Chi siamo noi, 28 giugno 2017 - Scifo

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view post Posted on 29/6/2017, 07:06

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Creature, serenità a voi.
Abbiamo parlato diverse volte, in questi molti anni, del concetto di simbolo.
Tuttavia restano delle considerazioni da fare che sono implicite in tutto il discorso che abbiamo fatto ma sulle quali, come ho detto il mese scorso, non vi siete soffermati più che tanto cercando di ampliare i ragionamenti fatti, limitandovi a prendere le nostre parole così come vi sono state dette, dimenticandovi che il vostro compito non è quello di leggere... la “Bibbia” del Cerchio ma di cercare di comprenderla e, magari anche, quando è il caso, di applicare all'esame della vostra vita di tutti i giorni i concetti che vi sono stati presentati, ricordando che l'insegnamento che vi abbiamo portato non è settoriale e fatto di elementi a sé stanti, bensì un insieme armonico e correlato di tutti i fattori che costituiscono quella che abbiamo definito – forse un po' presuntuosamente - l'Architettura della Realtà.
Il simbolo è strettamente legato, come abbiamo abbondantemente sottolineato in passato, alla comunicazione.
Infatti, è un elemento che permette di comunicare idee e concetti anche molto complessi e non solo ma, considerando che ogni simbolo viene a contatto con la percezione soggettiva di chi intende interpretarlo e le molteplici prospettive in cui può venire osservato, ogni simbolo ha diversi livelli di lettura e di decodifica che portano alla formulazione di interpretazioni delle informazioni che esso racchiude in sé molto diversificate tra di loro, anche se riguardanti aspetti congruenti tra di loro.
Molti anni fa vi avevo proposto alcune considerazioni su un tipo di scrittura che veniva adoperata nell'antica Atlantide, soffermandomi su alcuni dei suoi simboli e mostrandovi il parallelismo tra alcuni dei concetti che proponeva con l'insegnamento filosofico che vi stavamo portando.
All'epoca, quanto vi avevo raccontato non era stato considerato da tutti voi altri che un'eccitante curiosità (il mito di Atlantide ha sempre stimolato la fantasia e anche le elucubrazioni più sfrenate di chi si occupa di questo tipo di argomenti) che appagava il desiderio dei vostri Io di essere a conoscenza di qualcosa che li distingueva – se non addirittura elevava – al di sopra della massa permettendogli di applicare a se stesso l'etichetta dell'”Io so”, senza soffermarvi più che tanto sulla parte filosofica che, invece, era il vero nocciolo di quanto vi stavo presentando.
Facendo un parallelo con le scritture dell'antico Egitto potremmo classificare i simboli del linguaggio atlantideo che vi ho descritto di tipo ieratico, assimilabile alla scrittura ieratica egiziana, con la fondamentale differenza che mentre la scrittura ieratica egiziana era prettamente adoperata dalla casta religiosa di quella civiltà e, quindi, strettamente collegata alle concezioni religiose di tale casta, la scrittura ieratica atlantidea veniva adoperata dai sapienti dell'epoca per esprimere complessi concetti filosofici e descrivere l'architettura stessa della Realtà, sfruttando una simbologia che partiva dalla costituzione dell'individuo incarnato per arrivare a individuare il suo collegamento e la sua reale posizione evolutiva all'interno di tale Realtà.
Come sempre, i simboli ideati da una razza non spariscono con l'estinzione della razza che li aveva ideati, ma si trasmettono – anche se, magari, in maniera distorta e, talvolta, con fraintendimenti vari, per adattarli alle concezioni di base che fanno da fondamento del percorso evolutivo di una razza diversa - alla razza successiva, mantenendo costante il collegamento tra una porzione dello sviluppo interno di un Cosmo e un'altra, contribuendo, in questo modo, a dare unitarietà al Cosmo stesso e - non ultimo – favorendone la continuità e l'esistenza.
