Incontro di marzo 2016 con le Guide, 29 marzo 2016 - Viola, Moti, Zifed, Scifo

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Moderatore sez. Messaggi
view post Posted on 31/3/2016, 13:32




Fratelli, sorelle,
non ci sarà mai un Giudizio Universale: come si può pensare che l'Assoluto, dopo averci immersi nel mondo fisico come creature imperfette nelle loro capacità di comprensione potrebbe mai giudicare o condannare il singolo uomo che ha commesso degli sbagli nel corso della sua avventura sul piano fisico?
Non è possibile immaginare che il Tutto non sappia che le sue creature, proprio in conseguenza di come sono state create, non possano fare altro che commettere errori fino a quando non avranno compreso quali sono le loro incomprensioni interne che lo hanno condotto ad agire in maniera tale da danneggiare se stesso e gli altri.
Ci si troverebbe davanti davvero a un ben miserevole Tutto, meschino, ingiusto e persino un po' perfido, verrebbe da pensare!
La concezione di Giudizio Universale deriva dal tentativo da parte dell'uomo incarnato di attribuire all'esterno di sé il ruolo di giudice, per cercare di non ammettere quelle che sono le proprie personali responsabilità in ogni azione che viene compiuta.
Il concetto, in se stesso, ha avuto, nei secoli, una sua ragione di utilità per la sua esistenza in quanto costituiva un tentativo di limitare, attraverso il timor di Dio, i danni che l'ignoranza del sentire dell'individuo può provocare intorno a sé ma, in realtà (e questo ve lo abbiamo sempre detto, in passato), ognuno di voi ha un solo giudice - per altro quanto mai severo - e quel giudice non siete altro che voi stessi.
Il vostro Io, illusione all'interno dell'illusione, prova a cercare di mitigare le sue responsabilità dando vita al suo interno ai sensi di colpa, in maniera tale da abbellire con maschere di finti e non sentiti “mea culpa” la sua posizione allorché si trova faccia a faccia con quelle che sono le risultanze delle sue azioni.
Ma battersi il petto recitando litanie di “mea culpa”, fratelli, o tormentarsi rendendo insopportabile la propria vita e propagando all'esterno di sé ondate di sofferenza, sorelle, non riesce a fare emettere alla vostra coscienza una sentenza assolutoria, perché non pone rimedio a ciò che avete sbagliato ma, anzi, spesso ha il solo effetto di accantonarlo irrisolto cosicché, quando l'esperienza di vita vi rimetterà, come è inevitabile, di fronte a una situazione analoga, ci sarà ancora la reale possibilità che ricadiate nello stesso comportamento sbagliato.
L'unico modo per evitare il ripetersi dell'errore è quello di averne compreso la causa, cioè di aver compreso che cosa lo ha sostenuto nel vostro intimo, non quello di colpevolizzarsi inutilmente, pensando erroneamente che ciò basti e possa essere un'espiazione dei propri errori.
Per poter comprendere diventa necessario trovare dentro di sé il sostengo dell'umiltà, quell'umiltà che vi porterà ad ammettere i vostri errori, che ve li farà accettare come utile insegnamento per non sbagliare più, che vi aiuterà a trovare l'accettazione di voi stessi e della vostra imperfetta comprensione, permettendovi, nel migliore dei casi, di rimediare agli errori per cui vi sentite in colpa, o, quanto meno, di trovare dentro di voi l'accettazione di ciò che non avevate compreso, mettendovi in grado di essere veramente sinceri con voi stessi e, grazie a questa vostra sincerità, di porre rimedio a quella vostra condizione interiore che vi ha spinto ad errare fino a risolvere e a comprendere sentitamente, e non solo a parole, ciò che avevate necessità di scrivere nel vostro corpo della coscienza, per far sì che le vibrazioni che esso vi invia si adeguino, a poco a poco, a ciò che esso ha come modello di giustezza, ovvero i modelli che gli Archetipi Permanenti, riflesso della Vibrazione Prima, sussurrano al vostro cuore senza sosta.
Sincerità con se stessi, fratelli, accettazione di ciò che si è, sorelle e, infine, presa di coscienza consapevole delle proprie responsabilità sono i cardini attorno ai quali ruota la vostra evoluzione di coscienza, la sola che può portarvi ad uscire dal mondo dell'illusione.
Sarà solo allora, fratelli, sarà solo a quel punto, sorelle, che il giudice che è dentro di voi e che vi osserva con cipiglio severo e intransigente vi sorriderà.
Viene inevitabile da chiedersi che senso ha averci messi nel mondo in queste condizioni fallaci, ponendoci in condizione di sbagliare e quindi, inevitabilmente, di soffrire e di andare incontro al dolore, come se si trattasse di un gioco crudele in cui il direttore del gioco si diverte, sadicamente, a mettere ostacoli difficilissimi da superare sul cammino fatto da ogni partecipante al gioco.
Io non vi chiedo di fare un atto di fede nelle mie parole ma di ascoltare ciò che vibra dentro di voi: se ascoltate attentamente il vostro intimo vi renderete conto che in voi non vi è solo disperazione ma anche speranza, che ogni atto di odio nasconde un bisogno d'amore, che ogni parola aggressiva cela il desiderio di comunicare i propri turbamenti, che ogni violenza fatta all'esterno di voi stessi è frutto della violenza che il vostro Io attua su se stesso per non rivelarsi ai suoi stessi occhi fragile e bisognoso di attenzione e di partecipazione sincera.
Ascoltate voi stessi, fratelli, veramente e con attenzione, sorelle, e troverete certamente dentro di voi il filo conduttore che vi unisce per sempre e indissolubilmente a quell'Archetipo Permanente primario che permea il Cosmo e che è stato chiamato da voi, nei secoli, con mille nomi diversi ma che in realtà ha un solo nome: Amore! (Viola)

