovi elementi di comprensione a completamento o a modifica di quelli in attesa di verifica scartandoli definitivamente o accettandoli come completi fino al raggiungimento del massimo sentire ottenibile tramite gli stimoli all’interno da quell’AT. Raggiunto questo massimo di comprensione ottenibile da quello specifico AT verrà abbandonato a favore di un AT diverso. Per il corpo akasico, tirando le somme, gli AT sono costituiti dagli elementi da finire di comprendere o, magari, da scartare - dopo verifica dell’esperienza - come sbagliati o inadeguati ad essere collegati perfettamente a ciò che già è sicuro di “sentire” come vero. Per l’uomo incarnato, invece, essi costituiscono dei modelli di comportamento a cui fare riferimento per condurre la propria esistenza, con la conseguenza di ottenere due risultati importanti: - avere una base di comportamento in comune con gli altri uomini, grazie alla quale potersi confrontare, poter sperimentare e, di conseguenza, poter comprendere; - influire sui corpi inferiori (mentale, astrale, fisico) che costituiscono l’Io per dare un’impronta al modo in cui l’individuo si presenterà all’azione all’interno del piano fisico. E’ ovvia conseguenza di tutto questo che gli AT siano strettamente legati al concetto di umana morale e che ad essi possa essere ricondotto qualsiasi elemento etico-morale che faccia parte di un gruppo di individui e, quindi, di una società più o meno grande e complessa... ma di questi risvolti, importanti per capire gli sviluppi sociali e le meccaniche dei gruppi, ci sarà probabilmente occasione di parlare più avanti nel tempo. Il lettore più attento si sarà senza dubbio accorto immediatamente che una siffatta concezione degli AT è facilmente collegabile al concetto di inconscio collettivo teorizzato da Jung. In realtà egli non riuscì a mettere ben a fuoco i vari elementi e saltò direttamente al concetto di un inconscio collettivo che ricorda molto più da vicino gli AP che gli AT. Comunque sia Jung, dal momento che non riusciva a fornire una struttura logico-razionale a tale concetto, finì col lasciare in secondo piano quella che, invece, era stata un’intuizione notevole. D’altra parte bisogna considerare che egli non ebbe a disposizione gli elementi che ci sono stati presentati negli anni dalle Guide e che erano necessari alla costruzione di una teoria logica e razionale valida e, a parer mio, difficilmente attaccabile dal punto di vista filosofico. Abbiamo visto, dunque, che gli AT influenzano i corpi inferiori dell’individuo e, quindi, danno un’impronta all’Io dell’uomo incarnato con un processo, direi, simile a quello dell’imprinting... ma non vorrei complicarvi troppo le cose. Quando e come avviene quest’influenza? Essa avviene già nel momento in cui l’individuo si avvia verso l’incarnazione, in quanto la vibrazione in partenza dall’akasico attraversa la fascia vibrazionale di un AT e ne resta influenzata, al punto da averne le vibrazioni orientate in maniera tale che la materia che raccoglierà sui piani inferiori per costruirsi il corpo mentale, quello astrale e quello fisico, sarà materia che gli permetterà sia di esprimere quanto l’AT propone come modello ideale di comportamento, sia di sperimentare sul piano fisico la giustezza o meno del modello stesso. E, dicendo “sperimentare il modello”, intendo tutta la gamma delle possibilità di sperimentazione: dal seguirlo cocciutamente (tipico comportamento individuale che sfocia nella fede cieca) al contestarlo strenuamente (tipico comportamento individuale che sfocia nell’anticonformismo estremo alle regole dettate dall’AT). Ritengo che sia interessante, giunti a questo punto, osservare il ciclo vibratorio che si viene a creare dal punto di vista del condizionamento sull’individuo incarnato: 1) l’AT condiziona fortemente in partenza l’individuo che si va ad incarnare; 2) l’individuo si scontra con la vita sul piano fisico e con il contatto sia con altri individui collegati allo stesso AT sia con altri individui che fanno riferimento ad altri AT (tipico fenomeno di squilibrio di chi passa dalla frequentazione di un gruppo collegato allo stesso AT - ad esempio la vita di paese - alla frequentazione di un gruppo con AT diverso - sempre secondo il nostro esempio il difficile inserimento nella vita di una grande metropol)i; 3) la nuova comprensione raggiunta (definitiva o da verificare ulteriormente) provoca uno spostamento dei collegamenti dell’individuo con l’AT, indirizzandolo verso la parte più alta di esso (ricordate la gamma di sentire all’interno dell’AT di cui parlavamo in precedenza?), ovvero verso le vibrazioni tipiche delle ipotesi maggiormente definite; - le ipotesi sempre più definite raggiungono il massimo e il corpo akasico le accetta e le inserisce al suo interno come ipotesi “sentite vere”, il che induce all’abbandono di quell’AT, contemporaneamente al raggiungimento del massimo sentire che era acquisibile attraverso quell’AT.
