Psicosomatismo e flipper akasico - Rodolfo, Scifo, Moti, 15 marzo 2011

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Moderatore sez. Messaggi
view post Posted on 15/3/2011, 11:06




Uno degli argomenti che più ha suscitato il vostro interesse, nel corso di questi anni, è stato quello degli psicosomatismi. Il che è giusto e ovvio, visto che gli psicosomatismi fanno parte costante della vostra vita e, talvolta, contribuiscono pesantemente a renderla difficile e tormentata.
Malgrado il fatto che ne abbiamo parlato molto, però, ho l’impressione che in voi esistano ancora molte domande e molte incertezze nell’affrontare questo argomento, probabilmente dovute alla vostra difficoltà nel riuscire ad avere una visione completa e organica dei vari elementi che li fanno nascere e che permettono loro di aver una così grande influenza sulla vostra vita.
In realtà, quando vi abbiamo fatto pervenire lo schema del percorso della vibrazione prima speravamo che potesse bastare, pur nella sua complessità, per fornirvi un’immagine abbastanza comprensibile delle varie meccaniche che agiscono al vostro interno ma, forse, abbiamo preteso un po’ troppo da voi, aspettandoci che, unicamente col vostro ragionamento, riusciste da soli ad individuare la genesi e lo sviluppo di questa parte delle vostre meccaniche interiori.
Dal momento che farlo è risultato troppo difficile o faticoso per tutti voi (abituati ad avere la pappa pronta, più che a cucinarvela da soli) riprendiamo adesso questo argomento, cercando di sottoporvi una visione che sia per voi più abbordabile e meno faticosa, con la speranza di riuscire a fornirvi un quadro più completo dei vari elementi e addentellati che sono collegati allo psicosomatismo dell’individuo incarnato.

Per prima cosa pensiamo che sia utile cercare di definire cosa intendiamo noi per psicosomatismo e per cristallizzazione, dal momento che abbiamo notato quanto spesso accada che usiate impropriamente i due termini come se fossero una stessa cosa.