D - Riconoscere le proprie responsabilità dopo averle accettate e, condividerle, cosa non facile da fare, è soprattutto fonte di un grande cambiamento perché comporta prima di tutto una "specie di resa" che può esser vista soggettivamente come un'ammissione delle proprie colpe, ma non può diventare un fattore che potrebbe inibire la condivisione?

Riconoscere, accettare e condividere le proprie responsabilità è senza dubbio la sorgente di ogni vero cambiamento interiore dell'individuo. Senza questi fattori il cambiamento non può essere altro che un cambiamento di facciata, una maschera temporanea che serve, magari, per evitare qualche attimo di particolare sofferenza ma che, tuttavia, non porta alla stabilità della comprensione e non aiuta a riedificare l'equilibrio interno di ogni individuo.
La condivisione di ciò che giace irrisolto al vostro interno permette alle vostre turbolenze interiori di scaricarsi al di fuori di voi stessi, aiutandovi a diminuire le vostre rigidità vibratorie e, grazie alle reazioni per voi tangibili di chi vi sta accanto, a permettervi di lavorare sulla vostra interiorità.
Non è certamente il riconoscere le vostre colpe che può inibire la condivisione ma essa viene ostacolata e compromessa dalla resistenza del vostro Io nel tentativo di risultare sminuito o di venire ferito dal giudizio degli altri.

D - Io credo che non possa avvenire l’accettazione di qualcosa che non si è ancora riconosciuto; quindi che il percorso preveda prima il riconoscimento (conoscere/sapere/rendersi conto di avere quella data mancanza/incomprensione/colpa/responsabilità, o come la vogliamo chiamare) e poi l’accettazione, ovvero non tentare di nascondere (quanto meno ai propri occhi e magari anche a quelli degli altri) quella data mancanza. Il percorso che ho elaborato è giusto?

E' evidente che per accettare qualcosa bisogna riconoscerne la realtà e rendersi conto del fatto che quel qualcosa non è estraneo a noi stessi, ma ci appartiene e ci segnala ciò che ancora dobbiamo comprendere.
Questo è un passaggio importante da compiere, ovvero accettare di accettarsi (perdonatemi il gioco di parole!) per quello che si è, senza voler apparire anche ai propri occhi non come si è veramente bensì come si desidererebbe essere!
Già riuscire a fare questo è un passo faticoso, eppure riuscire ad accettarsi è un importante trampolino di lancio per la costruzione di un'accettazione più ampia che porta a riconoscere le proprie manchevolezze senza farle diventare semplicemente un'arma permeata di vittimismo per stimolare la comprensione o il perdono altrui.
Da questo primo passo discende tutto il percorso che conduce all'accettazione della propria realtà interiore e, quindi, ad affrontare a viso aperto e a risolvere quelle che sono le proprie incomprensioni.

D - Sappiamo bene che l’Io non vuole sentirsi inferiore a nessuno e che, pertanto, tenta in tutti i modi di nascondere i propri difetti (mancanze di comprensione) quindi è logico che ammettere le proprie colpe significa esporsi al giudizio altrui. Come dobbiamo porci di fronte a tale giudizio?

