Medicine a base fitoterapica, 2 ottobre 2016 - Francesco

« Older   Newer »
  Share  
Moderatore sez. Messaggi
view post Posted on 2/10/2016, 09:19




L'efficacia reale della quasi totalità delle medicine alternative viene contestata dalla medicina ufficiale in quanto afferma – con ragione – che, nella maggioranza dei casi, non vi siano stati negli anni studi clinici seri che ne abbiano comprovata la validità.
Come medico non posso che convenire su tale constatazione ma, d'altra parte, come osservatore e ricercatore che cerca di essere il più possibile imparziale, non posso che fare un paio considerazioni.
Per prima cosa vorrei sottolineare che la constatazione che non sia stata effettuata una ricerca organica e sufficientemente attendibile sulla maggior parte delle medicine alternative non è certo una prova del fatto che non possano esistere cure alternative rispetto a quelle ufficiali (credo che ciò possa essere ritenuto, d'altra parte, un fattore a discapito della serietà della ricerca medica – sottoposta, come ben si sa, alle logiche di mercato delle grandi case farmaceutiche – che dovrebbe avere il compito di stabilire l'efficacia di ogni possibilità di cura alternativa senza preclusioni di sorta).
Inoltre, se non vi è una prova scientificamente accettabile dell'efficacia di tali medicine non significa che esse non possano avere comunque una loro validità, per quanto limitata possa essere nei suoi effetti.
La tendenza attuale risulta essere quella di bollare come conseguenza dell'effetto placebo ogni risultato che tali cure possono apparentemente conseguire mostrando una scienza medica piuttosto spocchiosa e presuntuosa.
Per quanto mi riguarda mi trovo in accordo con quanto diceva Shakespeare: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. Quindi preferisco essere possibilista, lasciando una risposta sulla questione all'esperienza individuale, anche perché non posso non tenere conto che ogni individuo incarnato è un universo a sé con, il più delle volte, reazioni personali spesso anche molto differenti da individuo a individuo.
Senza dubbio l'effetto placebo ha un'importanza non secondaria nell'influenza che esercita il paziente nei confronti di ogni terapia medica, ma ciò e valido anche nel caso delle terapie della medicina ufficiale: qualsiasi paziente convinto profondamente, a livello interiore, dell'utilità della terapia che sta seguendo, collabora, per quanto gli viene permesso dalla sua costituzione fisiologica, a rendere qualsiasi tipo di cura più o meno efficace sia nella risposta temporale più o meno veloce, sia nell'efficacia dei suoi effetti.

Come abbiamo visto in precedenza, la fitoterapia è stata la madre di ogni cura medica, sia scientifica che alternativa, e ancora oggi, specie nelle medicine non tradizionali, viene usata con frequenza come supporto alle varie teorie alternative che, nella maggior parte dei casi, si affida di frequente all'uso di sostanze vegetali per cercare di curare le patologie.
Le teorie che vorrei brevemente esaminare questa volta sono proprio quelle che hanno alla loro base una forte componente di uso della fitoterapia.
Ne esistono innumerevoli ma vorrei soffermarmi solo su alcune per non diventare noioso e pedante.
Prima, però, di entrare nel dettaglio, vorrei fare un'ulteriore considerazione.
La maggior parte delle medicine che da qui in avanti andrò ad esaminare si basa sul concetto che l'uomo è qualcosa di più del suo corpo fisico o della sua psiche, ma è il risultato dell'interazione e degli equilibri tra le sue diverse componenti (fisiche, emotive, psichiche e, nelle teorie più complesse e articolate, anche spirituali).
Ritengo che la medicina ufficiale abbia perso un po' di vista l'insieme dell'essere umano e che abbia finito col tenere in massimo conto la sua condizione fisica, trascurandone quanto meno la parte emozionale e quella psicologica e questo, secondo me, risulta essere un limite non indifferente all'operato di qualsiasi medico (per carità, come ho già detto in precedenza, il medico attuale, specialmente quello di base, è ormai quasi costretto ad essere più un impiegato e un dispensatore di farmaci che un curatore del benessere complessivo del paziente, quindi non voglio certo metterlo alla gogna riconoscendogli, invece, molte attenuanti).
Il mio auspicio, come ho già detto in precedenza, è che venga recuperata la concezione del paziente come il prodotto di diversi elementi interagenti (e non solo di quello fisico) e credo che, a ben vedere, il fiorire delle varie medicine alternative possa quanto meno aiutare a ritrovare, dal punto di vista concettuale, una maggiore considerazione dell'idea fondamentale della complessa e molteplice struttura del benessere dell'individuo.

Ma veniamo alle medicine di cui vorrei brevemente occuparmi questa volta.