Col termine “psicosomatismo” intendiamo quel processo interiore dell’individuo incarnato che lo porta a manifestare sul piano fisico le incomprensioni che potrebbe raggiungere e definire ma che vengono contrastate dall’azione dell’Io che cerca di nascondere ai suoi stessi occhi quello che lo disturba in quanto, riconoscerlo e accettarlo, porterebbe a un suo cambiamento che, in quanto contrastante col suo tentativo di mantenere inalterata la sua immagine nel tempo, lo mette in difficoltà. La spinta della coscienza verso la comprensione è costante, così come è costante la sua emissione di vibrazioni adoperate per indurre l’individuo a manifestare all’esterno i suoi bisogni evolutivi confrontandosi con le esperienze che via via gli si presentano. Queste vibrazioni provenienti dall’akasico si trovano davanti agli ostacoli messi dall’Io (all’interno dei corpi inferiori che lo delimitano virtualmente) sul suo percorso, facendole spesso deflettere dal loro cammino, e portandole a interagire con vibrazioni non direttamente collegate con l’elemento da comprendere, col risultato che esse finiscono con l’arrivare a manifestarsi sul piano fisico come vibrazioni turbolente che si concentrano, ad esempio, nel passaggio attraverso organi fisici particolari, come lo stomaco, l’epidermide e via dicendo.
Questo complesso di elementi dà il via alla manifestazione fisica del problema all’interno di quelli che abbiamo definito “organi bersaglio” e che, proprio a causa degli ostacoli frapposti dall’Io che citavo poc’anzi, talvolta possono essere collegati al tipo di comprensione che viene richiesta dal corpo akasico con notevole difficoltà, rendendo sovente difficile, all’individuo incarnato, identificare con precisione quale sia veramente il fattore scatenante che sta all’origine dello psicosomatismo.
Col termine “cristallizzazione”, invece, intendiamo indicare il manifestarsi in maniera costante dello psicosomatismo in un organo-bersaglio fisso o in comportamenti ripetitivi, elementi indicatori di un ciclo vibratorio interno dell’individuo che non trova via di uscita o un modo per aggirare le difese dell’Io, finendo col continuare a girare con intensità costante all’interno dei suoi corpi inferiori, col risultato di indurre comportamenti o psicosomatismi di più difficile superamento, in quanto il loro circolo vibratorio impedisce alle vibrazioni provenienti dall’akasico di penetrare in esso e, di conseguenza, di fornire variazioni vibratorie che possano, un po’ alla volta, disgregarne il percorso contribuendo a sciogliere la cristallizzazione e, di conseguenza, a modificare gli effetti della sua manifestazione nel corso della vita dell’individuo incarnato.
In sintesi si può affermare che psicosomatismo e cristallizzazione fino a un certo punto sono accomunabili, ma si diversificano nel momento in cui trovano o meno un percorso che permetta all’influenza della coscienza di acquisire nuovi dati dall’esperienza vissuta e, quindi, di inviare vibrazioni variabili in conseguenza degli elementi di comprensione via via acquisiti.
Mentre, però, per lo psicosomatismo questo processo è continuo e il suo scioglimento avviene gradatamente in parallelo con l’aumento delle sfumature di comprensione da parte del corpo della coscienza, per quanto riguarda la cristallizzazione si arriva ad una sorta di stasi interiore per cui la cristallizzazione viene riconosciuta come troppo forte da parte del corpo akasico che, di conseguenza, tende a modificare l’invio delle sue vibrazioni indirizzandole verso altri punti che gli permettano di non subire indesiderate interruzioni di acquisizione dei dati utili alla sua comprensione. Ciò non significa, ovviamente, che l’akasico rinunci alla possibilità di agire sulla cristallizzazione, bensì che preferisce operare su altri elementi di comprensione nella certezza che, essendo tutta l’individualità, nelle sue varie parti, collegata, prima o poi qualche nuova comprensione acquisita gli permetterà di penetrare la rigidità vibratoria che circoscrive il nucleo cristallizzato.
Dal punto di vista dell’individuo incarnato possiamo così arrivare ad affermare che la cristallizzazione diventa più difficile da risolvere: mentre per sciogliere lo psicosomatismo può bastare arrivare a comprendere la base interiore della sua genesi, per sciogliere la cristallizzazione questo può non bastare o non essere attuato agevolmente, dal momento che il nucleo cristallizzato si ripercuote rigidamente nei suoi effetti su tutti i corpi inferiori dell’individuo.

Da questa affermazione scaturisce la possibilità di immaginare una sorta di localizzazione dello psicosomatismo e della cristallizzazione all’interno dell’individuo incarnato.