Ecco, così, che la scrittura ieratica atlantidea ha dato vita alla simbologia della scrittura ieratica egizia e ha trasmesso alcuni dei suoi simboli in civiltà anche molto distanti nel tempo e nello spazio dal luogo da cui aveva avuto origine.
Sono ascrivibili alla provenienza atlantidea, per esempio, sia il simbolo dell'ankh egizio che il simbolo dell'ascia bipenne dell'epoca minoica o, in epoca successiva, la croce del cristianesimo e, addirittura, la croce nazista, pur con le evidenti storture concettuali che le sono state attribuite per adattarla alle strutture politiche e di potere che l'hanno adoperata.
L'interpretazione di questi simboli può, con una certa facilità, essere concettualmente traducibile adoperando i fondamenti che appartenevano alla scrittura ieratica atlantidea.
Ne è un esempio evidente il simbolo dell'ascia bipenne (che, ricordiamolo, in greco si denominava Labrys, e questo avrebbe potuto farvi fare dei collegamenti interessanti... ma non voglio infierire oltre): la parte centrale (ovvero il manico dell'ascia) può essere concepita come la rappresentazione grafico-simbolica dell'essere umano e le due lame esterne come il suo essere bipolare, ovvero con la caratteristica di offrire all'individuo incarnato la possibilità di agire o meno in accordo con le leggi del Cosmo.
E, ancora, può simboleggiare la trasformazione dell'uomo da ciò che era all'inizio della sua incarnazione verso ciò che arriverà ad essere nel suo percorso evolutivo.
Oppure (ricordando le diverse possibili interpretazioni, che non necessariamente si escludono a vicenda ma che, anzi, arricchiscono e approfondiscono in maniera sinergica il significo del simbolo) la capacità data all'uomo di osservare il suo passato per spingersi verso un suo futuro adeguato al suo sentire sempre più ampio e strutturato.
Oppure ancora (rammentando ciò che vi avevo detto, ovvero che in una certa prospettiva la parte destra del simbolo poteva essere riferita alla parte conscia dell'individuo e quella sinistra alla sua componete inconscia) l'evoluzione del sentire dell'individuo che porta alla sua consapevolezza ciò che era già dentro di lui ma che non riusciva ancora a mettere in relazione consapevole con ciò che egli è veramente.
Immagino che potreste domandarvi come mai in questo messaggio che, con tutta probabilità, terminerà il nostro insegnamento filosofico, ci soffermiamo proprio sul simbolismo, ma la ragione ve l'ho già detta: intendo chiarirvi alcuni concetti sui quali non avete riflettuto abbastanza e mostrarvi come in essi si trovino alcune delle risposte che apparentemente sono rimaste senza chiarimenti da parte nostra, come ad esempio “chi veramente siamo noi”.

Il simbolo su cui desidero soffermarmi in particolare è il simbolo della clessidra che, se lo ricordate, abbiamo adoperato all'interno di quel complesso grafico che vi avevamo proposto che racchiudeva in sé i vari percorsi ed elementi in gioco all'interno del processo evolutivo che conduce l'individualità a sperimentare le varie componenti della Realtà fino a portarla al compimento del suo cammino, ovvero fino alla sua ricongiunzione con l'Assoluto.
Capisco che si tratti di uno schema molto complesso e sul quale ci sarebbe stato veramente molto da dire, ragionando insieme, ma così non è stato e non serve a molto rammaricarsene.
Forse, però, un po' più di curiosità avrebbe dovuto spingervi, quanto meno, a domandarci come mai avevamo adoperato proprio il simbolo della clessidra.
L'accostamento tra il simbolo della clessidra e quello dell'ascia bipenne è, dal punto di vista grafico, del tutto evidente, sebbene solitamente la prima sia rappresentata verticalmente mentre la seconda orizzontalmente, e basta “coricare” la clessidra per osservare in maniera indubitabile la correlazione grafica tra i due simboli, entrambi costituiti da due triangoli rovesciati l'uno rispetto all'altro e uniti per la punta.
