Incontro di gennaio con le Guide, 14 gennaio 2015 - Moti, Rodolfo, Vito, Scifo, Ombra, Andrea, Fabius

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Moderatore sez. Messaggi
view post Posted on 14/1/2015, 10:55




La pace sia con tutti voi, figli carissimi.
Iniziamo - ancora una volta assieme, in questo contatto tra mondo fisico e mondo ultrafisico - un nuovo anno che, certamente, non sarà un anno molto facile un po' per tutti e a tutti i livelli: la popolazione mondiale, infatti, deve affrontare, un po' dovunque sul pianeta intero, i problemi che ha preferito ignorare per molto tempo, scegliendo di rivolgere la propria attenzione su quelle che sono le più immediate soddisfazioni e gratificazioni materiali, trascurando gli aspetti etici, morali e, genericamente, più spirituali che accompagnano il suo percorso all'interno del piano fisico.
Questo atteggiamento ha portato a uno squilibrio tra i processi che sono intessuti nel percorso evolutivo della razza umana e che gli forniscono il necessario impulso evolutivo e, come ben sapete, gli squilibri, proprio a causa della struttura stessa del Cosmo, devono necessariamente tendere verso un riequilibrarsi dei processi, in maniera tale che non solo il singolo individuo incarnato bensì l'intera popolazione incarnata possa avanzare in maniera il più comune possibile lungo il cammino verso il compimento del percorso evolutivo che la razza, nella sua totalità, deve compiere.
In fondo ci troviamo, ancora una volta, dinnanzi al concetto del “così in alto, così in basso” e gli stessi processi che si manifestano nel percorso di vita dell'individuo possono essere ritrovati a livello macroscopico nell'intera razza umana.
Voi sapete, figli nostri, per averlo sperimentato quotidianamente nel corso della vostre vite, che, quando non volete affrontare le vostre incomprensioni, l'esistenza prima o poi vi costringerà a farlo, ponendovi davanti a esperienze che, insistentemente, richiederanno la vostra attenzione e vi spingeranno a porre una maggiore attenzione sul vostro rapporto con la realtà fisica in cui siete immersi, inducendovi a valutare le vostre reazioni, i vostri comportamenti, le vostre inadeguate comprensioni segnalandovi, tramite le esperienze che via via vi sottopone, in che direzione dovete volgere il vostro sguardo per stemperare il vostro disagio interiore con la finalità di aiutarvi a raggiungere l'acquisizione di quella comprensione che, sola, può farvi ritrovare quella situazione di equilibrio che definite come “pace interiore” dalla quale ripartire per edificare un ulteriore tassello del vostro percorso.
Allo stesso modo, e con le stesse modalità, in fondo, l'esistenza pone sul percorso dell'umanità e della sua coscienza complessiva dei segnali di allerta, indicatori delle comprensioni che essa deve ancora acquisire, anche se, magari, solo per sfumature: i focolai di guerra e di violenza, gli squilibri economici tra i diversi strati sociali delle popolazioni, l'incapacità di accettare veramente una teorica diversità tra religioni, il giudizio basato sul colore della pelle o sull'orientamento sessuale degli individui che danno impulso a reazioni di intolleranza e di razzismo più o meno appariscente, il culto del superfluo, del protagonismo e del possesso materiale, l'allentarsi dei legami familiari non sostituiti da altri valori compensatori che portano verso lo sgretolamento del tessuto sociale sono, nel loro complesso, le indicazioni che l'esistenza offre a un'umanità che sembra aver perso di vista la sua interiorità, aggrappandosi al proprio Io per non riflettere veramente su se stessa e le sue reali necessità.
Nell'individuo un tale squilibrio porta, come sappiamo, alla formazione di quelli che abbiamo definito “somatismi” e lo stesso avviene all'interno dell'umanità il cui corpo manifesta sintomi somatici evidenti degli squilibri e delle sofferenze che si manifestano nelle ondate di intolleranza, nei tentativi di prevaricazione, negli scoppi improvvisi di violenza individuale.
Quanto vi sto dicendo, figli nostri, non è la descrizione di un fosco quadro, rappresentativo di un domani privo di speranza, bensì la constatazione di quella che sembra essere la realtà del momento attuale dell'uomo, e non vuole avviarvi lungo la strada che porta all'estraniamento e all'indifferenza ma, invece, vuole ricordarvi che potete (e dovete) cambiare le cose, perché siete proprio voi, uno per uno, che avete la possibilità di farlo.
Come abbiamo detto spesso, nei decenni, i cambiamenti devono avvenire prima all'interno del singolo individuo, arrivando a manifestarsi non più solo come un atteggiamento bensì come un sentire, ovvero come qualche cosa che è ormai acquisito e dal quale non è mai possibile discostarsi veramente perché è diventato parte inalienabile del vostro modo di essere e di rapportarvi con la realtà.
Il migliore augurio che possiamo farvi per questo nuovo anno è quello di riuscire, ognuno di voi e in prima persona, a ritrovare il giusto equilibrio fra le vostre esigenze materiali e il vostro sentire, tra ciò che volete per voi stessi e ciò che potete volere per gli altri, tra ciò che è veramente importante per la vostra coscienza e ciò che non è altro che illusorio benessere e caducità.
Il mondo ha bisogno di voi così come voi avete bisogno del mondo.
Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini. (Moti)