Da qualche tempo ha preso campo – diventando una sorta di moda terapeutica - una terapia basata sui fiori, denominata, sulla base delle teorie del suo ideatore, Fiori di Bach.
La teoria alla base di questa medicina alternativa suggerisce che, alla base dell'insorgenza della sintomatologia fisica, vi siano le emozioni e i fattori psicologici dell'individuo.
In parte – dato che non posso svincolarmi dall'insegnamento che ho seguito assieme a voi in questi decenni – questa concezione coincide con quanto insegnato dalle nostre Guide, anche se credo che la semplifichi eccessivamente, trascurando o non tenendo conto del cammino spirituale che l'individuo ha compiuto nel suo percorso evolutivo.
La terapia suggerita – detta in maniera molto semplice - è basata sull'impiego dei fiori, ai quali viene attribuita la capacità di modificare positivamente l'emotività del paziente e, di conseguenza, il suo porsi in maniera razionale, nei confronti della malattia, dando in questa maniera il via al processo di guarigione del sintomo grazie al conseguimento di un ritrovato equilibrio tra i propri desideri e le proprie attività reattive e decisionali.
Non voglio entrare nella diatriba con la scienza medica ufficiale che bolla come conseguenza dell'effetto placebo ogni risultato apparentemente conseguito da tale medicina alternativa ma vorrei limitarmi ad alcune considerazioni di tipo teorico e basate sul semplice buon senso (e quindi, probabilmente, facilmente contestabili da ognuno di voi).
Che i fiori possano, col loro aspetto e con le loro essenze, esercitare una certa influenza sulla condizione emotiva dell'essere umano ritengo che sia indubitabile: nella tradizione dell'umanità molti fiori sono stati adoperati come simboli, accettati comunemente nel pensiero delle varie civiltà (si pensi, ad esempio al giglio come simbolo di purezza) ed entrati stabilmente nell'immaginario collettivo. Da lì, però, ad arrivare ad affermare che abbiano la capacità di equilibrare lo stato emotivo e psichico dell'individuo il passo, secondo me, è piuttosto lungo e azzardato ritenendo che con tale terapia si possa arrivare ad ottenere effetti curativi tali da risolvere la malattia e non solo di innescare qualche effetto di temporanea attenuazione del sintomo mentre le risposte del fisico dell'individuo operano per cercare di opporsi allo squilibrio fisiologico che ha innescato la patologia.
Non ritengo, quindi, che sia concettualmente facile da accettare che l'impiego delle proprietà dei fiori come cura possa veramente portare all'eliminazione della patologia (tuttalpiù, lo ripeto, a una cura o a un sollievo del sintomo), così come la fitoterapia può essere utile e coadiuvante per molte patologie ma difficilmente arriva a curare veramente gran parte delle malattie di una media o grande gravità, a meno che non si tratti di patologie di livello in un certo qual modo superficiale e non profondo, quali i problemi dermatologici, di stomaco, di intestino, di ipertensione e via dicendo, specialmente nei casi in cui non si tratti di malattie derivanti da altre disfunzioni organiche ben più profonde e complesse.

Passiamo ora all'Omeopatia.
Questa è una medicina alternativa relativamente moderna, anche se nella sua teoria di base si possono incontrare concetti già trovati sia in ambito magico che in ambito esoterico.
Ad esempio il concetto di base di tale processo terapeutico ovvero il "principio di similitudine del farmaco" secondo il quale esiste il rimedio appropriato per qualsiasi tipo di malattia, e tale rimedio verrebbe identificato dal tipo di sostanza che, nell'individuo sano, causa gli stessi sintomi che possono venire osservati nell'individuo affetto dalla malattia: tale concetto, secondo me, trova le sue radici teoriche nelle teorie di Paracelso, il quale affermava che, per esempio, per curare le problematiche epatiche ci si doveva cibare di fegato.
Benché i prodotti omeopatici siano entrati nella catena di distribuzione farmaceutica e sia diventato abbastanza consueto trovare nelle farmacie una sezione dedicata proprio a questo tipo di prodotti, la scienza ufficiale non ha dato alcun crisma di validità e di efficacia a tale terapia alternativa e, anzi, gli studi compiuti (in verità, in questo caso, per una volta, non pochi) sembrano determinare la reale inefficacia dei suoi prodotti e la mancanza di validità in particolare del suo principio di base, ovvero proprio il "principio di similitudine del farmaco".
Che dire?
Se gli studi clinici sono stati molteplici, complessi e ben condotti (come, in effetti, sembrerebbe), questo dovrebbe stare a significare (tralasciando il lavoro sotterraneo della fisiologia dell'individuo) che gli eventuali risultati ottenuti sono una diretta conseguenza dell'effetto placebo...
“Ma – potrebbero obiettare alcuni – io ho somministrato a un bimbo molto piccolo un farmaco omeopatico ed ho visto dei risultati. Come posso considerare che l'effetto placebo abbia potuto avere una tale efficacia anche su un bimbo molto piccolo?”.
Non dimentichiamoci che il fatto che anche il bimbo molto piccolo possa subire l'influenza dell'effetto placebo è indubitabile: il genitore che somministra una medicina al figlioletto innesca l'effetto stesso grazie alla visione che il bimbo ha del genitore, fatta di fiducia, amore, e abbandono alle sue attenzioni.
Ma c'è dell'altro: non dimentichiamo neppure che, comunque, viene somministrata al paziente un qualche tipo di sostanza la quale avrà certamente qualche tipo di effetto, anche se magari solo limitatamente importante, sugli equilibri del fisico dell'individuo.
La combinazione dell'effetto placebo con l'assunzione della sostanza in questione, pur non essendo probabilmente una vera e propria cura, mette comunque in moto le reazioni immunitarie interne del paziente aiutandolo a coadiuvare il processo di guarigione (che, comunque, sarebbe probabilmente avvenuto lo stesso anche se, magari, in tempi relativamente più lunghi).