Se visualizzate tale immagine potrete notare anche la relazione con un altro simbolo usato fin dall'antichità – e spesso accostato al simbolo dell'ascia bipenne - ovvero il simbolo di una farfalla stilizzata.
Magari vi chiederete cosa c'entra, ora, il simbolo della farfalla...
Ve lo spiego subito.
La farfalla è sempre stata (e, in realtà, è tale anche ai giorni vostri) un mistero che la scienza non è ancora riuscita a spiegare completamente: il passaggio dalla condizione uovo a quello di bruco, passando a quella sorta di poltiglia di materia pochissimo differenziata che caratterizza lo stato di pupa (o. se preferite, di crisalide) arrivando, infine, a organizzarsi fino al momento in cui spezzerà il guscio dell'uovo che la racchiudeva arrivando a mostrarsi nella nuova forma di farfalla, completamente diversa da quella iniziale del bruco sia dal punto di vista fisiologico che da quello, ad esempio, nelle necessità nutritive tipiche del bruco, e dotata di caratteristiche ben diverse da quelle iniziali del bruco come la presenza delle ali e, di conseguenza, la capacità di volare.
Gli antichi, maggiori osservatori della natura con cui avevano una relazione ben più diretta di quella che avete ai giorni vostri attuando personalmente l'osservazione di ciò con cui venivano a contatto (mentre voi tendete genericamente ad apprendere nozioni attingendole in maniera più indiretta da quelle che vengono messe a vostra disposizione dagli studi dei vari settori della ricerca “scientifica”) avevano ben presto osservato la stranezza di tali trasformazioni e ne avevano tratto un simbolo, rappresentativo della trasformazione e del processo evolutivo, adeguandolo al “pensiero magico” così naturale per gli uomini di quelle epoche.
E' evidente il collegamento col simbolo dell'ascia bipenne (e i due simboli, in effetti, sono stati associati, nel tempo, essendo ritenuti interscambiabili e collegati tra di loro).
Noi stessi abbiamo operato in questo modo, anche se non in una maniera scopertamente evidente: la partecipazione di uno di noi che ha assunto il nome di Labrys per presentarsi alle riunioni del Cerchio e la pubblicazione, nel primo ciclo di insegnamento, dei volumi dal titolo “La crisalide” e “La farfalla”, dovrebbe darvi modo di comprendere come il nostro intento fosse, fin dagli albori dei nostri interventi, quello di portarvi ad esaminare lo sviluppo evolutivo all'interno del Cosmo, attraversando le trasformazioni che l'individualità attraversa durante il suo percorso nelle sue varie fasi di ritorno all'Assoluto.

Tutte le considerazioni che ho fatto a proposito dei simboli dell'ascia bipenne e della farfalla possono tranquillamente essere applicate al simbolo della clessidra, anche se per questo simbolo, ovviamente, un elemento fondamentale (e la prima interpretazione che risulta evidente) è costituito dal fatto che la clessidra segna il trascorrere del tempo ed è, di conseguenza, il concetto di flusso temporale quello che tinge in maniera particolare le varie interpretazioni attribuibili al simbolo della clessidra che noi avevamo adoperato, in particolare, nella descrizione del percorso evolutivo dell'uomo all'interno della Realtà.
Ed è proprio in questa accezione che intendo ragionare, servendomene, nel contempo, per rispondere ad alcune domande che, come dicevo all'inizio, sono apparentemente rimaste senza una risposta palese.
La prima particolarità del simbolo della clessidra che si presenta allo sguardo dell'osservatore è che, a differenza della simbologia atlantidea e quella dell'ascia bipenne è la mancanza del simbolo centrale che rappresenta l'uomo, cosa che ha, invece, in comune col simbolo della farfalla.