Ed eccoci, adesso, alle vostre domande! (Gneus)

D - E' possibile che l'illusione venga usata dall'Io (oltre che per i suoi intenti) anche proprio come meccanismo di difesa?

Non c'è dubbio che l'illusione sia un meccanismo di difesa messo in atto dall'Io per cercare di non soffrire e potete rendervene conto se soltanto vi soffermate per qualche attimo, nel momento in cui cade una vostra illusione, ad osservarla il più obiettivamente possibile, anche solo domandandovi semplicemente per quale motivo vi eravate illusi. Vi renderete immediatamente conto, così, che quello che il vostro Io stava cercando di fare, immergendosi nell'illusione, era proprio il tentativo di non affrontare delle piccole o grandi realtà che non volevate accettare. Certo, l'Io ha poi adoperato l'illusione per ottenere per sé dei teorici vantaggi personali, ma anche questo, in fondo, non è altro che un corollario dell'illusione e, di conseguenza, illusione essa stessa.
Abbiamo definito sovente l'Io come “illusorio”, in quanto non ha un'esistenza reale ma è un'apparente realtà in cui viene personalizzato un processo attribuendogli lo status di entità reale.

D - Oggi, con tutte le informazioni in più che abbiamo come possiamo fare un salto di qualità in una comunicazione, personale, tra noi e il nostro (Sé) o coscienza, come arrivare a rendere funzionale l’Io in questa comunicazione?

Il vostro Io è il processo di interfaccia tra voi e la realtà in cui siete immersi: è attraverso ad esso che si manifestano le vostre azioni e reazioni nel confronto delle esperienze di vita che affrontate ed è grazie a tale processo che avete la possibilità, mediante l'osservazione di voi stessi, di acquisire elementi di comprensione e, quindi, di ampliare la vostra coscienza: il fatto che sia il vostro Io, cioè l'illusione, a muovere il vostro interagire con la realtà che vivete, non significa che, comunque, dal vostro vivere l'illusione non possiate trarre comprensione, anche perché, per chi vive all'interno dell'illusione, l'illusione appare e viene vissuta come reale.
Il concetto essenziale è che l'importanza primaria non deve essere data all'avvenimento che vivete e a cui reagite, bensì al modo in cui lo vivete e in cui reagite ad esso, dal momento che il vostro modo di vivere e di reagire è strutturato sul patrimonio di comprensioni raggiunte che avete al vostro interno e sull'insieme delle incomprensioni non ancora risolte che vi portate appresso vita dopo vita, cosicché la vostra reazione all'illusione finisce col diventare, alla resa dei conti, uno strumento di estrema importanza per ogni individuo.

D - Come si può affinare l’interpretazione dei simboli in una comunicazione, quando si è bersagliati da una quantità di percezioni soggettive, che ci arrivano attraverso i gesti, le espressioni del volto, i toni, la voglia di saltare alle conclusioni, l’interrompere, quando manca il feedback?

