Il merlo, la formica, il tempo e la Realtà, 6 giugno 2012 - Zifed, Scifo, Rodolfo, Ombra, Moti

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Moderatore sez. Messaggi
view post Posted on 8/6/2012, 08:09




Om tat sat
Un giorno un merlo, nella pausa tra uno svolazzare e l'altro, si intratteneva a conversare amabilmente con una formica che si stava arrampicando lungo lo stelo di una spiga di grano..
- Ciao, piccolina, come va la vita?
- Come vuoi che vada... tana e lavoro, tana e lavoro, perennemente imprigionata in questa routine mentre mi piacerebbe poter vedere un po' di più il mondo.
- Il mondo - e te lo dice uno che ha girato parecchio - non è poi quella gran cosa che ti immagini, anche se contiene parecchie cose stupefacenti.
- Se lo dici tu... quello che è certo è che tu, con le tue alette nere, puoi solcare velocemente l'aria e chissà quali cose meravigliose hai avuto occasione di vedere, cose che io non riesco neppure a immaginare. Anzi, ne avrai viste così tante che, alla fine, avrai perso lo stupore e la meraviglia e anche per te la tua vita sarà magari diventata una routine come lo è la mia per me.
- Beh, forse è proprio così. Anche se devo dire che amo sempre al di sopra di ogni altra cosa volare sui pendii della montagna e lasciarmi trasportare dalle correnti d'aria in mezzo alle alte cime coperte di neve. E in quei momenti non posso fare a meno di meravigliarmi per la sua imponenza e la sua altezza vertiginosa.
- Oh... che meraviglia... ma cos'è una montagna?
- Vuoi dire che non sai cos'è?
- Effettivamente no... hai detto che è imponente... dimmi: è più imponente di te? Mi sembra impossibile, dato che mi sovrasti e incombi su di me come un anticipo del nero della notte!
- Imponente io? Io che sono solo un misero mucchietto di carne con qualche piuma addosso? E allora una montagna per te cosa sarebbe?
- E rieccoci con questa montagna... possibile che non riesci a spiegarmi cosa sia in modo che io me la possa raffigurare con precisione? Hai detto che ha un'altezza vertiginosa... è più alta di questa spiga di grano su cui sto arrancando per arrivare ai suoi chicchi?
- Bella questa! Più grande di una spiga di grano! Sei proprio una mattacchiona! Una montagna è... è... fatta di terra, ricoperta di erba, alberi e fiori, e di pietra che, di solito le fa da cocuzzolo e spesso è imbiancata da neve che non si scioglie perché è così in alto che il caldo che servirebbe per scioglierla non arriva fin lassù... ti è chiaro, adesso?
- Hum... ho capito da cos'è fatta: terra, alberi, fiori, pietra, neve, sono tutte cose che conosco. Ma proprio non riesco a immaginare come tutte queste cose riescano a stare insieme creando una... come hai detto che si chiama?... una montagna. E poi, a che cosa serve?
- Bella domanda. Me la sono fatta anche io e mi sono risposto che esiste per permettere a un sacco di creature di esistere: serpenti, falchi, stambecchi.
- Non mi complicare la vita tirando in ballo altre cose sconosciute... o vuoi spiegarmi cosa sono anche loro?
- No no, per carità... è già così difficile cercare di spiegare a una creatura così minuscola, raso-terra e con i sensi poco affinati come i tuoi che cosa sia una montagna, figurati cosa vorrebbe dire cercare di farti capire che cosa sia uno stambecco!
- Lo so, sono un po' limitata... mi dispiacerebbe, però, se tu non mi parlassi più di queste cose meravigliose che conosci a causa delle mie difficoltà a capirti. Queste chiacchierate con te sono un po' il sale della mia vita monotona.
- Sei proprio tenera. Sarebbe bello se tu potessi trasformarti, come per magia, in un merlo come me. Potremmo volare assieme sopra praterie, fiumi, mari...
- Sopra cosa?
- Niente, niente, per carità, lasciamo perdere. Ora, però. Devo proprio andare.
- Ma tornerai?
- Certo che tornerò. E vedrai che prima o poi troverò il modo di farti capire cos'è una montagna. Puoi stare certa che non mi arrendo!
Detto questo il merlo, con un improvviso frullio delle ali s'involò nell'aria.
La formica, continuò il suo arrancare sulla spiga di grano, rendendo meno monotono il suo percorso cercando di formarsi un'idea più precisa di quell'essere straordinario che il merlo aveva chiamato montagna.
Ma arrivò al primo chicco di grano senza esserci ancora riuscita.
E, dopo, lo sforzo di strappare quel chicco così grosso e imponente e di portarlo con sé lungo lo stelo della spiga verso la tana in cui lei e le sue sorelle accumulavano i rifornimenti per la brutta stagione fu tale che non ebbe più il tempo di fantasticare su quello che proprio non riusciva a capire.
Om tat sat (Ananda)