Lo psicosomatismo si dirama con le sue vibrazioni all’interno di vaste porzioni dei corpi inferiori, porzioni che mutano di poco o di molto a seconda delle comprensioni che via via vengono perfezionate, investendo alla fine del loro percorso verso l’esterno gli organi bersaglio e dando luogo a reazioni che si manifestano in situazioni e comportamenti che possono variare anche molto a seconda dei percorsi che le vibrazioni tracciano. Non hanno, cioè, una localizzazione fissa, bensì una localizzazione variabile, e questa variabilità è contemporaneamente sia un elemento che rende difficile risalirne alla causa, sia un elemento che permette all’individuo attento su se stesso di estrarre dalle sue reazioni le ipotesi sul cammino che le vibrazioni hanno compiuto per arrivare alla loro manifestazione. Compiendo il cammino a ritroso, cioè dalla manifestazione, all’organo bersaglio, al cammino della vibrazione all’incomprensione di partenza è così possibile arrivare a raggiungere il nucleo di incomprensione che ha portato al manifestarsi dello psicosomatismo.
La cristallizzazione, invece, ha una sua collocazione ben precisa che resta costante nel tempo, e coinvolge sempre la stessa porzione di materia dei corpi inferiori, dando luogo a manifestazioni costanti e con poche variazioni nel tempo.
Immaginatela come un grumo di materia, composta di materia mentale, astrale e fisica, che si blocca all’interno dell’individuo risultando pressoché impenetrabile alle vibrazioni provenienti dall’akasico. Vi è quindi una ripercussione di rigidità in quella porzione di materia sia per quanto riguarda i pensieri, le emozioni e le componenti fisiche che si ripercuote sul piano fisico in comportamenti o atteggiamenti rigidi e ripetitivi. Questa stabilità potrebbe, in teoria, indicare chiaramente all’individuo dove sta il problema che non riesce a sciogliere, se non fosse che l’influenza dell’Io è talmente forte che la componente mentale evita costantemente di riconoscere le indicazioni che la sua logica potrebbe fargli scorgere, la componente astrale attiva in continuazione piccoli o grandi picchi emotivi che sopraffanno le altre emozioni e la componente fisica sfocia in problematiche ripetitive e costanti (mal di testa, stati depressivi o paranoici, vittimismo e via dicendo) che non rispondono più adeguatamente agli stimoli della ragione e non riescono neppure più a moderare le proprie reazioni in conseguenza degli effetti che dette reazioni suscitano sulle persone con cui si è in rapporto. Diventano, insomma, dei momenti di egoismo puro e incontrollabile in cui la persona non è più veramente se stessa ma manifesta soltanto una porzione rigida della sua interiorità. Penso che possiate vedere come facilmente questo discorso, nei suoi casi estremi, possa dar ragione dei comportamenti abnormi e devianti catalogati dalla patologia psichiatrica… ma parlare di questo credo che ci porterebbe troppo lontani dall’argomento che stiamo trattando, benché sia un collegamento di interesse notevole. (Rodolfo)