Quando comunicate con un'altra persona la comunicazione reciproca avviene attraverso gli stessi meccanismi, principalmente governati dalla percezione soggettiva di ognuna delle persone che stanno comunicando. Il fatto che la comunicazione avvenga, apparentemente essenzialmente attraverso il linguaggio sembra significare che le persone interessate alla comunicazione stiano interagendo sulla base di un tessuto simbolico comune.
In parte questo è vero: quando parlate, nel frattempo pensate e sia le vostre parole che buona parte del vostro pensiero sono collegate al linguaggio che state usando, il quale adopera, solitamente, un insieme di simboli più o meno complessi che, tuttavia, formano un terreno comune su cui i dialoganti possono confrontarsi e interagire.
Tuttavia limitare la comunicazione tra individui a questo aspetto della comunicazione costituisce una semplificazione molto accentuata, perché i livelli di comunicazione sono molti di più di quelli forniti dal solo uso del linguaggio: se ci si basasse solamente sul linguaggio, allora bisognerebbe dire che tra l'adulto e il bambino piccolo non è possibile alcuna comunicazione, dal momento che questi non ha ancora acquisito adeguatamente il simbolismo linguistico adoperato nell'area socio-ambientale in cui è nato.
E' invece evidente che, per esempio, tra madre e neonato ci sono forme di comunicazione diverse da quella linguistica e che essa avviene, ad esempio, attraverso a comunicazioni di tipo sensoriale (la carezza, il sorriso, il pianto e via dicendo) ma anche, aggiungo io, tra il passaggio di informazioni che avviene nel momento in cui le atmosfere della madre e del bimbo vengono a contatto.
Anche quando parlano due adulti, d'altra parte, la comunicazione non avviene mai solamente per via linguistica, ma entrano in gioco altre forme di comunicazione complementari quali il tono di voce, le espressioni mimiche e facciali e via dicendo.
Senza dubbio il simbolismo adoperato nella comunicazione tra due individui non è mai perfettamente identico, dal momento che le percezioni soggettive delle due persone in questione sono dettate dal loro percorso evolutivo, dai loro bisogni e dalle loro comprensioni che non collimano mai in maniera completa.
Malgrado questi elementi che sembrerebbero inficiare una reale possibilità di comunicazione tra individui la comunicazione avviene, anche se interpretata soggettivamente da ogni persona, e questo perché, in realtà, la vera comunicazione è quella che si effettua a livello di sentire, all'interno del quale il simbolismo non è più soggettivo ma ha valore universale, dato che il vocabolario adoperato fa riferimento alla trasmissione dei simboli effettuata dagli Archetipi Permanenti.

D - Come si può quindi arrivare a comunicare, attraverso il simbolo, tentare di arrivare ad una comunicazione soddisfacente che ci fa sentire capiti e ci fa sentire di capire l’altro, superando le barriere delle percezioni soggettive?

Quasi sempre il sentirsi veramente capiti o la sensazione di capire davvero l'altro è una condizione resa possibile proprio grazie alla comunicazione simbolica dei sentire cui accennavo rispondendo alla domanda precedente, anche se bisogna anche sottolineare che, frequentemente, l'idea di sentirsi capiti o di capire l'altro è più un'illusione messa in essere dall'Io che una realtà.

D - Può essere che nella comunicazione invece noi mettiamo sempre più attenzione a ciò che stiamo dicendo noi, rispetto al contenuto che ci viene trasmesso dall'altro?

Non è possibile generalizzare una tale questione: la nostra attenzione è variabile quasi sempre non in base a quanto stiamo dicendo noi o sta dicendo l'altro, ma sulla base che quanto viene detto sia più o meno soddisfacente per il nostro Io.

D - Se l'Archetipo Transitorio è un condizionamento a tutti gli effetti (e quindi anche per quello che riguarda anche la sua decodificazione) quest'ultima non può avvenire che per gradi visto la duplice spinta di questo fattore (da una parte il sentire che tenta la decodifica, dall'altra l'archetipo che condiziona l'Io dell'individuo di essere nel giusto) e questo spiega la scala valore di cui è composto l'archetipo stesso, da un vissuto grezzo dell'archetipo, ad una sempre più sottile interpretazione fino alla sua decodifica totale e abbandono dell'archetipo stesso?

Sì, direi che può essere un punto di osservazione condivisibile.

D - Da dove parte l'input per la differenziazione, o per cambiare l'informazione che porterà alla nascita dei somatismi che ci fanno tanto soffrire?

La causa dell'insorgere dei somatismi è e resta sempre e comunque un qualche tipo di incomprensione, ovvero di disarmonia tra le vibrazioni del sentire dell'individuo e le vibrazioni immesse nel Cosmo dalla Vibrazione Prima attraverso le “regole” evolutive segnalate come punto di arrivo ideale dell'evoluzione sia dell'individuo che dell'intera razza umana.
Se vogliamo individuare il punto di partenza che dà il via al processo che porterà alla formazione dei somatismi possiamo individuarlo nel momento in cui il corpo akasico confronta le sue vibrazioni con quelle che gli provengono come modello dagli Archetipi Permanenti: le dissonanze presenti tra i due tipi di vibrazione segnalano la presenza di un'incomprensione e danno il via alle richieste di ulteriori elementi, tramite l'esperienza sul piano fisico, che possano aggiornare il complesso vibratorio del corpo akasico cercando di farlo corrispondere a quello proposto dagli Archetipi Permanenti.

D - Il sentire acquisito di un individuo è l'espressione esatta della comunicazione simbolica della Vibrazione Prima mediata dagli Archetipi Permanenti? Oppure è il massimo di decodifica che quell'individuo può attuare al suo livello evolutivo?

