Incontro con le Guide di Giugno 2017, 8 giugno 2017 - Georgei

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view post Posted on 9/6/2017, 17:48

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Un saluto a tutti voi dal vostro amico Georgei.
Ancora una volta sono qui per rispondere alle vostre domande che, per fortuna mia, sono abbastanza poche.
In realtà, tuttavia, devo dire che le domande provenienti dalle vostre discussioni cui dare riposta ormai sono sì poche ma, comunque, piuttosto complesse così non sono proprio sicuro di quanto sono stato fortunato ad avere il compito di concludere questi incontri basati sulle risposte ai vostri dubbi e ai vostri perché!
Ovviamente, cercherò di essere il più dettagliato e logicamente corretto, sperando di potervi dare qualche informazione aggiuntiva che vi permetta di ragionare meglio su quanto chiedete, nella speranza di non finire con l'essere, come mio solito, troppo verboso e, quindi, noioso.

D - Per quanto mi riguarda, parto dal presupposto che siccome un Io ce l'ho, vuol dire che ne ho bisogno e ha una sua funzione ed è quindi scontato che la gratificazione ci sia ogni volta che mi trovo a dover fare una scelta "pensandoci su". Diverso è quando agisco senza pensare: la gratificazione ci può essere, perché sono soddisfatta di me (il giusto orgoglio di cui parlava Scifo), ma anche no perché magari quello che ho fatto è una cosa che considero banale dal mio punto di vista, ma altruistica per chi la riceve.