Detto questo, cerchiamo di esaminare gli elementi che influenzano la formazione di psicosomatismi e di cristallizzazioni.
E’ indubbio che alla base dell’intero processo ci sia una mancanza di comprensione da parte del corpo della coscienza.
Come abbiamo esaminato negli anni, la costituzione dei vostri corpi transitori è una diretta conseguenza delle comprensioni che non avete ancora raggiunto: queste non-comprensioni indirizzano il corpo akasico a indurre la formazione dei corpi transitori proprio in base alle esigenze di comprensione (e, quindi di esperienza da affrontare nel corso della vostra vita) che avverte, stimolando la costituzione delle particolari caratteristiche fisiche, astrali e mentali che vi necessitano per trarre, dalle esperienze che affronterete, il maggior numero di informazioni utili per completare le sfumature di comprensione di cui il corpo akasico necessita per avanzare nella sua strutturazione.
Come conseguenza di questo concetto, il nostro percorso logico ci porta a fare la considerazione ovvia che il corpo della coscienza, per ottenere i corpi adeguati ai suoi bisogni di comprensione, deve per forza di cose presiedere direttamente all’attivazione della catena genetica nelle varie materie propria di ogni individuo, e che questa attivazione preordinata reca già in sé, per esempio, quegli elementi atti ad affrontare (e, magari risolvere) quello che noi abbiamo definito genericamente karma individuale. Infatti il karma, come sappiamo, è strettamente legato alle azioni che le incomprensioni delle vite precedenti (ma progressivamente anche quelle che si manifestano nel corso dell’esistenza attuale) hanno messo in atto nell’individuo incarnato sui presupposti sia di proprie malcomprensioni che di totali o parziali incomprensioni.
Quindi un primo elemento che incontriamo nell’esaminare le influenze e i meccanismi che contribuiscono a strutturare i corpi inferiori dell’individuo incarnato è proprio la sua catena genetica, il suo DNA, con quella sua combinazione tipica e personale di elementi attivati o disattivati, di cui abbiamo già parlato nel descrivere la formazione del carattere dell’individuo.
Se – per comodità di ragionamento e di visualizzazione – volessimo costruirci un’immagine, approssimativa ma esemplificativa, che possa aiutarci a capire quanto stiamo dicendo, potremmo paragonare il sistema akasico/corpi transitori/esterno dell’individuo ad un flipper: l’akasico è il giocatore che lancia la pallina (le sue vibrazioni) nella tavola del gioco (i corpi inferiori), con l’obiettivo di raggiungere un determinato punteggio (la comprensione).
Il percorso della pallina, però, non è libero da vincoli (come non lo è il passaggio della vibrazione) ma incontra degli ostacoli nel suo percorso che ne determinano la traiettoria successiva. Nel flipper classico il primo ostacolo è costituito, solitamente, da una serie di passaggi obbligati, ed è attraversando uno di essi che la pallina in base all’intensità della forza con cui è stata lanciata, inizia il suo percorso.
Per continuare nella nostra immagine questi primi passaggi potrebbero essere indicati – in maniera un po’ fantasiosa - come le caratteristiche del DNA individuale. A seconda di quali sono gli elementi del DNA con cui la vibrazione akasica entra in contatto, essa viene alterata o indirizzata (quindi condizionata) dalle vibrazioni attive in quella porzione di DNA attraversato.
Ricevuto questo primo “imprinting” la pallina entra davvero in gioco, trovandosi davanti all’intero piano di gioco del Flipper (i corpi inferiori) e il percorso che essa seguirà sarà una diretta conseguenza del percorso seguito all’inizio del gioco.
I tre corpi inferiori possiedono dei cammini preferenziali nell’espressione dell’individuo, determinati dalle possibilità espressive proprie del carattere dell’individuo, dando luogo – come abbiamo visto – all’estrinsecazione della personalità dell’individuo: in essi esistono percorsi veloci, percorsi faticosi, percorsi faticosamente contrastati.
Sempre facendo riferimento alla tavola da gioco del nostro flipper classico, possiamo individuare le possibilità di percorso della nostra pallina: vi sarà quella che esce direttamente dal gioco, magari senza ottenere neanche un piccolo punto di consolazione (nella nostra analogia possiamo identificare queste palline con un passaggio senza ostacoli delle vibrazioni emesse dal corpo akasico, vibrazioni che, evidentemente, fanno capo a comprensioni o a sfumature già acquisite e che, di conseguenza, fluiscono senza problemi all’interno dell’individuo incarnato), vi sarà quella che per ottenere punti dovrà fare determinati percorsi, inserirsi in cavità particolari e via dicendo, che rallenteranno il suo cammino ma le faranno guadagnare punti preziosi, vi sarà, infine, quella che picchierà cocciutamente contro i cilindri centrali, venendo deviata in maniera incontrollabile verso altri punti del flipper.
Questa, con un po' di buona volontà da parte vostra, può essere immaginata come la rappresentazione degli psicosomatismi e delle cristallizzazioni: il percorso rallentato con i vari ostacoli che la pallina attraverserà ottenendo punti preziosi (ovvero elementi di comprensione) potrebbero essere gli psicosomatismi i quali influiscono sul percorso della pallina, tuttavia per il giocatore attento e reattivo finiscono con l’essere fonte di comprensione (cioè di accumulo preziosi di punteggio del nostro flipper). I cilindri centrali, invece, potrebbero essere le cristallizzazioni che respingono quasi violentemente la vibrazione dell’akasico, impedendole di percorrere quella zona del flipper e respingendo la pallina con violenza lontano da sé.
Se proprio volessimo fare un’ultima osservazione, potremmo ancora dire che la pallina uscirà dal gioco lasciando in dotazione al giocatore un certo punteggio (elementi di comprensioni) dal quale il giocatore (l’akasico) riprenderà la sua partita partendo da possibilità di gioco diverse e, di conseguenza, lanciando la pallina (la vibrazione) con caratteristiche vibratorie differenti.
Ovviamente è meglio fermarsi qui con l’esempio perché diventerebbe troppo azzardato continuare, ma spero che vi possa essere servito per visualizzare le meccaniche interiori dell’individuo di fronte al passaggio della vibrazione akasica.

Giunti a questo punto è forse il caso di fare un’ulteriore ricapitolazione di quanto abbiamo detto fin qui nel nostro esame del sistema akasico/fisico dell’individuo incarnato, fornendo, nel contempo, ulteriori elementi che si possono dedurre dalle osservazioni che vi abbiamo fin qui proposto.