Sembra una cosa molto complessa e un po’ arida, ben lontana dalla vostra vita di tutti i giorni, ma non è affatto vero. Per cercare di farvi capire che non è proprio così vediamo come questa teoria possa chiarire lo sviluppo dei problemi psicologici dell’individuo, fornendo una prima sommaria teoria di base che possa andare bene sia per i piccoli problemi quotidiani che per i problemi che, magari, finiscono con il trasformarsi in vere e proprie patologie. Il concetto di base della psicoanalisi è che i problemi psicologici dell’individuo nascono dai traumi non superati e, addirittura, nascosti completamente alla propria coscienza attraverso meccanismi di censura e rimozioni per l’incapacità o la paura di affrontarli. Freud aveva appuntato l’attenzione sui traumi infantili, specialmente quelli a sfondo sessuale. In realtà il trauma nasce non dall’episodio in se stesso che si vive sul piano fisico, ma dallo scontro tra la “morale” proposta dall’AT e la risposta a tale morale ricevuta sul piano fisico. In quanto alla connotazione sessuale del trauma non è, a mio avviso, l’elemento scatenante: non è l’episodio in se stesso - sessuale o meno - che scatena il trauma, ma la connotazione che all’episodio stesso viene attribuito a livello morale su se stessi o su chi è coinvolto nell’azione in questione. Freud aveva ipotizzato un conflitto col super-io, a cui attribuiva una funzione moralizzatrice interno all’individuo. Secondo quello che stiamo dicendo sugli AT si può invece arrivare a dire che il famoso concetto psicoanalitico di super-io sia riferibile più all’AT collegato all’individuo che a una parte dell’inconscio dell’individuo stesso, quindi qualche cosa di esterno alla manifestazione dei suoi tre corpi inferiori sul piano fisico, di esterno, quindi, al suo Io. Cerchiamo di fare, per quanto possibile, un esempio pratico di quanto detto fino a questo punto, anche se sarà, per forze di cose, semplificato, limitato e incompleto. Supponiamo che l’AT a cui è collegato un bambino suggerisca che è sbagliato prendere a schiaffi le altre persone. Nel momento in cui eventualmente accade che il bambino venga preso a schiaffi, egli subirà il trauma del dover vivere un’esperienza che, interiormente, grazie ai modelli suggeriti dall’AT, percepisce come sbagliata. A quel punto, al suo interno viene a crearsi una vibrazione di incertezza (molto spesso legata alla paura e, quindi, al corpo astrale) che porta come conseguenza la creazione di una turbolenza vibratoria nel corpo inferiore più direttamente coinvolto nell’episodio (oltre a piccole turbolenze minori negli altri copri inferiori). Questa turbolenza vibratoria (ricordate il concetto di fantasma?) ha la conseguenza di irrigidire il corpo interessato (in realtà non l’intero corpo, per fortuna, ma solo una sua porzione) cosicché l’Io del bambino non può più lasciare fluire liberamente i dati attraverso i suoi corpi inferiori. Si crea, così, una sorta di frattura parziale dell’Io che vede diventare inaccessibile una parte di sé. La manifestazione del trauma si manifesterà sul piano fisico attraverso il comportamento dell’individuo in questione (i cosiddetti complessi) portando a disturbi dell’ affettività se il corpo interessato è principalmente l’astrale, a disturbi della sfera mentale o a disturbi fisiologici nel caso che i corpi più interessati siano rispettivamente quello mentale o quello fisico. Per fornirvi un’immagine figurata è come se l’Io si frantumasse in porzioni diverse, alcune collegate perfettamente, altre collegate parzialmente ed altre ancora impossibilitate a collegarsi. Ovviamente i traumi possono ripetersi nel tempo, possono essere più o meno complessi o sommarsi a traumi successivi, portando così a tutte quelle forme di problemi psicologici più o meno gravi conosciuti dall’attuale casistica medica, dal più semplice sintomo psicosomatico alle gravi dissociazioni mentali. Spero che tutto questo vi risulti abbastanza comprensibile, anche se a fatica.
Immagino, comunque, che molti di voi obietteranno che quello che manca è il punto più importante, cioè come risolvere i problemi “psicologici” dell’individuo. Io direi che la maggior parte di questi problemi è risolvibile con un’appropriata “igiene interiore”: può essere sufficiente, nella maggioranza dei casi, osservare attentamente se stessi e cercare di andare a fondo sui personali perché che alimentano i propri problemi. Applicando, in altre parole a voi più abituali, il famoso “conosci te stesso” così spesso citato dalle Guide: se esercitato con pazienza, costanza e continuità, senza lasciare accumulare i traumi, si riesce da soli a ricostruire i collegamenti interrotti all’interno dei propri corpi, aiutati in questo dalla naturale tendenza all’equilibrio connaturata alla materia che li compone. In questa maniera l’Io si ricompone, le vibrazioni riprendono a circolare in maniera costante e l’intera personalità diventa più armonica e in grado di reagire positivamente anche alle più grandi disavventure conseguenti alle esperienze fatte. Si può così considerare giusto il concetto freudiano di riportare alla coscienza gli episodi traumatici: riportandoli alla coscienza fin nei minimi particolari (reazioni fisiche, emozioni, pensieri) essi perdono gran parte di quell’energia che li costringeva a restare sepolti, dando modo, attraverso l’esame del trauma portato a livello cosciente, di mettere in atto una mediazione consapevole tra i modelli di comportamenti suggeriti dall’AT, quelli “sentiti” come indubitabilmente giusti dal corpo akasico e le necessità della vita quotidiana che richiede continui adattamenti dell’individuo alla realtà che lo circonda. (Ombra)
Domande:
1) In che modo interagiscono tra loro gli AT cui siamo collegati individualmente? 2) Il collegamento ad un AT si esaurisce con la fine della vita o si riprende in una vita successiva finché non si è "sperimentato" tutto? 3) All'interno dell'AT è possibile esercitare il nostro libero arbitrio? 4) Esiste un legame karmico precedente tra gli individui collegati ad uno stesso AT?
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