Ciò che intende, infatti, comunicare non è riferibile all'essere umano in particolare, bensì all'evoluzione nel suo complesso: il punto di congiunzione centrale può, così, essere considerato come lo stato dell'evoluzione, in un determinato momento – e quindi variabile col procedere del percorso evolutivo – dell'elemento di cui si sta rappresentando l'evoluzione.
Il processo evolutivo che vi abbiamo descritto in questi decenni, infatti, non è specificatamente quello dell'essere umano ma, più correttamente, quello dell'individualità che attraversa le varie forme che incarna di volta in volta, passando attraverso i vari regni della natura in cui viene via via posizionandosi coerentemente alle sue capacità percettive del suo momento evolutivo.
Infatti, come ben sappiamo ormai, l'individualità incomincia la sua incarnazione all'interno del regno minerale per passare al regno vegetale e incarnarsi, infine, nel regno animale di cui l'uomo, ovviamente, fa parte.
Esaminiamo assieme alcuni elementi individuabili nel simbolo che stiamo osservando, alla ricerca delle informazione che esso trasmette.

Una prima osservazione può riguardare il fatto che esso è costituito da due triangoli uniti per la punta e, quindi, svasati sia in basso che in alto.
Questa caratteristica (facilmente associabile al concetto del “così in alto, così in basso” così spesso da noi citato nei nostri interventi) può essere ricondotta alla descrizione dell'individualità e alle sue diverse forme nel corso del suo passaggio all'interno della materia.
La parte inferiore del simbolo rappresenta il percorso dell'individualità verso la più specializzata forma umana: all'inizio essa è collegata a un elevato numero di altre individualità (le famose anime-gruppo) che cumulano le loro relativamente poche esperienze evolutive, inviando input al corpo akasico di ogni individualità facente parte dell'anima-gruppo, corpo akasico (in realtà parlare di corpo akasico, in questo caso, risulta inesatto e più giusto sarebbe palare di massa akasica comune, ma non complichiamoci troppo la vita...) ancora completamente indifferenziato e certamente senza alcuna strutturazione coerente.
Via via che l'individualità acquisisce esperienza e affina le sue caratteristiche sia percettive che reattive nei confronti delle esperienze di vita che di volta in volta gli si presentano, le anime-gruppo sono formate da un numero sempre minore delle individualità che le formano, come conseguenza della diversa reattività alle esperienze affrontate: affrontare un'esperienza in maniera diretta è, ovviamente, cosa ben diversa dal sentirsi raccontare ciò che un'altra individualità ha vissuto direttamente, e questa diversità di percezione porta a far procedere più velocemente nel percorso evolutivo alcune individualità rispetto ad altre
Come conseguenza di questo differente modo di percepire all'interno della massa akasica collegata all'anima-gruppo si vanno formando delle fratture nei collegamenti tra le varie componenti dell'anima-gruppo, riducendo il numero di individualità ad essa collegate in quanto prendono vita altre anime gruppo, costituite da un numero minore di individualità caratterizzate da una maggiore affinità di percorso evolutivo, e ognuna di esse procede su linee evolutive che le sono più utili.
In questo modo, l'anima-gruppo di partenza si assottiglia sempre di più, diminuendo il numero delle individualità che la compongono, (e lo stesso avviene, ovviamente, per le anime-gruppo che da essa sono derivate) fino a diventare un'individualità singola non facente più parte di un'anima-gruppo e incominciando ad avere una maggiore consapevolezza di se stessa come unità, fatto, questo, che avvia la naturale comparsa dell'illusione dell'Io con la conseguente illusoria identificazione con esso, innescando quella parte di processo evolutivo che riguarda l'incarnazione di tipo umano, caratterizzata da un solo corpo akasico e di una sola individualità ad esso collegata.