Ben tornato, caro Ananda... sai, avevo proprio l'impressione che non ti saresti più fatto sentire, e quest'idea mi faceva sentire davvero un po' abbandonata!
Credo di non essere poi così stupidina come può sembrare dalle cose che dico nei miei interventi. La vera verità è che sono molto evoluta e che faccio la finta tonta per amore verso tutti gli altri meno avanti di me, per non farli sentire come se fossero gli ultimi della classe... beh, in verità non è proprio esattamente così, ma lasciamo perdere i dettagli che non sono importanti! Comunque, devo dire che ho capito subito il senso della favola di Ananda e le metafore (vedete che so perfino le parole difficili) che usa.
Il merlo sono le Guide, la montagna è la conoscenza, o la Verità o, meglio ancora, la conoscenza della Verità, la formica sono io e ognuno di voi che sta ascoltando quanto ci viene portato dalle Guide cercando di capire e allargare la propria comprensione, malgrado l'evidente limitatezza dei nostri strumenti a disposizione.
Fin qui tutto semplice, direi quasi – se me lo permettete - banale.
Mi sfugge un po', però, il perché della necessità di questa favola che, per quanto graziosa come tutte le favole di Ananda, nulla aggiunge e nulla toglie a quanto fin qui sapevamo già. (Zifed)

La complessità di quanto vi stiamo enunciando in questi ultimi tempi è estremamente evidente, data la quantità di elementi in gioco e la fitta rete di azioni e reazioni che ivi si intrecciano creando una struttura in cui essi si intersecano in mutue relazioni di difficile separazione le une dalle altre.
Certamente è per questo motivo che, come abbiamo notato, avete alcune difficoltà a costituirvi una visione complessiva e unitaria di tutte le meccaniche e i processi che vi abbiamo esposto.
D'altra parte gli strumenti che, come formichine, avete a vostra disposizione per l'esplorazione della Verità, sono veramente ancora piuttosto limitati e direi quasi rudimentali; infatti, l'espressione della Realtà attraverso l'uso della parola già di per sé costituisce un limite non indifferente, dal momento che, per quanto il vostro linguaggio possa essere strutturato ed elastico, risulta certamente uno strumento poco adeguato all'espressione e alla comprensione della Verità, cosicché sottoporvi la nostra visione di essa avendo a disposizione il solo strumento linguistico, risulta spesso, per noi, estremamente complesso e difficoltoso, al punto che ci troviamo talvolta costretti a fare continui adeguamenti dei termini per cercare di portarvi, poco alla volta, a una comprensione più accurata della Verità. (Rodolfo)

Quello che dici è certamente vero, ma mi sembra anche un po' esagerato... il linguaggio, come avete detto, è costituito di simboli, quindi ogni parola che usiamo ha vari significati che si adattano di volta in volta a situazioni diverse a seconda del contesto in cui può essere adoperata.
A me sembra che il linguaggio che abbiamo sia davvero molto strutturato e in grado di rappresentare la Realtà nel modo migliore per essere affrontato dalla nostra volontà di conoscerla. (Zifed)