Se fate attenzione a come reagite quando un'altra persona emette un giudizio, più o meno velato e diretto, su di voi, vi renderete conto che la vostra prima reazione è quella di cercare di dire che ciò che avete fatto lo avete fatto perché... (e qui la vostra mente trova mille scuse, anche le più stupide e irragionevoli, per giustificare voi stessi) e, quasi sempre fate discendere le vostre azioni da controreazioni a ciò che altre persone o i fatti della vita vi hanno portato a mettere in atto.
Se foste sinceri con voi fino in fondo, vi rendeste veramente conto che nulla di ciò che la vita o le altre persone possono cercare di indurvi a fare può per davvero portarvi a fare qualcosa che, in fondo al vostro intimo, non avete già contemplato di fare.
Invece tendete a bollare il giudizio degli altri come una stupidaggine o come la manifestazione di un problema che appartiene solamente all'altro, dimenticandovi che, certamente, il giudizio dell'altro quasi sempre deriva da qualcosa che all'altro appartiene e che lo condiziona a percepire solo una parte della realtà e a interpretarlo in maniera strettamente soggettiva, tuttavia, comunque, lo stimolo che l'altro ha avuto e che gli ha fatto emettere il suo giudizio (giusto o errato che sia) proviene da voi, dal vostro comportamento, dal vostro modo di esprimervi e di rapportarvi con la vita che state vivendo e, quindi, da ciò che di voi proiettate all'esterno.
La maniera giusta, di conseguenza, per porsi di fronte al giudizio altrui non è cercare di difendersi, di giustificarsi o, come fate così spesso, di contrattaccare, bensì di cercare di determinare quale parte di responsabilità voi abbiate per aver fornito agli altri i dati che li hanno condotti ad emettere un particolare tipo di giudizio invece che un altro.
E, per riuscire a fare questo, come diceva Viola, bisogna cercare di essere sinceri con se stessi ed essere in grado di accettare la propria fallacia cercando di individuare l'incomprensione che sta alla base del proprio sbagliato agire.

D - La mancanza di umiltà porta ovviamente con sé la mancanza di onestà/sincerità, e certamente ostacola la condivisione?

L'Io, rinchiuso nella propria visione egocentrica del mondo, difficilmente riesce ad essere umile e, di conseguenza, ha sempre grande difficoltà ad essere onesto e sincero non solo con gli altri ma anche con se stesso.
E questa difficoltà è inevitabile che si traduca in contesa tra due o più Io in cerca della supremazia e tale opposizione non può che portare, inevitabilmente, a difficoltà di rapporto e di condivisione, facendo nascere incomprensioni, rancori e tentativi di rivalsa, avvelenando e deteriorando, in questo modo, ogni genere di rapporto.

D - Essere imprigionati dalle catene del proprio Io, non avere alcuna libertà di gestione della propria vita; cioè di lasciare la propria vita in mano all’Io quali problemi comporta e ci sono, eventualmente, dei benefici?

Non è vero quello che dici dal momento che non è vero che ognuno di voi non abbia alcuna libertà di gestione della propria vita. Se fosse così non ci sarebbe alcuna reale possibilità di evoluzione dell'individuo e l'intero insegnamento che vi abbiamo portato risulterebbe essere un farneticare senza senso!
Il vero problema non è l'Io – elemento, per altro, indispensabile alla vostra crescita – ma è la limitatezza della vostra comprensione che vi fa commettere l'errore di lasciare che sia il vostro Io e non il vostro sentire – per quanto limitato possa essere al momento – a governare ciò che siete e che fate durante la vostra incarnazione.
D'altro canto, lasciare la vostra vita in mano all'Io porta con sé non solo difficoltà ma anche benefici, in quanto la vostra vita governata dall'Io sarà certamente una vita basata sull'egoismo, sull'egocentrismo, sulla ricerca della gratificazione a qualunque costo e del proprio vantaggio personale perseguendo i vostri presunti diritti e calpestando i diritti (magari altrettanto presunti) di chi vi sta accanto e, di conseguenza, provocherà rapporti difficili con chi vi sta accanto, ma avrà come conseguenza di mettervi a faccia a faccia con situazioni di sofferenza che, un po' alla volta, vi costringeranno a guardare voi stessi negli occhi e a trovare quelle briciole di comprensione che, sole, vi potranno aiutare a stemperare e persino eliminare la sofferenza che deriverà dall'emergere del vostro disagio interiore alla vostra consapevolezza.