Sul fatto che l'Io sia un elemento che contraddistingue, pure nella sua illusorietà, l'essere umano non ci piove.
La sua caratteristica più evidente è quella di dare all'individuo la falsa concezione di identificarsi con il suo Io, finendo col far perdere di vista che esso non è un'entità a sé stante ma è il risultato dell'interazione delle sue componenti e dei processi che attraversano e interagiscono tramite i corpi inferiori dell'individuo. Si tratta, di conseguenza, di ciò che scaturisce dall'incontro dei fattori evolutivi dell'individuo incarnato con gli strumenti che i corpi inferiori, relativi all'incarnazione in corso, possiedono per avere la possibilità di aumentare il proprio sentire attraverso le azioni/reazioni nei confronti delle esperienze che via via gli si presentano nel vivere la sua vita.
Non è, quindi, un'entità esistente di per se stessa ma semplicemente un risultato (continuamente variabile di pari passo con il procedere dell'evoluzione dell'individuo) dei processi interni individuali.
Facciamo attenzione, però: non è un fattore tipicamente e solamente riguardante l'essere umano ma esiste anche per buona parte degli animali.
La differenza tra l'animale e l'essere umano è individuabile proprio nella componente evolutiva estremamente diversa tra di loro: per quanto riguarda quest'ultimo, ovviamente, l'Io non è modulato da un sentire e dalla presenza attiva di un corpo della coscienza ma è pressoché completamente costituito dalle reazioni istintive e fisiologiche tra le quali fa la parte del leone l'istinto di sopravvivenza e di autoconservazione.
E' soltanto quando l'individualità arriva quasi al confine tra le incarnazioni animali e quella come essere umano che incomincia a strutturarsi un Io più simile a quello dell'uomo, in concomitanza con l'inizio della strutturazione di un corpo della coscienza.
Come affermi nella tua domanda, se l'Io esiste ha un suo perché, e questo significa che la sua esistenza è motivata e finalizzata e la sua motivazione e la sua finalizzazione sono costituite dalla necessità, per l'individuo incarnato, di essere dinamico e non statico nei suoi rapporti con l'incarnazione che sta sperimentando, in maniera da aver modo di raggiungere, attraverso l'osservazione delle sue reazioni di fronte all'esperienza, nuove porzioni di comprensione e, così, favorire e aiutare il suo percorso evolutivo.
Il nocciolo della questione che è stata posta mi sembra che possa essere individuato nei due modi diversi in cui l'individuo può operare di fronte alle esperienze: agire istintivamente o agire dopo aver considerato tutti i pro e i contro della propria eventuale azione.
Non esiste una regola universalmente valida, ed entrambe le opzioni hanno i loro “pro” e i loro “contro” in perfetto accordo con la famosa legge dell'ambivalenza così cara a Maestro Scifo.
L'agire istintivamente senza dubbio fornisce la possibilità a ciò che più è interno dell'individuo (e, quindi, solitamente più soggetto alle censure operate dall'Io a propria difesa) di fluire più liberamente all'esterno dell'individuo stesso, fornendogli la possibilità di manifestare più facilmente la sua reale condizione evolutiva che, come sappiamo, nel corso dell'incarnazione viene espressa in maniera limitata, tanto che risulta difficile, come abbiamo spesso affermato, comprendere quale sia la situazione evolutiva di un individuo osservando le sue reazioni senza sapere quali siano state, in realtà, le vere motivazioni del suo agire.
L'azione impulsiva, come ho detto, permette la possibilità di aggirare l'Io e le sue barriere, però... sì, c'è un “però”: se, interiormente, la comprensione che l'individuo possiede non è tale da permettergli di fare la scelta reattiva più adeguata all'esperienza, quali conseguenze si hanno?
La più ovvia è che, invece di aiutare ad aggirare le difese dell'Io, si finisce con il lasciare la risposta reattiva completamente a disposizione proprio delle sole pulsioni provenienti dall'Io, dando il via, di conseguenza, alla messa in atto di azioni principalmente di natura egoistica.
Per l'individuo, in questo modo, si vengono a creare le condizioni più favorevoli affinché egli possa trovarsi faccia a faccia con il proprio egoismo e, così, raggiunga la consapevolezza di tale elemento, si trova davanti alla possibilità di procedere nel percorso evolutivo da attraversare per far arrivare tale consapevolezza alla qualità della comprensione e, quindi, all'ampliamento di un qualche settore del suo sentire.
Tuttavia (e questo, indubbiamente, è un “contro” che ha una rilevanza non indifferente) la reazione impulsiva tiene conto dei propri impulsi e non delle necessità delle altre persone eventualmente coinvolte nell'esperienza affrontata, e questo, molto spesso se non addirittura sempre, crea problemi di rapporto spezzando magari legami di amicizia o di amore che sembravano poter essere eterni, o compromettendo i legami di affetto con le persone che stanno accanto, specialmente a livello familiare, portando alla disgregazione del nucleo familiare o alle ostilità tra genitori e figli o tra fratelli e fratelli, rendendo le dinamiche interpersonali distruttive invece che aggreganti.
Per quanto riguarda l'applicazione di una reattività più ragionata, anche in questo caso è possibile individuare degli elementi a favore e degli elementi a sfavore, entrambi, a ben vedere, talmente ovvi e logici da poter essere facilmente individuati.
Gli elementi a favore sono riscontrabili principalmente nelle meccaniche che si innescano durante i rapporti interpersonali (o sociali, se si è all'interno di un gruppo più o meno ampio) in quanto è evidente che mediare con il proprio ragionamento le azioni che si mettono in atto molto spesso aiuta lo scambio tra le persone interessate e può attenuare le reazioni di risposta, diminuendo la quantità di aggressività tra gli individui coinvolti e offrendo l'occasione di poter, ognuno di loro, cercare di far comprendere le proprie motivazioni e i ragionamenti che stanno alla loro base, favorendo un contraddittorio che può risultare utile a tutte le parti in causa.
Gli elementi a sfavore, invece, sono strettamente collegati all'Io individuale, dal momento che lo strumento che viene adoperato è, principalmente, il corpo mentale, ovvero uno degli strumenti che ha a disposizione l'Io per mettere in atto i suoi meccanismi di autodifesa e di espansione all'esterno di se stesso.
Accade di frequente che le reazioni dell'individuo, in questo caso, siano talmente soggette agli interessi dell'Io che egli finisce, per evitare di affrontare ciò che lo disturba e che potrebbe danneggiare l'immagine che ha di se stesso, col non manifestare all'esterno la sua reattività, permettendo, in questo modo, che le sue reazioni inespresse finiscano col formare dei cicli vibratori interni che possono arrivare ad essere causa di problematiche per lui, così come sappiamo che accade nella formazione dei somatismi.
Se osserviamo i due diversi comportamenti che abbiamo analizzato non possiamo non osservare che nell'applicare una reattività mediata dal proprio corpo mentale risulta essere strettamente indispensabile riuscire ad essere consapevoli di quali sarebbero le proprie reazioni senza la mediazione dell'intelletto, non per aiutare la formazione di sensi di colpa ma per essere certi che la propria reazione abbia davvero la finalità di aiutare gli altri e se stessi e non quella di appagare i desiderata del proprio Io attraverso, magari, a un malcelato tentativo di dimostrarsi superiori.

