Il propagarsi dell'onda karmica, 18 settembre 2012 - Hiawatha, Ombra, Scifo

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Moderatore sez. Messaggi
view post Posted on 21/9/2012, 07:02




Tra la mia gente la filosofia non ha seguito lo stesso percorso che ha seguito presso i vostri popoli: i concetti che sono entrati a far parte della nostra concezione della realtà non hanno avuto il supporto di una scrittura complessa o di cicli di discussione o di confronto tra disparate "concezioni". Essa è scaturita dall'osservazione della natura e da ciò che si presentava ai nostri occhi, cose alle quali, come è tipico di ogni essere incarnato, abbiamo comunque cercato di dare una spiegazione sulla base delle spinte a comprendere che urgevano dentro di noi, costruendo in questo modo una nostra filosofia non solo etico-morale ma anche cosmogonica.
Il concetto di base delle nostre osservazioni partiva dalla constatazione di base che il mondo in cui ci trovavamo a vivere non era costituito da una serie di elementi ognuno a sé stante ma che noi stessi facevamo parte della realtà con la stessa dignità, importanza e necessità di ogni altro suo elemento.
Avvertivamo, in maniera istintiva, l'unitarietà della realtà e l'estrema consequenzialità che legava ogni cosa, dal nostro nascere al nostro morire, dall'avvicendarsi delle stagioni, alla necessità di mantenere intatti i legami di reciproco aiuto – pur sottostando agli influssi dell'Io che, così spesso, purtroppo, rendeva inadeguati i nostri comportamenti - all'interno di una natura ora dolce madre, ora severa matrigna.
Alla luce di adesso mi sento di affermare che la nostra è stata una strada diversa, percorsa con mezzi diversi, ma che la meta a cui portava era, alla fine, sempre e solo quella di aiutare la nostra comprensione ad ampliarsi, pur non adoperando un linguaggio sofisticato e non avendo fatti nostri in maniera specifica concetti filosofici come quelli che conoscete e adoperate al giorno d'oggi voi, uomini che siete lo specchio del vostro tempo.
Presso il mio popolo sono stato spesso considerato un saggio, quello che voi attualmente chiamereste un "Maestro", ma non ritengo che quest'appellativo fosse giustificato nei miei confronti.
Io non insegnavo niente.
Al massimo trasmettevo le piccole scoperte che la mia osservazione della vita mi permetteva di percepire e il modo in cui ero arrivato a determinate conclusioni.
E il fatto che le mie "scoperte" derivavano dall'osservazione della natura che mi circondava faceva spesso sì che chi fosse interessato a capire meglio ciò che io dicevo, potesse con facilità riconoscere il mio percorso dato che l'osservazione della natura era sempre stata una parte primaria nei nostri processi di sopravvivenza.
Non posso affermare, senza mentire a me stesso e a voi, di essere arrivato a concepire concetti come la Vibrazione Prima o il Karma. Tuttavia mi sembra che tali concetti potessero, in fondo, essere impliciti in alcune mie osservazioni.
Non frequentavo scuole o chiese per ampliare o cercare il mio incontro con Dio e con tutti i quesiti filosofici ed esistenziali che l'accompagnano.
La mia chiesa era l'intero mondo in cui vivevo e la mia scuola era ciò che accadeva intorno a me.
Amavo sedermi sulla riva del Grande Lago e guardarmi intorno, in silenzio, percependo il fremito della vita che mi circondava, certamente aiutato nella mia fase meditativa dal lento sciabordare quieto delle acque.