D - Mentre si sceglie se fare o non fare quel piccolo passo per tentare di liberarsi di un aspetto ingombrante del proprio Io, forse sarebbe utile riflettere veramente a fondo sull'importanza del concetto di "immagine"; ovvero rendersi conto di quanto si tiene a dare di sé una buona immagine, quante "maschere" si sia costretti ad indossare pur di non ammettere apertamente i propri limiti. Ci si potrebbe magari giustificare dicendo: "non è il mio momento" (di cambiare, di evolvere) ma, in realtà, chi può sapere se è il proprio momento o no?! Magari si sta rimandando da vite e vite, e questo è proprio il momento giusto!

Molto spesso, troppo spesso direi, si rimanda il lavoro su se stessi adducendo vari tipi di scuse e di giustificazioni.
In realtà è sempre il momento per cambiare o per evolvere, si tratta solo di trovare in sé un reale desiderio di farlo.
Questo è quello che significa l'arcinoto tormentone “se vuoi cambiare la tua vita, cambiala!” che Scifo vi ha proposto così spesso: non si tratta di esternare dei buoni propositi rimandandoli al momento giusto, bensì di operare nel qui e ora senza se e senza ma.
Forse non sarete ancora pronti nel vostro intimo per affrontare veramente voi stessi, tuttavia incominciare a farlo o il semplice tentare di farlo (al di là degli effettivi risultati conseguiti) sono il trattore che prepara il vostro intimo ad accogliere, nutrire e far crescere i semi che si sono andati spargendo in voi grazie alle continue acquisizioni di frammenti di comprensione da parte del vostro sentire. (Moti)

Ah... belle parole... ma mi sembra che sia un po' troppo semplicistico dire “se vuoi cambiare la tua vita, cambiala” perché, in realtà, quando cerco di cambiarla ecco che mi trovo in continuazione davanti a ostacoli che me lo impediscono!
Ad esempio se voglio cambiare lavoro perché quello che faccio non lo faccio più con soddisfazione devo scontrarmi con la dura realtà attuale in cui trovare un lavoro nuovo e soddisfacentemente dignitoso, ora come ora, è veramente difficile.
Oppure voglio cambiare marito perché l'uomo con cui vivo non mi attrae più fisicamente, mi irrita con i suoi bisogni egoistici e il sogno romantico che mi aveva portato a sposarlo alla lunga si è rivelato non una vita vissuta su una nuvoletta rosa ma una vita martoriata da nuvoloni forieri di continue tempeste. Poi guardo i mei figli e mi chiedo cosa ne sarà di loro e resto combattuta tra il fare ciò che sarebbe giusto per me e ciò che mi sembra giusto per loro, finendo col trovarmi senza il coraggio di fare niente per cambiare la vita che sto conducendo.
Sì, belle parole... ma non sono un po' poco realistiche? (Zifed)

Mia cara, non credo che tu abbia capito veramente il senso della mia frase che forse diventerebbe per te più comprensibile se la trasformassi in “se vuoi cambiare il tuo modo di vivere la vita, allora cambialo”!
Il problema è che, come al solito, proietti all'esterno di te i tuoi problemi, senza renderti conto che l'esterno è solo lo stimolo che porta alla ribalta i tuoi errori e, quindi, le tue incomprensioni.
Incomincia il cambiamento da poco e da vicino, cioè da te stessa, e cambia il tuo modo di porti di fronte alla vita e la tua vita cambierà di conseguenza: il tuo lavoro tornerà ad essere un mezzo per avere di che vivere dignitosamente e non uno strumento per fare carriera o per sentirsi importante o superiore ad altri, il tuo compagno non ti farà più rabbia ma tenereza per le sue fragilità e ti ricorderai che tu sei lì per aiutarlo a superare i tuoi limiti così come lui è lì per aiutare te a superare i tuoi.
Ricorda, infine, che i tuoi figli hanno bisogno principalmente del tuo amore, della tua attenzione, della tua partecipazione e del tuo affetto e, se queste cose resteranno costanti e sicure per loro nel tempo, nulla di ciò che farai nella conduzione della tua vita potrà davvero procurare loro un danno irrecuperabile.
Incomincia il cambiamento da te, figlia mia, e la tua vita, inevitabilmente, verrà cambiata. (Scifo)
 
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