D - Ma come si arriva alla comprensione, cioè all'ampliamento della coscienza / aumento del Sentire? Io penso che la strada sia l'ormai famosa (indicata dalle Guide) "conoscenza-consapevolezza-comprensione"; d'accordo? Allora, se ci sono degli ostacoli (paletti) posti dall'Io che impediscono di arrivare alla comprensione, bisogna PRIMA togliere i paletti (cioè scoprire/rilevare i propri difetti, le proprie errate convinzioni) ... e POI si può proseguire per sperare di raggiungere la comprensione. Non mi sembra valido il ragionamento inverso, cioè che l'ampliarsi della coscienza/comprensione/sentire farà mutare i "paletti"!!!

In realtà non è possibile disgiungere i due percorsi, ma debbono essere considerati nella loro condizione di contemporaneità e interconnessione.
Il processo conoscenza-consapevolezza-comprensione di cui vi è stato così spesso parlato non è costituito da tre fasi successive, bensì da tre aspetti che procedono l'uno verso l'altro contemporaneamente.
Mi spiego meglio.
La persona che diventa consapevole di una qualche sua caratteristica e che la riconosce come sua, non può fermarsi a quel punto, cioè alla consapevolezza: inevitabilmente la consapevolezza acquisita innesca e favorisce la continuazione del processo verso la sua parte successiva, ovvero la comprensione.
Tenete presente che non si tratta quasi mai di un solo elemento che attraversa il percorso di cui stiamo parlando, ma che gli elementi che seguono tale percorso sono sempre molteplici e che ogni percorso in atto aiuta e favorisce il procedere degli altri percorsi che si stanno svolgendo.
Senza dubbio l'Io, per sua stessa natura, tende a porre dei paletti all'interno di questo processo, nel tentativo di non dover cambiare se stesso in maniera per lui incontrollabile.
Tuttavia il processo che stiamo esaminando ha anche la funzione importante proprio di rendere più facile all'Io di accettare i cambiamenti che innesca al suo interno, in stretta dipendenza col suo continuo trasformarsi di pari passo con le comprensioni via via acquisite.
E', insomma, una sorta di “passo a due” tra l'Io e il corpo della coscienza dove alla fine chi risulta essere il vero conduttore della danza non è l'Io bensì il corpo akasico dell'individuo incarnato.
Non esiste, di conseguenza, un reale prima o dopo bensì un'intricata contemporaneità che fa da motore al processo in corso, e il “prima” e il “dopo” appartengono soltanto alle categorie definite dell'individuo all'interno della sua percezione soggettiva della Realtà.

D - Guarda, non so se è un'interpretazione banale la mia, ma mi sembra che le Guide abbiano puntato il faro sulla nostra tendenza ad aspettarci più facilmente i cambiamenti dagli altri piuttosto che a metterci noi in condizione di capire o accettare ideali che non ci appartengono (che non vuol dire necessariamente abbracciarli).