Ricordo un giorno in cui vidi una foglia d'acero dondolare nell'aria fino a posarsi, dolcemente, sulla superficie delle acque.
Rimasi colpito dal fatto che quella leggera foglia dal colore intenso si posasse sull'acqua e immediatamente, dal punto in cui aveva toccato l'acqua, si allargasse una serie di piccole onde concentriche che, allontanandosi dalla foglia, finivano per fondersi con la grande massa d'acqua fino a svanire.
Fu da questa piccola osservazione che trovai la consapevolezza che ogni azione nella Realtà, sia quella volontaria che quella inconsapevole, provoca degli effetti sulla Realtà stessa.
Non che, a livello di esperienza di vita, questo concetto non mi appartenesse già: ogni freccia lanciata poteva essere causa di sopravvivenza per me stesso e per il mio popolo quando colpiva una preda, o causa di un periodo di fame quando il bersaglio non veniva colpito o sfuggiva ai cacciatori. Ma questa era una conoscenza pressoché istintiva, estremamente legata alle necessità primarie, quindi strettamente collegata all'attualità, senza possedere una vera e propria matrice filosofica.
L'osservazione della foglia che si posava sull'acqua, invece, mi offrì una visione più organica, svincolata da quello che voi siete abituati a chiamare Io, inserendola in un contesto più ampio che mi permetteva di concepire l'azione come un elemento unitario con la reazione che provocava e suggerendomi che quel piccolo accadimento, in fondo quasi insignificante, agiva non solo in quell'ambito circoscritto in cui avveniva quanto stavo osservando ma sull'intera Realtà, facendo nascere in me l'idea che l'azione è costituita e completata anche dal susseguirsi di una molteplicità di controreazioni i cui effetti si propagano nell'ambiente circostante.

La mia osservazione si ampliò il giorno in cui vidi una trota saltare nell'aria per ricadere nelle acque.
Notai che le onde concentriche create dalla ricaduta della trota erano di maggiore intensità rispetto a quelle provocate dalla foglia, e che si allargavano fino a una distanza maggiore, quasi al di là delle mie possibilità di visuale, prima che le acque del lago ritornassero totalmente al loro stato di relativa placidità.
Questa seconda osservazione mi avviò a comprendere che ogni azione ha controreazioni di intensità diversa a seconda dell'intensità dell'azione e che, di conseguenza, un'azione “forte” produce effetti “forti” che impattano con maggior forza sulla realtà con cui entrano in contatto, arrivando a ripercuotersi anche molto lontano dal centro dell'azione che li ha provocati. Così lontano, pensai io, che magari non ci si accorgerà neppure della totalità degli effetti che sono scaturiti in risposta all'azione.
Allora non potevo rendermi conto fino in fondo delle conseguenze di questi ragionamenti e neppure l'uomo di adesso, pur con la sua scienza e la sua conoscenza, mi sembra riesca davvero a rendersi veramente conto che la Realtà è davvero una cosa così complessa e unita che gli effetti messi in moto in una parte del pianeta possono arrivare a influire sul pianeta intero.

Se osservate le mie modeste intuizioni con quanto vi è stato insegnato dai Maestri, sono certo che vi accorgerete (cosa che a me, all'epoca, non è stato possibile fare, data la mia limitatezza) che avevo scoperto, senza saperli definire se non a livello intuitivo, la legge di causa/effetto e il concetto di vibrazione.

Il mio percorso su questa linea di pensiero, tuttavia, non si arrestò a questo punto, perché un altro momento di osservazione mi aiutò ad ampliare la mia percezione della realtà.
I tempi che vivevamo non erano tempi facili.
La stessa regione che abitavamo passava da estati lussureggianti, fatte di abbondanza, a inverni estremamente rigidi che, proprio per questo, limitava l'aumento della nostra popolazione malgrado riuscissimo a costruirci dei ripari e a provvedere delle scorte di cibo per le stagioni rigide.
Dopo l'inverno impietoso giungeva, accolta con grandi feste, la primavera rigogliosa e l'estate si riempiva dei giochi rumorosi dei bambini sulla riva del lago.