Raggiungiamo, così, il punto centrale del simbolo, punto che simboleggia il passaggio alla forma umana, con le caratteristiche evolutive che lo contraddistinguono: percezione di se stesso, costruzione di un Io personale, capacità di interagire maggiormente con le esperienze che affronta, presenza di un corpo akasico in cerca di una maggiore e più completa strutturazione, ampliamento di quella forma di comprensione della Realtà che abbiamo chiamato “sentire”,
A questo punto, coerentemente coll'insegnamento del “così in alto, così in basso”, il processo si ripete, anche se – come è evidenziato graficamente dal fatto che i due triangoli sono capovolti l'uno rispetto all'altro – si tratta di una ripetizione in senso inverso: mentre nella prima parte si partiva da una massa akasica costituita dall'unione di una miriade di individualità, in questa seconda parte il punto di partenza è l'individualità singola la quale, però, tende a riunirsi con le altre individualità presenti nell'intero processo evolutivo interno al Cosmo.
Non si tratta più di un'unione di masse akasiche indifferenziate, bensì di un'unione via via più ampia di sentire, e in questo sta la differenza basilare tra i due percorsi, certamente assimilabili dal punto di vista del processo ma ben diversi in quanto indubbiamente diversi sono gli elementi che entrano in gioco.
Anche all'interno di questa seconda fase ha un ruolo di primaria importanza il concetto di affinità.
Infatti, è proprio l'affinità di sentire che permette e favorisce il crearsi di collegamenti tra un corpo akasico e quegli altri corpi akasici che nel loro percorso di ampliamento e strutturazione del sentire hanno acquisito comprensioni che risultano essere state acquisite anche dai corpi akasici di altre individualità.
Ed è attraverso queste acquisite comprensioni comuni che si crea un'affinità tra le individualità, permettendo così la creazione di collegamenti di sentire tra un'individualità e l'altra e dando luogo a quelle che abbiamo definito come “aggregazioni di sentire”.
Scherzosamente, allo sopo di catturare la vostra attenzione e di portarvi a ricordare più facilmente quanto vi stavamo spiegando, avevamo parlato di questa fase come della creazione di “ciccioni akasici”, dando in seguito una definizione un po' più seria ovvero quella di “isole akasiche”.
L'intero processo di aggregazione dei sentire è, ovviamente, un processo estremamente dinamico, in quanto in continuo ampliamento è il sentire di ogni individualità in conseguenza delle porzioni di comprensione che vengono via via acquisite attraverso l'incontro/scontro con le esperienze all'interno del piano fisico.
Questo elemento porta a comprendere, sul filo strettamente razionale, che le isole akasiche, a loro volta, tendono a unirsi tra di loro a mano a mano che nuove comprensioni vengono acquisite dalle singole individualità e che nuovi collegamenti tra di esse divengono disponibili.
La conseguenza di tutto questo ampliamento del sentire – a rigor di logica – non può far altro che condurre alla costituzione di isole akasiche sempre più ampie e con un'inarrestabile tendenza a diventare sempre meno ma, contemporaneamente, sempre più ampie perché si aggiungono ad esse quelle individualità che, nel frattempo, hanno ampliato la propria comprensione e il proprio sentire, tendendo alla meta finale che è quella di costituire una sola grande massa akasica che collega tra di loro ogni individualità in un unico sentire completamente strutturato.
Come vedete, nel farvi pervenire lo schema del processo evolutivo al suo interno non avevamo inserito casualmente o per semplice abbellimento grafico il simbolo della clessidra ma esso è la condensazione e la rappresentazione simbolica di quella cosa così complessa (ma poi, alla fin fine, anche abbastanza semplice se si segue un percorso razionale logico) che è il processo evolutivo all'interno della Realtà.

Ma veniamo, adesso, a darvi la risposta su chi siamo noi... anche se sono sempre convinto che, da quanto abbiamo detto nel tempo e dal denso riassunto che ho colto l'occasione per farvi, le risposte siano abbastanza chiare ed evidenti.