Anche trascurando il fatto che ogni simbolo, proprio grazie alle molte interpretazioni che include dentro di sé in quanto tale e che, di conseguenza, non è poi così facilmente definibile in maniera univoca o identica per chiunque tenti di interpretarlo, non va dimenticato che questa sua caratteristica di condensare in una sola parola una molteplicità di concetti e di sfumature è sottoposto, inevitabilmente, alle possibilità di decodifica soggettive di ogni individuo, possibilità che sono strettamente collegate e dipendenti dal percorso evolutivo che ogni individuo ha compiuto fino a quel punto e, di conseguenza, alla comprensione raggiunta.
Questo, inevitabilmente, fa sì che ogni simbolo possa essere decodificato secondo diversi livelli di decodifica, in relazione, appunto, a quanto compreso fino a quel momento da chi cerca di decodificarlo.
E' quello che succede, come avevamo già cercato di spiegarvi, all'interno dei corpi dell'individuo, ognuno dei quali attua una sua decodifica del linguaggio simbolico proveniente dalla Vibrazione Prima arrivando a formarsi una sua visione soggettiva della Verità, distante dalla Realtà in quanto relativa alle loro possibilità di interpretazione dei vari simboli, pur avendo dei punti di contatto comuni con le interpretazioni date a tali simboli dagli altri individui in quanto l'interpretazione viene effettuata in base ai livelli di comprensione e il percorso verso la comprensione di ogni individuo è simile a quello di ogni altro individuo che sia arrivato a comprendere gli stessi elementi.
Questo primo livello di decodifica è quello che permette la comunicazione dei concetti di base da individuo a individuo, anche se, andando in profondità nell'esame di questi concetti di base, si può facilmente osservare che essi gradatamente si discostano l'uno dagli altri in concomitanza con le diverse sfumature di comprensione che ogni individuo ha fatto sue nel corso del suo processo evolutivo, portando spesso al disuso di un determinato simbolo in particolari momenti e alla sua sostituzione, magari, con altri simboli più adeguati all'espressione delle comprensioni raggiunte.
Se non fosse così, d'altra parte, e non ci fosse un livello interpretativo, semplice ma comune anche se, magari, scarsamente flessibile e articolato perché poco ricco di sfumature, una vera comunicazione tra individui sarebbe impossibile e si avrebbe la creazione in Terra di una nuova torre di Babele dove vigerebbe l'impossibilità di una reale comunicazione tra le persone, cosa che, evidentemente, non è. (Ombra)

Possiamo provare a fare un esempio di quanto abbiamo detto fin qui partendo dal primo livello di interpretazione di una parola (quindi di un simbolo) per arrivare a esaminarlo al livello di decodifica superiore derivante da una comprensione della Realtà più ampia e strutturata.

In questi ultimi tempi state vivendo, più o meno direttamente, la tragedia che ha sconvolto la vita di migliaia di persone nel vostro Paese in conseguenza dei sommovimenti tellurici provocati dagli spostamenti e gli scontri tra porzioni della crosta terrestre in collisione tra di loro, tragedia che, oltre a gravi conseguenze sociali, economiche e personali per i territori coinvolti, ha portato anche a numerose vittime.
Le coscienze di molti tra voi sono state toccate da questi fatti, e un pensiero si è spesso affacciato nella vostra mente: “Molte di quelle persone probabilmente erano uomini e donne innocenti, che conducevano le loro vite in maniera semplice e lineare senza provocare gravi danni agli altri e cercando di operare al meglio per rendere la loro vita e quella dei loro cari il più dignitosa possibile. Dove sta la giustizia in tutto questo, dal momento che ci sono individui che hanno colpe ben maggiori perché hanno fatto soprusi, hanno sfruttato gli altri senza pietà, hanno calpestato la dignità e i diritti degli altri, hanno lasciato soli i deboli, gli anziani e i bambini per perseguire il potere e i loro interessi economici, hanno tenuti stretti i loro privilegi senza pudore e senza un minimo di reticenza o di vergogna?”
Non è mia intenzione addentrarmi in questione morali, sociali o politiche perché non è questo il mio compito del momento, ma vorrei esaminare per un attimo la parola “innocenti” che così spesso sento usare in simili frangenti, specialmente quando si tratta di vessazioni compiute su bambini.