Credo che nessun bambino, di fronte a uno specchio d'acqua, grande o piccolo che sia, abbia mai potuto resistere nei millenni alla tentazione di tirare in acqua delle pietre, e neanche i cuccioli d'uomo che stavo osservando seppero resistere a tale tentazione e prima uno di loro, poi tutti quanti, incominciarono a tiare sassi nel lago.
Al mio sguardo osservatore la superficie dell'acqua incominciò a essere attraversata da un susseguirsi di increspature concentriche di diversa intensità, così non potei fare a meno di notare come quei cerchi cambiassero allorché venivano a contatto con un'altra serie di cerchi, ora contrastandosi, ora alimentandosi a vicenda, col risultato di tappezzare una porzione di superficie di increspature in movimento.
Fu un giorno in cui intuii molte cose: che le azioni di ogni uomo non sono importanti solo per colui che le compie, ma anche per chi viene raggiunto dai loro effetti sulla Realtà; che più numerose sono le azioni e gli uomini che le compiono più il loro effetto ha la possibilità di propagarsi; che l'azione di un uomo può essere smorzata e persino annullata dall'azione di un altro uomo, così come può, invece, essere resa più forte; che più uomini che agiscono nella stessa direzione creano effetti più ampi e intensi sulla Realtà ma capii anche che, infine, la Realtà, comunque, torna lentamente a ritrovare il suo equilibrio così come le acque del lago, esauriti gli effetti provocati dal lancio dei sassi ritornava alla sua condizione di placidità.
Ascoltando le Guide che con così tanto affetto e pazienza hanno cercato di spiegarvi la realtà globale in cui siete immersi, così spesso inconsapevolmente, mi sono reso conto che – anche se nel mio modo rudimentale – avevo incontrato concetti a cui voi ormai siete abituati: quello di vibrazione, di causa/effetto, di realtà unitaria, di tendenza della Realtà a ristabilire l'equilibrio e così via.
Ma non ero un filosofo, bensì un uomo che vedeva come i contrasti tra le nazioni di cui faceva parte, uniti alle difficoltà dell'esistenza che ognuno di noi incontrava, erodevano, poco alla volta, le possibilità di sopravvivenza dell'intero popolo Irochese, e che sperava di trovare le idee, le proposte giuste per cambiare quello che sembrava profilarsi ormai come un veloce avvio verso l'estinzione.
Non furono certamente soltanto le osservazioni che vi ho raccontato a indicarmi quella che poteva essere una via adatta a perseguire il mio scopo, tuttavia credo che mi abbiano fornito la base di essa, aiutandomi a trovare il modo di esprimere ai vari Consigli delle Nazioni la necessità di diventare una Nazione unica, agendo tutti assieme nella stessa direzione e con uno scopo comune, aiutato in questo da altre figure carismatiche che avevano fatte loro le mie “visioni”.
Riuscii a trasmettere le mie idee: forse fui bravo io nel farlo, forse furono bravi gli altri a capirmi, questo non ha una vera importanza nel tessuto della Realtà, se non per quello che riguarda il cammino individuale e le riflessioni che ogni uomo deve fare su se stesso e la purezza dei suoi intenti.
Comunque sia, il mio popolo rifiorì per molti anni, reso forte dalla pace tra le tribù e dall'intento comune, propagando le sue azioni per un grande territorio.
Poi, come spesso succede tra i popoli, con l'avvicendarsi di nuove generazioni le idee persero forza, le vibrazioni che provenivano dalle nuove popolazioni giunte dal mare si dimostrarono più forti e invasive delle stesse armi da fuoco e il nostro equilibrio si spezzò, le Nazioni si divisero e quello che era stato per decenni forte e unito divenne gradualmente di nuovo frantumato e debole: alla fine la vibrazione più grande, quella che dà forma alla Realtà, finì, come sempre, per ricostituire il suo equilibrio dinamico ricongiungendo tutti i percorsi tracciati alla trama del Disegno evolutivo. (Hiawatha)