I detrattori dell'insegnamento proveniente da fonti paranormali hanno cercato nel tempo di sminuire tale insegnamento facendo delle ipotesi alternative sulla loro realtà (curiosamente le contestazioni sono state sempre rivolte più sulla fenomenologia che sui concetti, probabilmente perché contestare i concetti, anche se, magari, solo a livello logico/razionale, costa una certa fatica, una grande capacità di analisi, una notevole preparazione filosofica e, cosa non trascurabile, dà meno “lustro”).
Non intendo ritornare più che tanto sulla fenomenologia paranormale su cui mi sono soffermato più volte all'inizio dell'attività del Cerchio (quando, cioè, vi abbiamo presentato una panoramica fenomenologica portandovi identificazioni, apporti e quant'altro, cosa fatta, più che altro, per catturare la vostra attenzione e appagare la vostra curiosità come anticipo di quello che secondo noi, era invece realmente importante, ovvero l'insegnamento filosofico e spirituale) ma preferisco, invece, soffermarmi sull'analisi delle varie teorie alternative proposte alla luce del completamento del nostro insegnamento.
La prima ipotesi avanzata è che l'attività del Cerchio sia frutto di frode da parte degli strumenti, frode conscia o frode inconscia.
Che possa trattarsi di frode conscia mi sembra evidente che sia da escludere senza troppe esitazioni: la frode conscia sottintende un intendimento fraudolento volto ad ottenere vantaggi personali di qualche tipo.
Aldilà del fatto che mi sembra poco probabile che una frode conscia duri per quattro decenni credo che non vi sia nessuno che possa dire che gli strumenti che abbiamo ampiamente sfruttato in questi anni abbiano ricavato alcun beneficio materiale dal loro ruolo, se mai, piuttosto, ne hanno ricavato oneri pesanti e un faticoso barcamenarsi tra la conduzione delle loro vite e l'impegno gravoso per la disponibilità che hanno messo a nostra disposizione.
In quanto alla possibilità di una frode inconscia (sottolineando che, anche in questo caso, una frode inconscia lunga quattro decenni mi risulta alquanto difficile da considerare come possibile, specialmente considerando la labilità e la continua trasformazione degli impulsi di ogni Io) essa può ricondursi a due possibilità: o la frode inconscia viene attuata per ottenere un qualche tipo di beneficio materiale (e qua non potrei che ripetere quanto appena detto per la frode conscia) oppure la sua attuazione presuppone il tentativo di innalzarsi sopra gli altri e, magari, di acquisire potere personale sulla base di una presunta superiorità morale supposta dal loro Io.
Chi conosce gli strumenti sa che sono sempre rimasti nell'ombra, che non si sono mai sognati di porgersi come maestri o guru o di abusare del potere morale che gli altri, magari, gli attribuivano, arrivando persino a sentirsi infastiditi dal fatto che tutto ciò che dicevano o facevano veniva interpretato come il frutto di un loro contatto privilegiato con noi.
E mai, e sottolineo “mai”, il loro essere nostri strumenti li ha fatti sentire superiori ad altri o li ha indotti a sfruttare, anche in modo inconsapevole, la loro teorica “anormalità”.

Infine è stata spesso tirata in ballo l'ipotesi dell'inconscio collettivo e quella del serbatoio cosmico... e forse queste due teorie non sono così facilmente scartabili, tenendo conto del nostro stesso insegnamento, anche se devono venire osservate in un'ottica ben precisa che, alla fin fine, giustifica il mio lungo soffermarmi sul simbolismo della clessidra e il conseguente riassunto della nostra concezione di evoluzione.
Ricordiamo brevemente la nostra definizione del termine “inconscio”, più ampia di quella che è l'accezione comune: è inconscio tutto ciò che non è alla coscienza (intesa, in questo caso non come coscienza akasica ma come consapevolezza da parte dell'individuo).