Il termine “innocente” deriva, dal punto di vista etimologico, dal latino e significa, letteralmente, “che non nuoce”.
Questo è il primo livello interpretativo, quello più semplice e generale, del simbolo “innocente”, la base interpretativa comune per gran parte di voi di tale concetto, anche se, magari, razionalmente non ne siete consapevoli..
Come potete vedere questa prima interpretazione del simbolo scaturisce sulla base di un concetto di autodifesa ovvero: innocente = che non nuoce = che non costituisce un pericolo per la propria conservazione, quindi sulla base di quella spinta naturale e congenita che appartiene a ogni essere umano (e non solo, dato che è possibile individuarlo in gran parte degli animali ma, anche, in diversi vegetali) che è sua dotazione caratteriale necessaria alla sopravvivenza dell'individuo e della specie, senza la quale l'individuo e la specie finirebbero per estinguersi.
Col procedere dell'evoluzione e il raggiungimento di nuove sfumature che strutturano più ampiamente tale concetto, ecco che il termine “innocente” viene ad arricchirsi di altre possibilità di decodifica, non più dettate dalla semplice necessità della conservazione dell'individuo e della specie, ma anche dalla necessità di catalogare in maniera più ampia non solo gli altri individui ma anche se stessi, in maniera tale da aiutare e favorire la maniera in cui relazionarsi con loro e in cui strutturare i rapporti tra le persone sia come singoli individui sia come unità facenti parte di un gruppo sociale.
Ecco, così, che nel termine “innocente” vengono a inglobarsi interpretazioni accessorie a quella di base, portandolo a poter diventare sinonimo di persona pura, priva di malvagità e, di conseguenza, senza intenzioni peccaminose nei confronti degli altri.
E' evidente che l'ampliamento di definizione di tale termine è conseguenza di considerazioni di tipo etico e morale, pur restando come sottofondo di base il riferimento all'innocuità verso se stessi e verso gli altri di una persona “innocente”, e che deriva da una maggiore strutturazione della coscienza dell'individuo.

Chiaramente, fino a questo punto stiamo ragionando ai livelli della formica della favola di Ananda, tenendo presenti le possibilità di decodifica e gli strumenti che essa possiede per attuarla.
Ma il merlo, il merlo che ha conosciuto ed esplorato la montagna nella sua complessità, userà ancora – sempre che lo usi – il termine “innocente” nello stesso modo in cui lo può usare la formica? (Scifo)

Caro mio, secondo me se una persona è innocente, è innocente.
Punto e a capo.
Non mi sembra che le cose possano essere diverse qualunque sia l'evoluzione della persona che sta osservando questa persona! (Zifed)

Piccola mia, il tuo ragionamento è esattamente quello tipico della formica della nostra favola!
Decisamente, dalla tua prospettiva, il bambino che subisce un sopruso è per te fonte di sdegno (e come potrei non essere d'accordo su questo aspetto della questione?) e l'attribuzione di individuo “innocente” riferita al bambino è senza ombra di dubbio giusta.
Ma noi sappiamo che l'individuo non è semplicemente ciò che di lui appare all'interno del piano fisico nel corso della sua incarnazione: alle sue spalle sta una grande somma di incarnazioni e una molteplicità di esperienze che egli ha affrontato, talvolta in maniera positiva, talaltra no.
Sappiamo anche che l'evoluzione dell'individuo è sottoposta a leggi e meccanismi che la incentivano e che tendono a riequilibrarsi dal punto di vista vibrazionale all'interno dell'ambiente cosmico in cui tale evoluzione viene affrontata, espletando gran parte di questo equilibrio non soltanto a livello di energie dei corpi transitori dell'individuo all'interno dei vari cicli vibratori che li tengono in continuo mutamento e aggiornamento al fine di permettere l'avanzamento evolutivo dell'individuo, ma anche alla totalità della costituzione dell'individualità, adoperando, ad esempio, l'azione karmica per assolvere alla doppia funzione di spinta verso l'ampliamento del sentire individuale e di esplorazione delle sfumature di comprensione non ancora raggiunte applicando il metodo dell'osservazione degli effetti delle azioni compiute in maniera errata nel corso delle varie vite attraversate e la loro ripercussione sul percorso che l'individuo sta effettuando.