Leggendo quanto è stato raccontato da chi mi ha preceduto non ho potuto fare a meno di fare alcune considerazioni che certamente credo - nel mio inguaribile ottimismo - sarete arrivati a fare anche tutti voi che leggete le nostre parole.
La prima cosa che mi è venuta alla memoria è stata un'osservazione fatta tanti anni fa, ovvero che si può arrivare a comprendere l'intera struttura della Realtà partendo da un qualsiasi elemento, fosse anche un minuscolo granello di sabbia.
Nel caso del nostro amico Irochese non è stato un granello di sabbia, bensì una foglia d'acero: cambiano gli elementi ma il risultato non cambia.
Non so con certezza quale sia stato il suo cammino successivo e se abbia portato avanti le sue riflessioni fino ad abbracciare anche il concetto di Dio riuscendo ad avvicinarsi alla concezione che a noi è ormai così abituale di un Tutto, Unico e Assoluto; tuttavia sono certo che se lo ha fatto avrà seguito - a modo suo, naturalmente - le stesse scoperte e considerazioni che abbiamo sperimentato tutti noi in questi anni cercando di seguire quanto suggerito dai nostri cari Maestri.

Ho anche trovato la conferma di quanta importanza rivesta l'esperienza nel processo di comprensione di ogni individuo incarnato: probabilmente senza aver avuto l'occasione di osservare quella foglia che si posava sull'acqua del lago in quel momento di particolare raccoglimento interiore, non avrebbe preso il via quel processo intuitivo che lo portò, alla fine, a influire sulla storia del suo popolo.

Mi sono sorte, poi, anche alcune riflessioni più inerenti agli ultimi insegnamenti e, in particolare, al concetto di simbolo e a quello di archetipo transitorio.
Come egli stesso afferma, non aveva, per cultura e tradizione, un grande patrimonio linguistico e culturale che gli permettesse di rendere sufficientemente chiare verbalmente le sue considerazioni da permettere di comunicarle agli altri nella loro complessità così distante dal pensiero “naturale” a cui erano abituati.
Suppongo, allora, che egli sia riuscito a farlo adoperando non semplicemente un linguaggio verbale, bensì adoperando il linguaggio fortemente simbolico che condivideva con il suo popolo grazie alla base costituita dal loro comune essere molto vicini alla natura e alle sue manifestazioni.
Nei secoli l'osservazione della natura è stata sempre il principale modo per cercare di avvicinarsi alla comprensione della Realtà, basta pensare allo sviluppo della prima filosofia greca in cui l'osservazione giocava un ruolo estremamente importante.
Questo non può significare altro, secondo me, che il linguaggio verbale è soltanto una piccola parte delle possibilità di comunicazione dell'individuo, il quale comunica in maniera più profonda e completa con gli altri attraverso una somma di differenti gruppi simbolici, dal linguaggio al comportamento, dalla mimica all'espressione delle emozioni e via dicendo. Ovviamente la base simbolica, per poter essere trasmessa deve essere comune (sapete certamente che è possibile comunicare con le persone sordomute attraverso il solo linguaggio dei gesti e della mimica facciale, riuscendo a trasmettere discorsi ed emozioni anche profondi e complessi), e quale maggiore base comune può esserci dell'avere attraversato nel corso della propria vita lo stesso tipo di esperienze di altri individui?
Ecco, quindi, un altro indizio su quanta importanza abbia l'esperienza terrena per la possibilità di allargamento della coscienza individuale.

Ho notato, inoltre, che non sembra egli si sia avvicinato a comprendere altri elementi importanti dell'insegnamento delle Guide, come ad esempio, l'esistenza degli archetipi transitori (almeno nella fase della sua vita che ha voluto condividere con tutti noi).
Ma a noi che conosciamo questo concetto, dovrebbe risultare evidente che il sorgere, lo svilupparsi, il progredire delle sue riflessioni e il trasmetterle ad altri ha portato proprio alla creazione di un archetipo transitorio riguardante l'intera popolazione Irochese. Come si capisce dalle sue parole l'archetipo è stato sperimentato e poi, a mano a mano che le persone ad esso collegate se ne staccavano per aver compiuto il loro ciclo di sperimentazione, si è sciolto, sotto la spinta dell'aderenza ad archetipi diversi e più adeguati all'evoluzione delle nuove individualità incarnate. (Ombra)

Lasciamo in sottofondo quanto è stato detto fino a questo punto e ritorniamo in maniera più specifica ad occuparci di quello che concerne il karma.