Questo significa che abbiamo etichettato come inconscio non soltanto quello che avviene all'interno dei corpi transitori dell'individuo, al di fuori della sua consapevolezza, durante la sua esperienza incarnativa, ma anche tutto il percorso evolutivo dell'individuo nel corso della sua evoluzione comprese, quindi, tutte le conoscenze e le esperienze che egli ha incontrato o vissuto nel corso delle sue molteplici vite
E non soltanto: può essere posizionato nell'inconscio gran parte del sentire dell'individuo in quanto egli è consapevole del suo sentire solamente in minima parte poiché il suo sentire esiste al suo interno e influisce sulla reattività all'esperienza in larga parte al di là della sua consapevolezza.
Ma il discorso, in realtà, è ancora ben più ampio, e per comprenderlo basta pensare a quanto vi ho rispiegato poc'anzi sul simbolo della clessidra nella sua parte alta, ovvero l'ampliarsi e il ramificarsi di una coscienza comune via via più ampia a mano a mano che le individualità, grazie alle esperienze di vita, acquisiscono nuove porzioni di sentire: tali acquisizioni, grazie alle vibrazioni tipiche dei vari elementi delle comprensioni acquisite, permettono di collegare tra di loro in maniera sempre più ampia i vari sentire, arrivando in questo modo a dare alla massa akasica collegata alle varie individualità una struttura sempre più complessa e compatta e offrono la possibilità di condividere le informazioni tra i vari sentire interconnessi.
Cosa significa, tutto questo discorso?
Significa che l'unione dei sentire favorisce il passaggio di informazioni tra un'individualità e l'altra, mettendo in comune, per ognuna di esse, i percorsi che hanno seguito per acquisire le varie comprensioni che hanno raggiunto durante il loro lungo percorso evolutivo.
Significa anche che maggiore è il sentire acquisito da un'individualità e maggiori e più stabili sono i collegamenti con altre individualità, e questa condizione non può che favorire il passaggio di informazioni tra un'individualità e l'altra.
Significa ancora che, col progredire dell'evoluzione dell'individualità essa, pur non perdendo le caratteristiche del percorso individuale che ha seguito durante la sua scalata verso un sentire sempre più ampio, tuttavia si fonde con i percorsi compiuti dalle altre individualità a cui è collegata dal suo sentire e significa, così, che ogni individualità diventa sempre più un tutt'uno con le altre individualità. Questo ragionamento, se ci pensate, avvalora il nostro dire nel tempo che gli affetti che perdete nel corso delle vostre incarnazioni non vanno persi ma saranno lì ad aspettarvi, intensi come in vita, quando abbandonerete il piano fisico. Non si trattava, quindi, di un mero discorso consolatorio, ma di una realtà derivante proprio dall'analisi della Realtà che fin qui vi ho esposto.
Questi concetti che, apparentemente, sembrano essere soltanto di tipo filosofico, in realtà finiscono con l'avere delle conseguenze pratiche di una certa importanza, specialmente nell'ottica che stiamo cercando di portare alle sue ovvie e logiche conclusioni.
Non si può, infatti, non arrivare a comprendere che le fusioni di sentire finiscono col trasformare ogni individualità singola in un'entità multipla, all'interno della quale i vari percorsi, le varie esperienze e le molteplici sfumature di sentire appartengono a tutte le individualità collegate tra di loro attraverso le vibrazioni del loro sentire.
Ecco, quindi, che ci troviamo davanti alla constatazione della realtà dell'esistenza sia di un inconscio collettivo che di un serbatoio cosmico in cui sono racchiusi tutti gli elementi che hanno portato le individualità collegate ad ampliare il suo sentire, con le relative informazioni acquisite che ad esso si riferiscono.
In definitiva possiamo definire coi termini “inconscio collettivo” che questa struttura di sentire collegati mette in comune e a disposizione delle individualità, i frutti di tutte le esperienze che esse hanno affrontato durante le molte incarnazioni.