Tutti questi ragionamenti ci portano, inevitabilmente, a concepire l'idea che se il bambino sta subendo un sopruso, questo sopruso non è gratuito (a meno che non si voglia pensare all'opera della casualità e della sfortuna o, peggio ancora, di un Dio capriccioso, vendicativo e malevolo come quello tratteggiato da molte religioni...) ma deriva da errori compiuti in vite precedenti e dall'occasione offerta all'individuo, all'interno dell'ambiente cosmico, per comprendere ciò che non aveva compreso, al fine di farlo arrivare a quella comprensione che, sola, gli permetterà di non compiere più gli errori che ha commesso in passato, nuocendo a se stesso e agli altri.
Se, quindi, la forma-bambino incarnata in un dato momento può anche essere considerata “innocente”, almeno per i primi anni di vita, può essere definita “innocente” l'individualità di cui fa parte?
Mi sembra evidente che la risposta non possa essere affermativa. (Scifo)

Dall'insieme di queste poche considerazioni (in fondo riduttive, perché ve ne sarebbero diverse altre da poter mettere in campo) mi sembra che sia evidente che il simbolo “innocente” osservato dall'alto della montagna perde significato rispetto all'osservazione dello stesso simbolo dal punto di vista della nostra formica.
Possiamo dedurne, come logica e coerente conseguenza, che la simbologia ha effettivamente vari livelli e stadi di decodifica fino ad arrivare al punto in cui – in conseguenza di una visione più ampiamente comprensiva della Realtà – gran parte dei simboli perdono il significato ad essi attribuito fino a quel punto, fondendosi con il dizionario basico composto dagli archetipi permanenti all'interno dei quali ogni simbolo, risultando al di fuori della comune logica dell'ambivalenza e della percezione soggettiva, comprende al suo interno sia ogni aspetto positivo che ogni aspetto negativo di ogni simbolo appartenente agli archetipi permanenti, arrivando a formare una classe di simboli costituiti ognuno da un'interpretazione che può essere riferita a ognuno dei due poli opposti del simbolo (che in ambito dualistico siamo abituati a definire come aspetto positivo e aspetto negativo di un particolare simbolo) ma, anche, a tutte le gradazioni intermedie che appartengono al simbolo e che gli permettono di essere percepito, all'interno della dualità, in movimento continuo da un polo all'altro fornendo all'osservatore all'interno del piano fisico l'idea del movimento e della consecuzione temporale di ciò che gli accade. (Ombra)

Mia zia Zoraide mi diceva sempre: “Mia piccola volpe, a volte te le vai proprio a cercare... quando imparerai che talvolta, prima di parlare a briglia sciolta è meglio fermarsi un attimo a cercare di capire se non è il caso, invece, di star zitta?”.
In tutto questo diluvio di parole temo di avere perso di vista che cosa vi avevo chiesto... ah, ecco: ma, alla fin fine, che scopo aveva la favola di Ananda, oltre a quello, veramente gradito, di farci sapere che era ancora tra noi? (Zifed)

Come al solito i nostri scopi sono, come sempre, molteplici.
Prima di tutto avevamo bisogno di rendere un po' meno pesante quanto stiamo dicendo ultimamente, in maniera da non annoiarvi troppo e, quindi, di mantenere attiva la vostra attenzione.
In secondo luogo ci è servita per precisare alcune cose sul simbolo, preparandovi a quell'esame un po' più approfondito del simbolo che è necessario per poter andare avanti con i discorsi che vi stiamo facendo: mi sembra evidente che per poter analizzare i somatismi dell'individuo incarnato. Per far questo, infatti, si rende necessario avere una certa dimestichezza con i vari simboli ma, anche, arrivare a poter essere in grado di esaminare i significati interpretativi che li accompagnano trasformandoli in appigli per poter compiere il percorso di decodifica della loro costituzione, in maniera da avvicinarsi, gradatamente, alle incomprensioni che ne costituiscono la genesi.
In terzo luogo, volevamo – come già Rodolfo vi ha suggerito - che vi rendeste conto delle difficoltà che tutti noi che vi veniamo a parlare possiamo incontrare nel porgervi questi argomenti. Infatti è ovvio che, per poter trasferire alla vostra attenzione gli argomenti attuali, non abbiamo altro strumento per farlo che la parola, quindi i simboli. Questo ci costringe ad usare simboli che, considerato il fatto che devono essere adeguati al vostro momento evolutivo attuale, a un'analisi attenta risultano in gran parte imprecisi, costringendoci, spesso, a veri e propri salti mortali per essere compresi, almeno parzialmente da ognuno di voi, ricorrendo, magari, ad adeguamenti dei termini, in modo da portarvi, poco alla volta, a spostare il vostro punto di osservazione verso un'ottica più strutturata e ampia. (Scifo)