Come si può dedurre da quanto ho detto al punto precedente, fino a quando l'individuo non ha terminato il suo percorso evolutivo non sarà in grado di recepire, interpretare e fare sua in maniera completa ed esatta ciò che gli Archetipi Permanenti codificano come modelli all'interno del Cosmo.
Questo significa che la decodifica attuata dall'individuo è continuamente aggiornata nelle sue possibilità di decodifica, seguendo l'aggiornamento continuo delle comprensioni che il corpo akasico acquisisce via via che avanza nel suo stato evolutivo.

D - Quanta possibilità ha l'Io, e se soprattutto può averla, di stravolgere una decodifica abbastanza aderente alla realtà, e quindi a procurarsi dei somatismi più o meno gravi, ignorando la direttiva che arriva dal proprio sentire?

Se il sentire dell'individuo ha completato, in tutti i suoi aspetti, l'acquisizione di un particolare elemento del sentire l'Io è impossibilitato a mettere in atto la sua interpretazione soggettiva della realtà.
Non dimentichiamo, infatti, che all'interno dell'Io non esercitano la loro influenza solo le incomprensioni ma anche le comprensioni che l'individuo ha raggiunto e che le comprensioni veramente raggiunte non possono essere modificate ma sono un patrimonio acquisito e imprescindibile.
Certo, qualcuno di voi potrebbe obiettare che molte volte, pur avendo compreso qualche elemento fondamentale, tuttavia l'Io riesce a manipolarlo costruendosi una sua verità relativa ed egoistica. Ma questo accade perché l'elemento in questione non è stato ancora compreso in tutte le sue sfumature e, di conseguenza, esiste ancora la possibilità, per l'Io, di trovare qualche spiraglio per cercare di esercitare la sua influenza.

D - Il fatto che il nostro corpo akasico decodifichi i simboli sulla base del sentire acquisito e che questa decodifica passi ai corpi inferiori come se fosse dipendente da un sentire più limitato, che funzione ha?

La funzione è semplicemente quella di rendere dinamico il rapportarsi dell'individuo con la sua realtà interiore, altrimenti il sentire acquisito finirebbe per dare vita a un sistema estremamente rigido che non lascerebbe spazio per il completamento della comprensione nei suoi vari aspetti. (Rodolfo)

D - E' normale che la decodifica sia proporzionata sempre in base alla qualità della materia dei corpi, quindi quando l'Io frappone resistenza e si intestardisce, anche questo rientra nella normalità? O c'è la possibilità (nonostante i limiti sopracitati) di riuscire a cambiare ottica evitando cosi della sofferenza?

Il modo migliore per evitare gran parte della sofferenza che l'individuo avverte nel corso della sua vita è quello di cercare di seguire con attenzione, per quanto gli è possibile, ciò che gli detta il suo sentire acquisito invece che dare preminenza a quello che il suo Io desidera ottenere.
Se osservate il vostro vivere quotidiano vi renderete conto facilmente che molte delle vostre sofferenze nascono principalmente proprio dall'adeguarvi al vostro Io dando il via libera al suo desiderio di potere e di egocentrismo: il non possedere, per fare un esempio banale, l'ultimo modello di marchingegno telefonico, fa sorgere sofferenza nel vostro Io perché si sente in inferiorità rispetto agli altri più “alla moda”. Ma questa sofferenza può facilmente sparire se ponete attenzione al vostro sentire che vi sussurra che, sempre supponendo che per gli accadimenti della vostra vita ne abbiate veramente necessità, ciò che vi serve in quel momento contingente è un qualsiasi apparecchio telefonico, anche il più fuori moda, che vi possa aiutare a facilitare le vostre possibilità di comunicazione. (Vito)

D - Se io devo comprendere l’altruismo, può darsi che il tipo di energia di quell’incomprensione sia convogliato attraverso il chakra che sta pressappoco due dita sopra l’ombelico, quindi metterò in atto un somatismo che prende come organo bersaglio l’intestino, secondo i vari possibili livelli di intensità, dalla colite al tumore. Potrebbe andare?

Dando per veri - sia per farti piacere, sia perché il discorso diventerebbe troppo lungo e con troppi addentellati per essere discusso nel breve tempo concessoci in questo spazio limitato dedicato alle risposte ai vostri dubbi e ai vostri perché – i presupposti che hai prospettato il tipo di ragionamento che hai fatto sul percorso che porta l'incomprensione alla sua esteriorizzazione in un organo bersaglio direi che sono corretti.