Da quello che abbiamo detto in precedenza si evince, mi sembra in maniera chiara, che il karma non è da considerarsi come un meccanismo punitivo (o premiante) nei confronti dell'essere incarnato, ma che si tratta di un meccanismo per aiutare la comprensione dell'individuo mettendogli a disposizione dei binari di esperienza, conseguenti ai suoi comportamenti sbagliati a causa delle comprensioni non ancora raggiunte, lungo i quali sperimentare sulla sua pelle gli effetti che quei comportamenti hanno provocato e, da questa sperimentazione, trarre un allargamento del suo sentire.
In conseguenza di questa considerazione mi sembra che risulti evidente il fatto che attribuire la connotazione di “positivo” o “negativo” a un karma non rientri in un ragionamento obiettivo e correttamente logico dell'argomento, a meno che tali connotazioni non vengano attribuite dal punto di osservazione della dualità, ovvero dell'individuo incarnato e che, comunque, tali attribuzioni in realtà riguardano – come avevamo sottolineato in precedenza – non il karma in se stesso, bensì la valutazione degli effetti che esso provoca nella vita dell'individuo su cui agisce.
Dal momento che non è nostro principale interesse approfondire un'eventuale aspetto etico/morale del concetto di karma, cosa già fatta abbondantemente in precedenza, nei primi anni del Cerchio, quando l'insegnamento etico/morale era il nostro intento principale, bensì quello di cercare di comprendere le sue meccaniche e quali conseguenze la sua attività abbia sulla Realtà.

Ma quali sono i punti di fissi imprescindibili da cui partire nella nostra analisi?

Il primo punto è che il karma, come, d'altra parte, ogni elemento del Cosmo, può essere osservato come una vibrazione: il sistema causa/effetto o, se preferite azione/reazione, sta alla base dello sviluppo del karma e indica chiaramente che esso si propaga nella Realtà con un andamento che investe gli elementi con cui entra in contatto, trasmettendo ad essi la sua vibrazione naturale e influendo, conseguentemente, sul loro assetto vibratorio, dando vita al processo che voi potete individuare, nelle sue conseguenze, come causa/effetto o azione/reazione.
Quello che potrebbe non essere ben chiaro a tutti voi è il modo in cui il karma nasce, cos'è che lo mette in moto e che gli infonde la vibrazione di partenza con le sue particolari caratteristiche che portano a trasmettersi in azione e reazione sul piano fisico, dando il via a quello che può essere definito il percorso che compie il karma nel suo viaggio circolare.
Il karma è uno strumento evolutivo e, di conseguenza, ha un unico scopo da cui non può deviare: quello di aiutare l'individuo incarnato ad ampliare la propria comprensione e, contemporaneamente, la propria evoluzione. Ecco che, allora, mi sembra risulti lampante che ciò che mette in moto il processo karmico è la presenza di una o molteplici incomprensioni all'interno del corpo akasico dell'individuo: è da esso che parte la richiesta di dati che, decodificata nel passare attraverso le materie dei vari corpi, porta alla manifestazione concreta all'interno del piano fisico dell'azione che smuove le energie e dà il via alla sequenza karmica, alimentata dai continui aggiustamenti e modifiche che il sentire dell'individuo subisce grazie al continuo e ininterrotto flusso di richieste akasiche che percorrono il percorso circolare delle energie che attraversano il piccolo ciclo akasico/fisico e ritorno. Si può dire, con una certa ragione, che da questa immagine scaturisce una visione dell'individuo incarnato con la doppia funzione di attore e regista di quello che si trova a vivere, anche se inconsapevole di quanto accade al suo interno al punto di riuscire difficilmente ad accettare di essere lui stesso e non gli altri e ciò che a lui è esterno la principale ragione della sua sofferenza.
Ovviamente, non ho parlato a caso di “viaggio circolare” o ho citato il piccolo ciclo akasico/fisico del microcosmo individuo incarnato!
Infatti, mi sembra possa risultare piuttosto chiaro che, per sua stessa natura e definizione, il karma, nell'esplicare le sue funzioni, non possa che compiere un percorso circolare, un ciclo: la vibrazione messa in atto nell'azione si propaga nella Realtà (come i cerchi sulla superficie del lago dell'amico Hiawatha) provocando una catena di effetti che investono la materia circostante di chi compie l'azione, e questi effetti trovano solitamente il loro normale riequilibrio vibrazionale nel momento in cui essi si riflettono come conseguenza dell'azione di partenza dell'individuo sull'individuo stesso.
Sembra una cosa complicata da capire, ma in realtà è semplicissima, direi quasi banale e, inoltre, facilmente individuabile anche dal punto di vista della vostra osservazione quotidiana.