Se si vuole cercare la genesi dello psicosomatismo è ovvio, a questo punto del nostro ragionamento, che bisogna trovarla all’interno delle incomprensioni che l’individuo non ha risolto. Queste incomprensioni, modulate dalla costituzione del suo carattere, ricevono la spinta verso l’esperienza attraverso le vibrazioni di richiesta provenienti dall’akasico, arrivando a manifestarsi attraverso la personalità dell’individuo, e, cioè, alla manifestazione dell’individuo all’esterno di se stesso in rapporto alle esperienze che l’esistenza gli pone di volta in volta dinnanzi.
Qualsiasi incomprensione provoca un disagio vibratorio all’interno dei corpi dell’individuo, disagio che ha la funzione sia di attirare l’attenzione del corpo akasico, sia di fornire la spinta all’Io per cercare di trovare un equilibrio che non lo disturbi.
Da questa considerazione deriva la nostra affermazione che, in realtà, praticamente tutto quello che vi accade interiormente porta a delle somatizzazioni, ovviamente di grado diverso a seconda dell’ampiezza dell’incomprensione in gioco. Molti di questi psicosomatismi sono talmente leggeri che i loro effetti non ricadono sotto la vostra attenzione e si risolvono facilmente e in continuazione al vostro interno. Quando, invece, questi effetti sono più pesanti, essi disturbano (spesso anche pesantemente) la vostra vita ed è proprio ad essi che la vostra attenzione deve essere rivolta per cercare di annullare la causa interiore che li mette in atto.
Quando, malgrado i vostri tentativi, le risposte che rimandate all’akasico diventano gradatamente più esigue e sempre meno funzionali al raggiungimento di una maggiore comprensione, lo psicosomatismo tende a diventare una costante ripetitiva e difficilmente risolvibile nel corso della vita, assumendo le caratteristiche tipiche della cristallizzazione. Di conseguenza, se vogliamo, possiamo arrivare a considerare la cristallizzazione come una fase abnorme attraversata dallo psicosomatismo, ovvero una sua fase che ha trovato un equilibrio vibratorio interno che respinge al di fuori di se stesso qualsiasi sollecitazione esterna che tenti di spezzare quell’equilibrio. Esaminando questo concetto dal punto di vista di quanto abbiamo detto in precedenza, si potrebbe assimilare lo psicosomatismo a un sistema aperto, in via di modifica, e la cristallizzazione a un sistema chiuso in cui le influenze esterne trovano difficoltà di penetrazione. Attenzione, però: questa è solo una concezione che non rappresenta veramente la situazione reale ma si tratta soltanto di un’idea, un parallelismo che vi forniamo per aiutarvi a comprendere meglio la differenza tra i due elementi. In realtà, infatti, come abbiamo visto in precedenza, anche la cristallizzazione è un sistema aperto: quello che manca all’akasico per arrivare a penetrarla è soltanto la combinazione giusta di comprensioni che fornirà la vibrazione adatta a portare al disgregarsi della cristallizzazione. Di fronte a una cristallizzazione, né le richieste dell’akasico né i tentativi da parte dell’Io di ritrovare un equilibrio complessivo dei corpi inferiori che gli danno vita hanno successo, portando, come conseguenza, a disfunzioni interne dell’Io stesso, ovvero a squilibri energetici nel regime vibratorio dei corpi inferiori. La situazione si risolverà soltanto quando altre comprensioni andranno lentamente ad intaccare il nucleo di incomprensione cristallizzato indebolendone, molto lentamente, la rigidità.