D - Possiamo avere consapevolmente (sempre come individuo incarnato) qualche barlume della vibrazione simbolica emessa dalla vibrazione prima?

Ci mancherebbe altro che l'individuo incarnato non potesse in qualche modo avere dei “barlumi”, come dici tu, della vibrazione simbolica emessa dalla Vibrazione Prima: ogni più piccolo elemento acquisito dal vostro sentire è un barlume di tale vibrazione! Il fatto è che il corpo akasico ne è certamente consapevole, dal momento che è esso che esamina la consonanza tra le sue vibrazioni interne e quelle della Vibrazione Prima mentre la consapevolezza dell'individuo incarnata, essendo limitata e confusa dall'influenza dell'Io la percepisce quasi sempre soltanto in base alle reazioni di benessere e di equilibrio che l'incarnato avverte quando, spesso a dispetto de suo Io, agisce e reagisce in base al sentire che ha acquisito.

D - Se è vero che l’impostazione di base, nell’interazione individuo-ambiente, è il carattere e se è vero che, in questa interazione, l’attore, sul piano fisico, è la personalità, è anche vero che, lo strumento per percepire la realtà, è l’Io; senza l’Io, la personalità, sarebbe cieca. O no?

Non mi sembra il caso di far assumere anacronistiche caratteristiche antropomorfiche al concetto di personalità: non è vero che la personalità è l'attore sul piano fisico, tuttalpiù si può dire che la personalità e il tipo di recitazione che l'individuo mette in atto nell'interagire con la sua esperienza di vita.
Non sono del tutto convinto anche della tua affermazione che l'Io è lo strumento per percepire la realtà: se col termine realtà in questo caso intendi quella illusoria che percepisce l'Io posso anche concordare con te, ma se, invece, intendi la Realtà con la “R” maiuscola non è certamente l'Io lo strumento più adatto per recepirla correttamente.
Per non lasciarti passare proprio niente (d'altra parte non vorrei che lasciar passare un'inesattezza possa indurre in errate concezioni uno o più dei tuoi compagni di viaggio!) direi che sarebbe più giusto dire che senza la messa in atto del carattere nel campo dell'esperienza attraverso quelle personali azioni e reazioni individuali che abbiamo denominato personalità, l'Io non avrebbe modo di interagire con le situazioni che la vita sul piano fisico gli presenta. In definitiva e più semplicemente, Io e personalità sono strettamente collegati tra di loro e indispensabili per alimentare e regolamentare la loro espressione all'interno del mondo dell'esperienza.

D - Parlando dei piccoli cicli avete spiegato che la vibrazione continua a circolare all’interno dei corpi (astrale, mentale e fisico) fintanto che il corpo interessato non riesca a decodificare tale vibrazione permettendo il suo fluire al corpo successivo fino a manifestarsi sotto forma di espressione comportamentale all’interno dell’ambiente fisico. Ma, allora, le incomprensioni legate al corpo fisico riguardano delle espressioni comportamentali?

Incomincio ad avere dei dubbi sulla chiarezza della nostra esposizione in questi anni (nota la mia bontà nel non manifestare, invece, dubbi sulla vostra capacità di comprensione delle nostre parole)! Diciamo che, forse, ti sei espresso male e che volevi dire, invece, che le espressioni comportamentali messe in atto sul piano fisico riguardano, in gran parte, le incomprensioni che l'individuo ha al suo interno.

D - A cosa ci serve conoscere la nostra dotazione genetica?


Io capisco che il vostro Io si senta importante quando si addentra in argomenti come questi ma vi riporto subito con i piedi ben piantati sul terreno solido: conoscere la vostra dotazione genetica non vi serve proprio a nulla: anche supponendo che abbiate gli strumenti scientifici e la capacità reale di poterla conoscere, dal momento che persino la vostra scienza più avanzata sull'argomento non è che riesca ad andare più in là che su qualche supposizione riguardante magari qualche particolare segmento del codice genetico dell'individuo in che modo mai potreste adoperare questa conoscenza?
D'altra parte, come sapete, vi è una grossa differenza tra il conoscere e il comprendere e vi assicuro che la comprensione della dotazione genetica di ogni individuo è ancora per molto tempo al di fuori della portata della comprensione non solo dell'uomo comune ma anche dello scienziato più specializzato.

D - Come si fa a convincerci che ricercare la conoscenza di noi stessi porterà a maggiore serenità?