Non vi avevo mai sentiti, miei cari, fare del vittimismo!
Mi fa piacere – e mi è di grande consolazione, ve lo garantisco! - constatare che anche voi non ne siate esenti! (Zifed)

Il nostro è realismo, figlia cara, non è vittimismo: noi non ci sentiamo vittime di nulla se non della difficoltà che scaturisce dal dover usare simboli da voi percepibili e interpretabili per descrivervi una Realtà che, per venire giustamente espressa, dovrebbe venir rappresentata attraverso simboli archetipali che voi non siete ancora in grado di decodificare in maniera adeguata. Ci tocca, quindi, usare il linguaggio della formica per descrivere quello che il merlo sa ma che difficilmente può essere davvero trasformato in simboli comprensibili per la formica col risultato, per forza di cose, di dover ricorrere a delle approssimazioni che, come è inevitabile, distorcono in maniera più o meno decisa la Verità. (Moti)

Un ultimo scopo, infine, è quello di fornirvi consolazione per le difficoltà che state trovando nell'esaminare i rapporti tra carattere, Io e personalità.
Avete cercato, con molta buona volontà, di tracciare un percorso preciso tra questi concetti, senza, però, trovare una soluzione del tutto soddisfacente.
Non abbattetevi creature, non può essere che così, dal momento che ci sono alcuni aspetti che vi limitano e non vi permettono di avere una visione che corrisponda realmente alla Realtà.
Vedete, voi state osservando dalla dualità, dal divenire, qualcosa che in realtà non è duale e non è in divenire. I vostri schemi mentali ragionano, inevitabilmente, attraverso una prospettiva basata sul concetto di causa ed effetto, quindi le conclusioni a cui potete giungere esaminando i rapporti tra questi tre elementi della manifestazione dell'individuo incarnato sul piano fisico è costretta nella concezione che essi sono conseguenti l'uno all'altro e, quindi, esiste una successione nella manifestazione dei tre elementi.
In realtà la cosa è ben diversa nella realtà, e questa diversità è data, in primo luogo, dalla diversità nel flusso del tempo su ogni piano di esistenza e dal fatto che, in realtà, ogni vibrazione che attraversa la Realtà è contemporanea alle altre e non successiva. La sensazione della successione vi deriva dalla vostra visione dualistica e temporale che vi fa percepire la manifestazione sul piano fisico come un succedersi di cause ed effetti che includono, ovviamente il concetto di un prima e di un dopo in ogni cosa che state osservando.
La realtà è che tutto accade contemporaneamente e che quello che voi osservate e cercate di catalogare viene da voi frazionato in singoli elementi apparentemente separati tra di loro, mentre essi esistono contemporaneamente ed è proprio questa loro contemporaneità che fornisce a ognuno di voi la complessità che potete rilevare nell'osservare la manifestazione del sentire che avete raggiunto all'interno del piano fisico in cui vi trovate a fare esperienza.
Come già vi abbiamo detto in passato, accontentatevi, per il momento, di avere un'idea complessiva e un po' meno frantumata della vostra realtà, in attesa che il vostro sentire vi metta in grado di abbracciarne una porzione più complessa e unitaria.
Questo non vi permetterà, probabilmente, di risolvere i vostri dubbi e le vostre incertezze su quanto stiamo dicendo, ma è l'unico possibile percorso che vi possiamo offrire al momento sulla base di quelle che sono le vostre comprensioni attuali e dei mezzi che avete fatto vostri fino a questo punto della vostra evoluzione, dai quali non è possibile discostarsi se non imbottendovi le testoline con elementi e concetti che non riuscireste davvero a fare vostri.
Come sapete, noi preferiamo la politica dei piccoli passi, e siamo convinti che non servirebbe che a far confusione e a mettervi in difficoltà cercare di spingervi troppo oltre a quello che siete in grado di recepire. Per questo motivo preferiamo presentarvi delle realtà transitorie che possano condurvi, in armonia con la vostra crescita interiore, a raggiungere via via realtà più vicine a quella Realtà Assoluta che non siete ancora in grado di percepire ma della quale, tuttavia, siete necessario e indispensabile frammento. (Scifo)

Edited by Livvy - 11/6/2012, 13:14
 
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