Diversi tra voi fanno, in parte giustamente, un collegamento diretto tra gli psicosomatismi, le cristallizzazioni e le vite precedenti.
E’ evidente che il collegamento esiste: se la genesi deriva da un’incomprensione, è conseguenza logica arrivare a concludere che quest’incomprensione, se non risolta, si ripresenterà nella vita successiva, anche se in piccola o grande parte modificata nei suoi effetti a seconda delle sfumature di comprensione aggiunte dal percorso della vita precedente. Tuttavia, come abbiamo sempre detto, è inutile, al fine di risolvere le incomprensioni nella vita corrente, conoscere quanto riguarda le vite precedenti. Prima di tutto perché tutti gli elementi che possono aiutare a trovare le risposte alle richieste dell’akasico sono presenti sempre e comunque all’interno della vita corrente; secondariamente perché comprensioni, carattere, personalità ed esterno dell’individuo nella vita precedente sono tutti elementi in gran parte diversi per l’incarnazione ultima dell’individuo stesso, di conseguenza osservereste e giudichereste questa vita su presupposti in gran parte diversi, col risultato di confondere maggiormente le vostre idee e rendervi ancora più nebulosa la situazione. Per renderci conto meglio di questo concetto basta pensare che, nel sistema individuale akasico/fisico, entra in gioco una componente di non indifferente portata nell’estrinsecazione dello psicosomatismo, ovvero ciò che è esterno all’individuo, quindi, per esempio, l’influenza degli archetipi transitori a cui un individuo è collegato nel corso di una vita.
Questi archetipi, viene perciò spontaneo chiedersi a questo punto, che influenza hanno sugli psicosomatismi?
Senza dubbio sul meccanismo interiore che porta alla loro formazione non hanno un’influenza sulla quale valga la pena congetturare, ma ne hanno molta, invece, per esempio nella determinazione dell’organo bersaglio. Se ci pensate attentamente, col variare delle mode o delle conoscenze e credenze c’è sempre stato un variare degli organi bersaglio: in passato, per esempio, non era relativamente frequente come nei giorni vostri il presentarsi di quello psicosomatismo diffuso che è l’anoressia, stimolato e aiutato nel suo presentarsi dall’archetipo transitorio della bellezza fisica, così di moda attualmente, mentre era molto più frequente che si manifestasse in organi quali intestino o fegato e, di conseguenza, epidermide.
Ovviamente gli archetipi transitori hanno un certo peso anche in quella che è la manifestazione all’esterno dello psicosomatismo e dei comportamenti che l’individuo tiene nell’estrinsecarsi all’esterno di sé, e questo mi sembra talmente evidente che penso non sia necessario dilungarci fornendovi degli esempi.

Dopo aver esaminato genesi, sviluppo e meccanismi dello psicosomatismo, non resta, infine, che cercare di vedere cosa è possibile fare all’individuo per diminuirne gli effetti se non, addirittura, risolverli nel minor tempo possibile, in maniera che non possano più disturbare o rendere difficile la vostra sperimentazione nel corso delle vostre vite sul piano fisico.

Risulta quasi banale, a questo punto, affermare che per risolvere felicemente i vostri psicosomatismi sia necessario che voi riusciate ad ampliare la vostra comprensione.
“Facile a dirsi” direte certamente voi “ma in pratica, come voi stessi avete affermato, non ci sono elementi che ci forniscano prospettive sicure attraverso le quali risalire, partendo dal sintomo psicosomatico, alle cose che non riusciamo a comprendere”.
Sono, ovviamente, d’accordo con voi su questa obiezione.
Ma questo non significa certamente che voi non possiate fare niente per controbilanciare i vostri psicosomatismi!
Il problema, per voi, nasce dal fatto che vorreste che accadesse come ai personaggi di uno dei vostri film: sotto la spinta di ciò che vive ecco che, improvvisamente, arriva la catarsi e la comprensione e il personaggio scioglie immediatamente, e con un lieto fine appagante, l’incomprensione che lo teneva bloccato, superando con un improvviso colpo di coda definitivo i problemi che lo attanagliavano fino a un fotogramma prima…
Ahimé, creature, purtroppo non siete i protagonisti di un film, ma di una vita fatta di esperienze che, per voi, sono totalmente reali e la comprensione raramente arriva in toto e diventa illuminante trasfigurando il vostro essere: essa arriva goccia a goccia, con pazienza, attraverso tentativi e buona volontà, mantenendo salda la speranza che, prima o poi, supererete i vostri ostacoli, facendo tesoro della sofferenza o della gioia davanti alle quali di volta in volta vi trovate!
“Belle parole” penserete “ma in pratica, cosa possiamo fare?”. (Scifo)