E' semplice, creature mie: osservando e tenendo sempre ben presenti tutti i momenti in cui avete compreso qualcosa di voi stessi e il momento di temporaneo sollievo dagli affanni, dalle incertezze e dal dolore che ne è sempre derivato. Cercate di ricordarvi quella sensazione: non è uno stato che vorreste fosse sempre presente in voi? E non pensate che valga sempre la pena di cercare di rendere un tale stato di piacevole equilibrio il più costante e duraturo possibile?
Troppo spesso, invece, preferite rivoltolarvi nell'infelicità piuttosto che cercare di ricordare cosa significhi essere felici e di provare a trattenere nel vostro intimo quella felicità da cui, se pur brevemente, talvolta siete stati riempiti.

D - Se sono le nostre incomprensioni che ci impediscono di applicarci con costanza alla conoscenza di noi stessi, allora finché non avremo compreso non riusciremo mai ad applicarci?


Ecco la condanna definitiva di ogni speranza sorretta da un'apparente processo logico: “siccome siamo portatori di incomprensioni che ci ostacolano nella conoscenza di noi stessi, non potremo mai conoscere veramente noi stessi finché non avremo compreso ma se non possiamo applicare su di noi il “conosci te stesso” non potremo comprendere e continueremo a girare in un circolo chiuso che non fornisce alcuna possibilità di raggiungere veramente il superamento delle incomprensioni”!
Fortunatamente il processo evolutivo dell'individuo non è lasciato in mano alla sola logica (specie quella dell'Io) ma è governato da strumenti e processi adoperati dalla Vibrazione Prima per strutturare il percorso evolutivo di ogni individuo, anche il più testone e refrattario al cambiamento, strumenti e processi che ormai conoscete per averne sentito parlare per quasi quarant'anni: l'esperienza, la vita sul piano fisico, il rapporto con le altre persone, il karma e, ultima spes (che in latino, per chi non l'avesse studiato significa “ultima speranza”) il dolore e la sofferenza. (Scifo)

D - Il collegamento ad un AT si esaurisce con la fine della vita o si riprende in una vita successiva finché non si è "sperimentato" tutto?

Certamente se nel corso di una vita non avete finito di sperimentare un Archetipo Transitorio (il che avviene quasi sempre) la sperimentazione continuerà in una o più vite successive.

D - Esiste un legame karmico precedente tra gli individui collegati ad uno stesso AT?


Il legame karmico derivante da esperienze comuni appartenenti a vite precedenti può essere il modo di presentarsi del collegamento fra gli individui ma ciò che costituisce, in realtà, il vero legame tra individui diversi è la presenza del bisogno di risolvere una comune incomprensione che non ha trovato soluzione nelle vite passate. Così come, d'altra parte esiste - anche se è meno strettamente collegabile agli Archetipi Transitori - il legame derivante dalla presenza, all'interno di due o più individui, dello stesso tipo di comprensione.

D - Ma come possono gli individui, dall’interno del piano fisico, influire sull’organizzazione della materia akasica, e quindi determinare la creazione degli AT? L’unica possibilità è che possano farlo attraverso i rispettivi corpi akasici, grazie al continuo flusso di dati che giungono dalle esperienze compiute nei piani inferiori (incarnazione). Dati che, secondo il processo “conoscenza – consapevolezza – comprensione” vanno poi ad ampliare il sentire individuale. Quindi il processo per la formazione degli AT passerebbe necessariamente attraverso i corpi akasici individuali.