Io direi che non si tratta di un'interpretazione banale, bensì di un dato di fatto incontrovertibile.
E' necessario comprendere che l'Io si ritiene perfetto e che le sue reazioni sono plasmate proprio su questa sua errata concezione che contempla, ovviamente, l'idea che, essendo esso imperfetto, l'imperfezione deve per forza appartenere a ciò che è a lui esterno.
Come conseguenza di questa concezione l'Io tende a pretendere che siano gli altri a cambiare e, se non ci fosse la spinta e l'influenza del sentire acquisito e del suo parametrarsi sui modelli proposti dalla Vibrazione Prima, ogni Io (e, quindi, ogni persona incarnata) resterebbe ferma e chiusa in se stessa, nell'attesa che siano gli altri a cambiare.
Fortunatamente la Realtà è architettata in maniera che questo non risulta essere possibile e l'Io, suo malgrado e per evitare la sofferenza che gli nasce dalla disarmonia col sentire e col suo occultato senso di inadeguatezza rispetto alla Realtà, non può fare altro, un po' alla volta, che modificare l'immagine che ha di se stesso.

D - Secondo me spesso abbiamo la tendenza a ragionare considerando le correnti di pensiero più che le persone: ma in genere è più facile capire un islamico che l'Islam, o un cattolico che il cattolicesimo (tanto per fare due esempi in cui ci sono fondamentalismi). Se stringessimo un pochino il raggio delle nostre azioni (ma anche dei nostri giudizi), forse, sarebbe più facile trovare punti di condivisione e fare ciò che le Guide sembrano suggerire.

Il ragionamento che fai lo trovo giusto, anche se molto spesso, nel vivere la vita, risulta estremamente difficile riuscire a disgiungere le correnti di pensiero dalle persone che le seguono.
Non dimentichiamo, comunque, che per quanto le correnti di pensiero e i fondamentalismi possano essere diversi tra di loro, vi è comunque e sempre una base comune che accomuna tutti gli individui incarnati e questa base comune è il processo evolutivo, fatto di acquisizioni graduali di sentire e la guida costituita dai dettami della Vibrazione Prima.
E questo punto di vista dovrebbe far arrivare a comprendere che per quanto le abitudini di vita, le tradizioni, le credenze religiose e via dicendo possano essere anche molto dissimili tra di loro ogni individuo ha le stesse pulsioni e necessità di tutti gli altri.
Magari, questo è anche vero, la manifestazione di tale base comune può non essere facilmente accettabile o condivisibile, tuttavia il pensiero che la meta finale non possa che essere la stessa dovrebbe aiutare ad accettare idee e modi di vivere diversi dai propri, ricordando che, evidentemente, altri hanno la necessità di percorrere strade che sembrano discostarsi anche in maniera profonda dalle proprie ma che, alla fine, ogni strada porterà allo stesso identico risultato, ovvero ad un ampio sentire comune e condiviso.

D - Il discorso del "tutto è scritto" come ovvia conseguenza lascia spesso il dubbio se questo non inneschi un atteggiamento fatalistico. Secondo me quello che deve cambiare è il punto di vista, che dovrebbe passare dall'esterno all'interno. La responsabilità la dobbiamo avere nei confronti di noi stessi, nel seguire quello che la nostra coscienza detta. Quindi, quello che dovrei fare è chiedermi se quello che sto facendo è davvero quello che sento giusto di fronte alla mia coscienza, in base agli elementi che ho a mia disposizione. Ovvio che poi quello che alla fine capiterà all'esterno è nelle mani dell'Assoluto e non dipende per fortuna dalle mie azioni (o del karma o del Disegno o quello che preferisci), ma noi siamo sempre responsabili di fronte a noi stessi. Non tanto per le conseguenze esterne quanto per quelle che ci saranno per la nostra interiorità.