Proviamo, comunque, a chiarircela con un esempio estremo.
Supponiamo di osservare un individuo che non ha ancora compreso che non si deve uccidere un'altra creatura e che, per questo motivo e quale sia la concatenazione di avvenimenti che l'ha portato fino a quel punto, spara a un'altra persona, uccidendola.
L'azione che ha compiuto mette in moto una vibrazione karmica che si allarga all'intorno, provocando delle reazioni conseguenti.
A mano a mano che gli effetti si evidenziano (ricordiamoci che anche gli effetti sono riconducibili, alla fin fine, a movimenti vibratori) si propagano a loro volta, arrivando a riflettersi anche sull'individuo che ha dato il via al processo karmico. Questi subirà, allora, il ritorno su se stesso della sua azione: dall'osservazione del sangue della vittima e del suo cadere a terra priva di vita, alle reazioni delle persone che, magari, hanno assistito al fatto e, allontanandoci dal ristretto ambito della scena del delitto, al suo comparire sui mezzi di comunicazione, alle reazioni della famiglia della vittima e a quella della società (e questo punto dovrebbe indurvi a sospettare che esiste anche un legame di qualche tipo tra karma e archetipi transitori... ma ne parleremo più avanti, se l'Assoluto ce lo renderà possibile) in cui si trova inserito.
Ecco, quindi, che è possibile individuare la circolarità del percorso karmico, circolarità che fa capo ad una mancanza di comprensione adeguata nel suo corpo akasico per ritornare ad esso portando nuovi elementi che aiuteranno l'individuo a comprendere, quanto meno parzialmente se non totalmente, che togliere la vita a un'altra creatura non è in armonia con i dettami della Vibrazione Prima (e, come vedete, sono riuscito a evitare bellamente di dare un'attribuzione di “giusto” o sbagliato” all'azione commessa dato che, come avevo detto in precedenza, non stiamo facendo le nostre osservazioni preoccupandoci del punto di vista etico/morale!).
Certo, il discorso che ho fatto fino a questo punto è limitato alla visione del karma strettamente riferito alle azioni di un individuo, lasciando volutamente da parte la visione più ampia che può essere costituita dal concetto di karma collettivo; ed è limitato, anche, al microcosmo umano... ma ci sarà il tempo, anche, per osservare il karma in ambiente macrocosmico: abbiate pazienza.

Un altro punto imprescindibile è costituito dal concetto di equilibrio.

Sappiamo che l'intera Realtà tende, in presenza di scompensi vibratori più o meno ampi, a cercare di ripristinare – adeguandosi ai dettami generatori della Vibrazione Prima – l'equilibrio vibratorio presente al suo interno. E questo è valido e vero su molti livelli.
Pensate a quello che accade nel vostro corpo fisico: nel momento stesso in cui, per fare ancora una volta un esempio, vi fate un piccolo taglio su un dito, immediatamente si mettono in moto le difese del vostro corpo fisico attivandone, per esempio, le varie reazioni immunitarie e cercando di compensare il più velocemente possibile lo squilibrio che avete subito nella vostra materia in seguito al taglio che ha leso i tessuti. E non solo: contemporaneamente il propagarsi delle vibrazioni inerenti l'accadimento porta, inevitabilmente a ripercussioni anche sugli altri corpi dell'individuo provocando uno scompenso, anche se di lieve entità, sul corpo delle emozioni e su quello del pensiero. La tendenza al riequilibrio energetico porta, alla fine, a una compensazione delle varie vibrazioni dissonanti che si sono create con la messa in atto di altre vibrazioni compensative che indicano la presenza in tutti i corpi transitori, e non solo in quello fisico, di difese immunitarie: la percezione del dolore viene diminuita e le reazioni emotive che l'incidente può aver indotto vengono calmierate dalla costituzione di un nuovo equilibrio astrale; allo stesso modo i pensieri malevoli che magari avrete fatto sulla vostra imperizia... o, vista la presenza dell'Io, molto più probabilmente - sempre che non riusciate ad attribuire a qualcun altro la responsabilità dell'accaduto - alla sfortuna, se non addirittura a un Dio se non malevolo quanto meno dispettoso in maniera irritante, troveranno il loro compenso attraverso l'emissione di vibrazioni mentali, quali, ad esempio, la razionalizzazione e la constatazione che quanto vi è successo è veramente, in fondo, proprio una cosa di poco conto.