L'espandersi della comunicazione a un livello globale che ha permesso di entrare più facilmente in contatto con elementi di altre culture che prima erano quasi solo appannaggio di una limitata porzione di popolazione, per lo più interessate alle teorie spirituali o spiritualistiche, assieme alla più facile circolazione delle nozioni (sia quelle veritiere che quelle superficiali e persino bugiarde) attraverso i mezzi di comunicazioni e quel potente motore di propagazione delle idee che si è rivelato essere la rete Internet, ha contribuito a diffondere anche medicine alternative provenienti da altre culture, specialmente di provenienza orientale.
Una di queste è la medicina ayurvedica.
Tale medicina, proveniente dall'India, considera l'individuo come una somma di fattori (fisici, psicologici e spirituali) che, con i loro reciproci equilibri, ne determinano la condizione di benessere e di salute.
Dal punto di vista teorico ha una stretta vicinanza con l'insegnamento delle Guide, in particolare ha in comune con esso la visione dell'individuo come un'unità di fattori che vanno dal fisiologico allo spirituale e la concezione della necessità di trovare un equilibrio interiore tra tali fattori, equilibrio strettamente individuale e riferibile al tipo di percorso evolutivo compiuto dalla persona.
Un punto, a parer mio, di un certo interesse è il fatto che la medicina ayurvedica non si occupa solamente della cura delle malattie ma anche del benessere individuale, del suo mantenimento e dell'attuazione di una sorta di prevenzione per impedire l'insorgere dei problemi di salute, anticipando di secoli l'attuale tentativo della medicina ufficiale di tipo “scientifico” di ampliare i programmi medici di prevenzione (certo, un tentativo stimolato più che altro da ragioni economiche ma, comunque, condivisibile).
Non mi addentro ulteriormente nella filosofia che sta alla base di questa medicina che è realmente molto articolata e che, nei secoli, si è andata strutturando, dal punto di vista teorico, in maniera decisamente complessa cosicché rischierei di essere superficiale o molto approssimativo.
Vorrei, invece, spendere alcune parole su alcuni aspetti (anche fortemente criticati dalla medicina ufficiale).
Dal punto di vista delle terapie la medicina ayurvedica adopera molti preparati tipici della fitoterapia, combinandoli però, spesso, con l'impiego sia di minerali che di metalli.
L'uso di questi ultimi è il punto di maggior contrasto con la medicina occidentale, dal momento che prevede l'impiego di metalli tossici per il fisico dell'individuo (ad esempio piombo e arsenico).
Concordo che l'impiego di tale sostanze possa essere più dannoso che utile alla salute delle persone anche se mi vengono in mente alcuni elementi che mi mettono in una posizione non di condanna a priori di tale tipo di terapia, bensì di attenta cautela.
E' noto che nel nostro Medio Evo era pratica - se non comune in tutta la popolazione ma quanto meno attuata talvolta dalle fasce della nobiltà più in pericolo di subire avvelenamenti nell'effettuarsi dei crudeli giochi di potere dell'epoca – l'assumere giornalmente piccole quantità di veleno, al fine, si teorizzava, di abituare il corpo a non venire devastato dalla somministrazione di quantità maggiori dei veleni che andavano per la maggiore in quei tempi.
Sarebbe una ricerca interessante quella di vedere se nelle popolazioni in cui la medicina ayurvedica è praticata da tanto tempo l'assunzione di tali sostanze teoricamente dannose non abbia indotto delle modificazioni a livello genetico nelle capacità di assorbimento di tali sostanze finendo col permettere loro di diventare, in determinate condizioni, utili invece che dannose.
D'altra parte – come ho detto allorché abbiamo parlato dell'alimentazione – il fisico delle popolazioni occidentali non può, comunque, avere subito queste eventuali modifiche genetiche e, di conseguenza, ritengo che l'uso di tali farmaci ayurvedici sia, in generale, sconsigliabile in occidente.
Giudico, invece, corretta e praticabile da chiunque la parte dell'ayurveda relativa al benessere e alla prevenzione, in perfetta linea, d'altra parte, con le linee di condotta principali suggerite sia dal buon senso che dai medici che si occupano della salute, ovvero l'uso appropriato del cibo per favorirne le capacità medicinali, i comportamenti che aiutano a perseguire una condotta di vita sana, l'esercizio fisico come coadiuvante del benessere fisiologico dell'individuo. (Francesco)
 
Top
0 replies since 2/10/2016, 09:19   153 views
  Share