In linea di massima mi sembra che i tuoi ragionamenti possano essere considerati giusti, anche se presuppongono, per la loro realizzazione, un sentire già abbastanza ampio.
Non inserirei, però, nel tuo ragionamento il discorso del “tutto è scritto” perché, effettivamente, potrebbe dare luogo ad atteggiamenti di passività nei confronti delle esperienze che la vita propone.
Forse potrebbe aiutare a modificare quella frase in “tutto si sta scrivendo” che, pur essendo dal punto di vista filosofico difficile da affrontare e certamente inesatto, può aiutare a mantenere intatto il senso della responsabilità individuale all'interno della vita che si sta vivendo.
Infatti, il concetto che la Realtà si sta scrivendo, secondo me, implica la considerazione che essa è scritta con le azioni e le reazioni di ogni individuo che in essa sta sperimentando e, di conseguenza, sottolinea il fatto che ognuno di noi sia responsabile della parte di Realtà che aiutiamo a scrivere.
Voi direte che, nella logica del “Tutto E'” non vi può essere divenire ma è già tutto scritto e, quindi, ognuno di noi segue un copione dal quale non gli è possibile derogare.
Sì, è proprio così, ma il punto sta – come abbiamo cercato spesso di farvi comprendere – nel fatto che la Realtà è estremamente logica e che il Grande Disegno è scritto proprio tenendo conto della logica che accompagna ognuno dei nostri percorsi individuali, non fissando a priori delle situazioni che l'individuo deve percorrere ma tenendo conto della successione logica dei suoi processi evolutivi che lo porteranno inevitabilmente a percorrere una via invece che un'altra sulla base delle scelte che il suo stadio evolutivo gli permette di effettuare.
Capisco che quanto ho detto dal punto di vista filosofico contenga delle inesattezze e mi scuso per questo (d'altra parte sapete che la mia evoluzione non è altissima e il mio dire, in fondo, è un esempio di quello che ho cercato di dirvi), ma forse le mie parole possono aiutarvi a comprendere una questione (come quella ricorrente del libero arbitrio) che ancora al vostro interno non è stata del tutto accettata e compresa.

D - Dopo tanti anni di confronto con gli insegnamenti delle Guide a volte ho un po' l'impressione di leggerli in modo coerente con le scelte che mi fanno stare bene, tenendo in debito conto anche i bisogni di chi mi sta intorno, in fondo però non penso che sia sbagliato: la presenza delle Guide secondo me ha la funzione di fornirci degli strumenti per conoscere meglio noi stessi, non per farci vivere nell'angoscia della misura di quanto esercitiamo il nostro egoismo ...

Come non condividere quanto hai appena detto?
Credo che uno dei punti basilari dell'insegnamento che vi è stato proposto in questi decenni sia proprio il fatto che sia essenzialmente non negativo bensì positivo: gli elementi negativi che possono essere individuati (l'Io e l'egoismo, i sensi di colpa e via dicendo) non devono essere elementi sui quali tormentarsi, bensì problematiche a cui è necessario e possibile trovare una soluzione, ricordando che l'insegnamento non ci ha donato dei dogmi da seguire come se fossero parole bibliche, bensì dei percorsi da mettere in atto per riuscire ad andare, come dicevano tanti anni fa dei nostri fratelli, oltre l'illusione, quell'illusione che è uno degli elementi principali che avvolge l'individuo e che lo spinge lungo la via del dolore invece che lungo la via dell'ampliamento della sua coscienza.

Bene, miei cari amici, la mia fatica termina qui e spero che le mie parole possano esservi servite almeno un pochino a chiarire qualche sfumatura che era sfuggita alla vostra analisi.
Termina qui anche il mio intervenire tra di voi, almeno in quest'epoca, dal momento che mi sembra di aver compreso dalle parole dei Maestri che in un domani imprecisato il miracolo di queste comunicazioni potrà essere ripreso.
Chissà, magari ci sarà ancora occasione, per me, di interagire con voi!
Vi porto i saluti e il caloroso abbraccio di molti dei nostri fratelli che vi sono stati accanto in questi anni e che non avranno occasione di intervenire direttamente per manifestarvi il loro affetto, e anche quello di quelli che, nel frattempo, hanno avuto occasione di incominciare una nuova avventura incarnativa e che, magari, sono accanto a voi non in spirito ma in carne ed ossa.
Così come mi faccio tramite della vicinanza e dell'affetto di quei vostri compagni (devo dire, in fondo, relativamente pochi) che ci hanno raggiunto nello scorrere di questi quattro decenni.
Vi abbraccio a mia volta, e vi ringrazio per aver sopportato per così tanti anni la mia verbosità.
Un saluto dal vostro Georgei (Georgei)
 
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