Una domanda interessante e legittima che ci si può porre è la seguente: “Ma che cosa accade se le energie messe in moto sono tali per cui le risorse presenti nel corpo fisico che tendono all'equilibrio non riescono a ristabilirlo completamente?”.
Non è una domanda sciocca, anzi, è una domanda la cui risposta riveste molta importanza per gli argomenti che stiamo trattando.
Vediamo di chiarire meno superficialmente come avviene il riequilibrio in questo caso, cercando di semplificare al massimo questo processo, in maniera che vi possa risultare più abbordabile.
Vedete, creature mie, la Realtà è strutturata in maniera tale da cercare di mettere in atto i suoi meccanismi sempre nel modo più diretto possibile, seguendo il concetto di economia delle cause. Questo non avviene per un capriccio o per un vezzo dell'Assoluto, ma ha una sua necessità logica: più immediata, diretta e semplice è l'azione che viene attuata, meno energie vengono messe in moto, minori sono i fattori in gioco e, di conseguenza, il numero di compensazioni che c'è necessità che vengano messe in atto risulta meno ampio.
Così, esaminando quanto accade durante uno squilibrio che colpisce un essere incarnato in qualche sua componente, il modo per compensare lo squilibrio presente viene cercato per prima cosa tra le vibrazioni che appartengono ai corpi dell'individuo portando a un nuovo equilibro vibrazionale tra i corpi dell'individuo e, come avevamo visto in passato, questo nuovo equilibrio si va a costituire grazie al processo akasico/esperienza (quindi al processo evolutivo e di comprensione) che porta modifiche enegetiche in ognuno dei corpi costituenti l'incarnato, ricreando la situazione di equilibrio.
Se vi sono vibrazioni che non trovano un'adeguata compensazione, ecco che il raggio di ricerca della compensazione si allarga arrivando a comprendere l'individualità nella sua interezza. Questo significa che il primo riequilibrio delle energie trova, nella maggior parte delle situazioni, una sua soluzione già nel piccolo ciclo dell'uomo incarnato che va dal suo corpo akasico all'azione sul piano fisico per ritornare all'akasico, e questo avviene grazie ai nuovi elementi di comprensione raggiunti con l'esperienza.
Questo tipo di karma, che potremmo definire “immediato” o “istantaneo” accompagna la vostra intera esistenza e, per essere risolto, quasi sempre basta la vostra osservazione degli effetti che, con le vostre azioni, avete provocato su voi stessi o sugli altri e delle reazioni che scaturiscono intorno a voi a seguito di ciò che avete compiuto (o che avete evitato di compiere, naturalmente).
Per riuscire a comprendere la domanda che ci eravamo posti, ovvero cosa succede quando le energie messe in moto eccedono le possibilità di riequilibrio all'interno del ciclo individuale corpo akasico/esperienza sono necessarie alcune ulteriori considerazioni, senza le quali sarebbe impossibile, per voi, vedere un percorso logico e consequenziale in quanto vi sto cercando di spiegare.