A questo punto mi sembra che si renda necessario cercare di chiarire in maniera un po' più dettagliata come avviene la formazione degli Archetipi Transitori, in modo da non incorrere in concettualizzazioni errate, quale quella appena esposta che sembrerebbe attribuire al corpo akasico dell'individuo incarnato la capacità di creare gli Archetipi Transitori, in quanto così non è.
Per capire meglio questo aspetto della Realtà bisogna ragionare in termini di energia e, di conseguenza, di vibrazione.
Come sappiamo, l'intero Cosmo è formato e basa la sua esistenza sulla presenza e gli effetti innescati dall'attività vibratoria che lo pervade. Tale tessuto vibratorio porta le informazioni trasmesse dalla Vibrazione Prima in ogni singolo punto del Cosmo e, attraverso i processi di attrazione che permettono il costituirsi di fasci vibratori formati dai collegamenti vibrazionali tra vibrazioni che hanno onde vibratorie simili o complementari, creano delle zone vibratorialmente uniformi (con un processo che, se vogliamo, possiamo assimilare a quello che porta alla creazione delle cosiddette isole akasiche) che attraggono e consuonano con le vibrazioni singole che posseggono le stesse caratteristiche vibrazionali.
L'intero sistema - che esiste, come sappiamo, per compiere il disegno evolutivo interno al Cosmo - è alimentato e movimentato anche dal costante ampliarsi dei sentire degli individui incarnati che compiono le loro esperienze all'interno del piano fisico, modificando in questa maniera, non soltanto il corpo akasico di ogni individuo, ma anche i collegamenti vibrazionali interni al Cosmo, in concerto con l'ampliamento individuale dei sentire.
Gli Archetipi Transitori si formano e si strutturano come nuclei vibrazionali compatti e uniformi come tipo di vibrazione che attraggono verso il collegamento quei sentire individuali che posseggono qualità vibrazionali che trovano agganci con qualche aspetto vibratorio presente nel fascio di vibrazioni che li costituiscono.
Come potete dedurre, in questa maniera si viene a determinare l'aggancio del corpo akasico individuale in punti diversi del sistema vibratorio di ogni Archetipo Transitorio a seconda del tipo di vibrazione che il corpo akasico possiede, e questo, ovviamente, determina il percorso di sperimentazione dell'Archetipo Transitorio da parte dell'individuo, dal momento che, grazie all'esperienza, il suo corpo akasico modifica e struttura in maniera sempre più complessa e accurata le sue vibrazioni interne a mano a mano che acquisisce comprensione col procedere dell'esperienza percorrendo una sorta di cammino all'interno del complesso vibratorio che forma l'Archetipo Transitorio..
Quindi possiamo dire che la frase che hai usato (“il processo per la formazione degli AT passerebbe necessariamente attraverso i corpi akasici individuali”) può essere considerata anche giusta, ma è una risposta solo parziale alla questione: certamente i corpi akasici individuali hanno una loro influenza all'interno del ciclo Archetipo Transitorio/sperimentazione dell'Archetipo da parte dell'individuo, ma tale aspetto è la conseguenza di un processo molto più ampio e non la causa del processo stesso.

D - Se differenziamo il corpo akasico individuale dal sentire, la porzione di corpo akasico non ancora strutturata è da considerare "interna" o "esterna" al corpo akasico? (se non la "sente" è come se non gli appartenesse!) E quindi dove colloco gli AT: fuori dal sentire ma dentro il corpo akasico, o fuori dal sentire e fuori dal corpo akasico? (ma sul piano akasico esiste della materia al di fuori dei corpi akasici?)

Sulla base di quanto abbiamo appena considerato le domande poste diventano estremamente relative al punto di osservazione che si adopera per osservare la questione: dal punto di vista dell'individuo incarnato gli Archetipi Transitori cui egli è collegato sono parte integrante della struttura del suo corpo akasico e, quindi, in qualche modo interno ad esso, dal punto di vista, invece, dell'intero processo essi sono sì interni alla materia akasica ma, tuttavia, costituiscono un richiamo vibratorio esterno al corpo akasico dell'individuo.
In quanto alla domanda “se differenziamo il corpo akasico individuale dal sentire, la porzione di corpo akasico non ancora strutturata è da considerare "interna" o "esterna" al corpo akasico” credo che sia una domanda inficiata dalla considerazione che non è possibile né corretto differenziare il corpo akasico individuale dal sentire, in quanto sono da considerarsi due elementi inestricabilmente correlati e che, anche se a gradi diversi di strutturazione, sia la parte strutturata che quella ancora in via di strutturazione fanno parte comunque del corpo akasico dell'individuo.

D - Nel momento in cui nel corpo akasico, l'esperienza dell'individuo incarnato nel piano fisico, supererà tutte le sfumature legate a un specifico A.T. cosa succederà alle vibrazioni che legavano l'individuo al quel specifico A.T? Sarà a quel punto che entreranno in gioco le vibrazioni akasiche? Vibrazioni, che complete di quella particolare esperienza, verranno inviate ai corpi inferiori dell'individuo, e che andranno ad incidere o a modificarne la materia dei corpi inferiori?

Avevamo affermato che, quando ogni individuo collegato a un Archetipo Transitorio termina la sua sperimentazione si scollega da esso e, alla fine, l'Archetipo Transitorio perde il suo sostegno vibrazionale e cessa di esistere.
Questo concetto sembra un'apparente non-senso logico: verrebbe, infatti, da pensare che a mano a mano che l'individuo compie la sua sperimentazione dell'Archetipo Transitorio trovi sempre più collegamenti con le vibrazioni tipiche del fascio vibratorio dell'Archetipo e, di conseguenza, finisca con l'essere sempre più strettamente legato ad esso.
Bisogna, però, considerare che, in questa situazione, risulta essere determinante l'influenza dei bisogni del corpo akasico dell'individuo: dal momento che esso non ha più la necessità di acquisire ulteriori dati per la comprensione che ha raggiunto grazie alla sperimentazione di un particolare Archetipo Transitorio il corpo akasico dell'individuo non invia più vibrazioni di richiesta di informazioni e di dati su quel particolare aspetto della comprensione, rafforzando le richieste che riguardano altri aspetti del sentire ancora da strutturare. Venendo a mancare la richiesta e, quindi, perdendo forza vibrazionale rispetto a quel particolare aspetto della sperimentazione si viene a formare un collegamento tra Archetipo Transitorio e individuo in equilibrio (quindi più statico) e viene così a mancare la spinta al procedere nella sperimentazione che viene ad essere indirizzata in altre direzioni e verso un altro Archetipo che acquisisce preminenza.
Quando tutte le individualità non forniranno più all'Archetipo Transitorio la dinamicità che è la sua caratteristica principale e che tiene attivo il processo che ha portato alla sua formazione, esso non avrà più alcuna spinta e le sue vibrazioni ritorneranno ad essere parte indistinta del sistema vibrazionale interno al Cosmo.