La risposta (anzi, le risposte) le avete già tutte: ve le abbiamo fornite ripetutamente in tutti questi anni: dovete abituarvi a guardare voi stessi con occhi attenti e non pronti a fornirvi scuse e giustificazioni per le vostre mancanze, perché la condiscendenza verso voi stessi vi porterà a ripetere gli errori e ad aumentare le vostre possibilità di andare incontro al dolore.
Dovete cercare di mantenere inalterata nel tempo la sincerità verso voi stessi, perché se non vi riconoscerete e accetterete come siete non potrete avere le basi sulle quali costruire la vostra serenità, in quanto presupposti errati non possono che portare a nuovi errori.
Dovete stare attenti all’immagine di voi stessi che dagli altri vi viene rimandata e saper cogliere da essa le differenze indicative rispetto all’immagine che voi possedete di voi stessi, perché ciò costituisce la grande possibilità di confrontare ciò che pensate di essere con ciò che apparite essere, trovando quella via di mezzo che è costituita da ciò che voi siete veramente.
Dovete affrontare le esperienze, anche le più difficili, il più immediatamente possibile, perché il fuggire da esse o il rimandare di affrontarle vi porterà a giungere al momento in cui la vostra sofferenza sarà talmente grande che non potrete più fare altro che subirla, rendendola non un dono ma una catena.
Dovrete riconoscere e accettare quello che davvero volete, per quanto miserevole ed egoistico questo volere vi possa sembrare, perché troppe volte rifiutate di prendere atto di quelli che sarebbero i vostri veri desideri per paura di essere sottoposti al giudizio della società, di chi vi sta vicino e di voi stessi, con l’unico risultato di diventare voi stessi fonte di infelicità, e non solo per voi.
Dovrete imparare a convivere con voi stessi senza lasciarvi opprimere dagli eventi, dal vittimismo, dal desiderio di attenzioni, di considerazione, di importanza, trovando in voi stessi l’attenzione, la considerazione e l’importanza che così spesso vi negate per essere ciò che gli altri vorrebbero che voi foste e non quello che vorreste essere voi.
In fondo, figli nostri, si tratta di cercare di conoscere voi stessi e di osservarvi con attenzione, niente di più e niente di meno, tenendo sempre presente che ciò che il vostro Io sembra spingervi a fare in fondo è un inconsapevole aiuto che vi offre, e che l’Io stesso e le reazioni che produce possono essere, devono essere un mezzo per arrivare alla comprensione, non uno strumento per evitare le responsabilità che avete, primieramente, verso voi stessi.
Se soffrite per uno psicosomatismo non statevi a piangere addosso, ciò non serve ad altro che ad alimentarne l’intensità. Cercate, invece, di determinare quale parte di voi stessi state rifiutando e, una volta che la individuate, cercate di sciogliere le cause che muovono il vostro rifiuto, senza aver timore di affrontare voi stessi a viso aperto. Magari ci vorrà del tempo prima che il meccanismo che dentro di voi ha messo in moto il processo dello psicosomatismo finisca di operare, ma, se non fate nulla, esso non si fermerà… e allora perché restare immobili, impotenti ed inermi, invece che provare a cambiare le cose? Il cambiamento non vi deve spaventare perché esso porta in sé il germe di un nuovo “voi stessi”.
Certo, avete a disposizione molte vite per ottenere tutto questo, e questo fatto può essere una consolazione, ma state attenti che non diventi, invece, una scusa per rimandare ciò che tanto, prima o poi, dovrete comunque fare.
Non pensate che sarebbe molto meglio riuscire nell’oggi, e non in un ipotetico domani, a diminuire la vostra sofferenza e a rendere la vostra vita più serena?
Nei momenti più difficili cercate di ricordare quello che vi abbiamo detto spesso, ovvero che “in ogni uomo arde una candela che nessuno può spegnere” e fate di queste poche parole non una semplice promessa di speranza, ma un ancora di certezza dalla quale trarre la forza per affrontare adesso, nel qui e ora, voi stessi e la vostra esistenza. (Moti)

Edited by Livvy - 15/3/2011, 12:36
 
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