Sono certo che, travolti dalle molte parole che vi abbiamo portato in questi ultimi tempi, avete un po' perso di vista il vostro corpo akasico... magari finendo con il considerarlo in maniera difettosa, certamente anche in conseguenza del fatto che, in realtà, non ci siamo mai soffermati in maniera un po' più dettagliata e organica su questo elemento vitale per lo sviluppo del vostro processo evolutivo, finendo con il tenere presente e citare principalmente un concetto, ovvero che il vostro corpo akasico è il punto di passaggio delle vostre comprensioni e incomprensioni e che la sua funzione è quella di raccogliere i dati al fine di permettervi di ampliare il vostro sentire.
Per carità, tutto questo è vero e giusto, ma è soltanto una frazione di quello che è il corpo akasico e di come esso è inserito nella realtà non soltanto dell'individuo con il suo percorso reincarnativo ma nell'intera Realtà cosmica.
Senza entrare eccessivamente in dettaglio – non per tenervi all'oscuro di chissà quali segreti ma per non seppellire la vostra possibilità di comprensione sotto una massa di dati che, nello specifico, non hanno un'importanza precipua – riportiamo alla memoria quanto abbiamo detto in passato sui corpi dell'individuo e la loro composizione fatta di sette sottopiani.
La funzione che riguarda il riequilibrio del karma “istantaneo” è espletata dai piani inferiori del corpo akasico, quelli più vicini ai corpi transitori come tipo di materia e con i quali sono a più immediato contatto e, di conseguenza, a più immediata comunicazione e decodifica.
Alcuni dei piani superiori, invece, sono quelli in cui vengono fissati gli elementi di comprensione via via raggiunti.
E' in essi che avviene quella fusione di sentire che avevamo definito scherzosamente “ciccioni” o, più seriamente, “isole akasiche”, ovvero quelle porzioni di sentire definitivamente raggiunto dai singoli individui che riescono, grazie alle vibrazioni analoghe conseguite dai corpi akasici dalle altre individualità con cui compiono il loro percorso evolutivo, a comunicare tra di loro, intrecciandosi in maniera compatta e via via più importante a mano a mano che un numero sempre più esteso di individui riesce a raggiungere le stesse comprensioni (non so se questo discorso ha fatto scattare in voi un richiamo al famoso detto “così in alto, così in basso”... se così non fosse vi aiuto a riportarlo alla vostra memoria, suggerendovi che questo tipo di collegamento è, nelle sue meccaniche, molto vicino a quello che, come abbiamo visto in passato, porta alla costituzione degli archetipi transitori).
E' proprio grazie a questi collegamenti di sentire tra gli appartenenti a un'isola akasica che il riequilibrio karmico, ove non venisse ristabilito nella maniera più semplice e diretta che abbiamo descritto in precedenza osservando il meccanismo di messa in atto del “karma istantaneo”, ha la possibilità di cercare altre vie per il riequilibrarsi dei meccanismi causa/effetto, azione/reazione e, quindi, delle energie messe in moto con l'effettuarsi dell'azione karmica.
Ovviamente questo discorso non può che stimolare nuovi argomenti e, di conseguenza, nuove domande ma ritengo che, a questo punto, le vostre individuali capacità di assorbimento siano arrivate al limite, quindi vedremo di affrontare più avanti le nuove possibilità di comprensione della propagazione del meccanismo karmico che si vanno prospettando e che ci porteranno a una maggiore chiarificazione di concetti magari appena accennati.
Così ci troveremo in particolare a parlare del cosiddetto “karma positivo” e della sua funzione, del karma collettivo e del suo rapporto con gli archetipi transitori, dei Maestri del karma e del loro compito di regolare l'equilibrio karmico e, infine, argomento a cui più ci interessava arrivare nel percorso che stiamo approfondendo in questo karma e, infine, il rapporto tra karma e somatismi (sempre che esista, anche se mi sembra evidente che debba esistere, dal momento che la leva di Archimede sia del karma che dei somatismi è individuabile nell'elemento che li accomuna, ovvero la necessità di ampliare la comprensione e, di conseguenza, il sentire.(Scifo)




 
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