| Qualche tempo fa ho colto “di passaggio” l’informazione da un programma televisivo secondo cui il 20 marzo si celebrava la prima giornata internazionale della felicità. Lì per lì la cosa mi ha divertito, facendomi sorgere la considerazione che siamo messi proprio male se c’è bisogno di dedicare una giornata alla felicità. Ma mi ha richiamato anche alla mente la chiusura di un messaggio di Michel: “… e qualche volta, figli, ricordatevi anche di essere felici”. Presa da un periodo particolarmente impegnativo ho archiviato il pensiero riproponendomi di riprenderlo e di ragionarci sopra, quindi, adesso che sono immobilizzata a seguito di un incidente ho fatto una ricerca sul tema e ve la propongo per rifletterci insieme. Tanto per cominciare ho cercato in internet la fondatezza dell’informazione, e ho scoperto cose interessanti: Il 20 marzo 2013 è stata la prima Giornata Mondiale della Felicità, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha lo scopo di riconoscere il benessere e la felicità quali aspirazioni universali della persona umana e dunque obiettivi fondamentali delle politiche pubbliche negli ultimi trent’anni il grado di felicità è aumentato dello 0,14 % la felicità è maggiore fra le popolazioni non in condizioni di miseria la felicità non aumenta con l’aumentare delle condizioni di agiatezza/ricchezza economica la felicità è maggiore tra persone che hanno relazioni sociali, si sentono utili agli altri, non vivono solo in funzione di sé stesse e dei propri desideri
Ho quindi preso in mano il materiale del Cerchio cercando di isolare i messaggi a tema e scoprendo che sono tantissimi, tanto che è praticamente impossibile farne un riassunto cercando di rimanere aderenti ai messaggi stessi. Ho pensato quindi di scegliere questo messaggio di Rodolfo come punto di partenza di un possibile confronto sul tema:
Vedo il tuo desiderio di essere felice, figlio e fratello, e in esso riconosco intatto lo stesso desiderio che ha fatto parte del mio passaggio nel mondo materiale. Io ho cercato la felicità nel sentirmi più forte degli altri, ma la mia forza si è sempre dimostrata fragile come il vetro allorquando mi sono disposto ad osservare me stesso. Io ho cercato la felicità nel sentirmi più grande degli altri uomini, fregiandomi di titoli, corone, appellativi altisonanti e ogni genere di orpelli che mi potesse distinguere dagli altri, ma ho dovuto abbandonare questa mia illusione di grandezza nel momento stesso in cui mi sono riconosciuto nella morte. Io ho cercato la felicità nel possedere, convinto che chi possiede di più vale di più, ma questa mia felicità si è dissolta come neve al sole nell'attimo in cui ho capito che neanche il bene più prezioso che possedevo poteva darmi quella piccola goccia d'amore che mi serviva per rendere meno vuota la mia solitudine. Io ho cercato la felicità nell'appagamento della mente, facendo di me stesso un divoratore di parole e di conoscenze, ma venne il giorno in cui la mia felicità si infranse miseramente nell'accorgermi che la mia sapienza era sterile se non poteva essere condivisa. Io ho cercato la felicità nella religione, riempiendo i miei giorni e le mie notti di rituali ossessivi, di tecniche spirituali volte al raggiungimento di Lui ma anche questa felicità durò soltanto fino a quando mi resi conto che per conoscere Lui dovevo prima conoscere me e che nulla, invece, di me conoscevo. Allora ho maledetto la felicità, negando tutto ciò che avevo fatto in precedenza, rifiutando ogni avere, diventando un relitto senza meta, facendo dell'ignoranza il mio vessillo e della bestemmia la mia spada, lasciando agli altri la speranza di essere felici. Infine ho dimenticato l'esistenza della felicità, ed essa è venuta, briciola dopo briciola, mentre, lentamente e spesso dolorosamente, svelavo il mistero che io ero per me stesso. E allora ho danzato con la mia gioia interiore, ho cantato la bellezza del mondo, ho sognato splendidi sogni nell'azzurro del cielo, ho salutato Dio in una goccia di pioggia, ho posseduto l'amore per gli altri, mi sono sentito umilmente grande di fronte al mare, forte davanti alle avversità, tenero di fronte ai tormenti degli altri. E nulla, neppure la morte, ha più turbato la mia felicità. 15-10-94
Ecco, partendo da tutti questi presupposti, mi piacerebbe fare un percorso condiviso per capire, da un punto di vista etico: Cos’è la felicità? Come si manifesta? Da dove nasce? Quali sono gli elementi che ne favoriscono il nascere? La felicità è univoca o ci sono diversi tipi di felicità? Perché si è arrivati a dedicarle una giornata particolare? E perché anche Michel ci esorta a ricordarci di essere felici?
Tutto questo per arrivare ad avere gli elementi necessari affinché ciascuno di noi possa definire il proprio rapporto con la felicità e usarlo come trampolino di lancio verso le esperienza che la vita ci riserva.
ciao a tutti Serena
|