D - Preconscio e inconscio sono uno stato, cioè un modo di percepirsi limitato, oppure una struttura, cioè una particolare organizzazione della materia?

Preconscio e inconscio sono indubbiamente frutto della percezione soggettiva dell'Io, quindi uno stato illusorio che contempla l'esistenza di una struttura e un'organizzazione della materia che, tuttavia, sono temporanee, e fortemente variabili e modulate dalla forza con cui l'Io attua la sua percezione soggettiva. (Ombra)

D - Se l'evoluzione delle coscienze porterà poco a poco a far sì che gli individui compiano sempre più azioni aderenti al proprio sentire e quindi "positive" in che modo la sua controparte negativa si manifesterà?

La spiegazione è, in fondo, abbastanza semplice se consideriamo il fatto che nel piano evolutivo del Cosmo è contemplata la presenza contemporanea di almeno due razze, che sono a diverso livello evolutivo: mentre una razza completa il suo sentire e, quindi, la sua manifestazione nel corso dell'esistenza sarà più aderente all'ampiezza di un sentire sempre più ampio e strutturato, la razza successiva deve compiere ancora il suo tragitto verso la comprensione e, quindi, il suo sentire limitato la porterà a commettere errori che la razza precedente non può più commettere, diventando così la portatrice di un “negatività” equilibrante la “positività” messa in campo dalla razza precedente. (Andrea)

Siamo così giunti, fratelli miei, alla fine anche di quest'incontro.
Ci auguriamo che i chiarimenti che vi abbiamo fornito vi siano risultati sia comprensibili che utili.
D'altra parte il Cerchio si avvicina ai quarant'anni di vita ed era bene approfittare di questo momento di “vecchiaia” per cercare di dare risposta ai piccoli o grandi dubbi che fino ad ora non era ancora stato possibile fornirvi.
E' stato certamente un lungo cammino quello che abbiamo percorso assieme a voi e abbiamo visto molti di voi transitare attraverso le varie fasi che l'uomo percorre, dall'adolescenza alla maturità fino a giungere, per molti di voi, sulla soglia della vecchiaia!
Alcuni tra voi ultimamente sono venuti a trovarci avendo terminato il loro percorso di vita (così come, d'altro canto, alcuni tra noi, recentemente, si sono incarnati tra di voi approfittando delle diverse nascite avvenute all'interno del Cerchio).
Noi li abbiamo accolti, accompagnati e stretti a noi, rivivificando l'affetto che in tutti questi lunghi vostri anni ci hanno visti al vostro fianco, felici ad ogni vostra nuova conquista interiore, orgogliosi per ogni vostro momento di altruismo, di comunione, di condivisione con chi vi è stato accanto nei vostri giorni terreni.
Altri, inevitabilmente, col passare del tempo ci raggiungeranno: il ciclo delle nascite e delle morti non si può contrastare, così come non è possibile cambiare l'ordine naturale delle cose, e ancora una volta noi saremo ad accoglierli tra le nostre braccia, aiutandoli a superare il momento di destabilizzazione che accompagna sempre il passaggio da uno stato all'altro e allo scompenso e al senso di perdita che un Io, ancora molto influente, avverte.
C'è chi ha affermato, in un'ottica estremamente pessimista, che nel preciso momento in cui l'essere umano nasce è già condannato a morte.
Noi, sempre ottimisti perché sorretti dalla comprensione che tutto quello che accade accade sempre e comunque per il vero bene dell'individualità, preferiamo pensare, invece, che nel momento in cui l'individuo muore incomincia a vivere veramente nell'attesa di arrivare a fare sua la vita del Tutto.
Che la luce sia con voi, fratelli. (Fabius)

Edited by Odisseo76 - 20/1/2015, 11:51
 
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