In altre parole, è come se ogni individualità fosse più non solo se stessa ma anche tutte le altre, con le relative incarnazioni che esse hanno sperimentato, al punto che risulterebbe difficile, a un certo grado di fusione di sentire, poter fare una distinzione reale tra un'individualità e l'altra, ottemperando esse al concetto che Tutto, alla fin fine, è Uno.
Contemporaneamente possiamo affermare che in questa sorta di serbatoio cosmico che si va creando grazie alla fusione dei sentire possono essere trovate e rintracciate tutte le conoscenze con cui ogni individualità è venuta in contatto ed ha accettato come vere, comprendendone la verità, fornendo la possibilità di avere una conoscenza molto più ampia di quella che aveva l'essere umano singolo incarnato..
Allora, alla domanda “chi siamo noi?” la risposta non può essere che una solamente: noi siamo voi (o, se preferite, voi siete noi), perché apparteniamo alla stessa massa akasica formata dalla fusione dei sentire a cui ognuno di voi è inconsapevolmente collegato.
Potremmo ampliare ancora di più la visione che vi ho presentato ricordandovi che nella massa akasica finale e totalmente strutturata interna al Cosmo (e qui ci si potrebbe addentrare in maniera scombussolante sul concetto del tempo e dell'Eterno Presente... ma ritengo che per voi possa essere troppo, ed eventualmente ne riparleremo quando ritorneremo a parlare tra di voi in futuro, come vi abbiamo promesso) sono comprese le fusioni di sentire con le razze che vi hanno preceduto sul pianeta (ma anche – ah, il tempo, che elemento frastornante! -) quelle delle razze che verranno dopo di voi.
Allora come mai, potreste chiedervi, le informazioni e le comprensioni raggiunte da queste razze successive alla vostra non sono a vostra disposizione?
La domanda è semplice, ma è anche abbastanza semplice pure la soluzione del quesito: le informazioni, per arrivare alla consapevolezza dell'individuo incarnato devono riuscire a compiere un percorso continuo attraverso i vari sentire e perché ciò sia possibile è necessario che i sentire trovino degli allacciamenti senza interruzioni nei sentire che cercano di raggiungere.
E questo non è possibile se non quando le fusioni hanno raggiunto un grado tale di collegamenti da permettere la continuità nel passaggio delle informazioni.
Quindi è una cosa che può accadere solo in presenza di continuità di sentire che attraversi la fusione nella sua totalità, cosa relativamente rara ma non impossibile, tant'è ero che nel tempo vi sono stati dei casi in cui ciò è avvenuto, come viene raccontato da sbalzi improvvisi delle cognizioni da parte anche della vostra razza a seguito non di un processo ragionato e logico ma di un'improvvisa e inspiegabile intuizione o, addirittura, attraverso le soluzioni presentate da un sogno.
Ma ritorniamo al “chi siamo noi”.
Come abbiamo detto noi siamo voi, in quanto apparteniamo alla massa akasica di cui fate parte ed è proprio questa appartenenza a uno stato comune che ci ha permesso, in questi decenni, di venirvi a parlare, talvolta mostrandoci a voi come esempi della vostra coscienza più ampia, talaltra diventando per ognuno di voi delle Guide verso una conoscenza della Verità che, a ben vedere, in realtà già vi appartiene, relegando il nostro ruolo non già a quello di Maestri, bensì a umili portatori delle conoscenze relative al futuro non di voi come essere incarnati, bensì di voi come sentire in via di sviluppo all'interno dell'evoluzione cosmica.
I nostri interventi sono stati senza dubbio favoriti dalla nostra affinità con voi e abbiamo potuto portarvi interventi di individualità che, magari, hanno avuto episodi di vite talvolta famose: è evidente che nel calderone della massa akasica i personaggi “illustri” sono inevitabilmente stati tanti e avremmo potuto adoperare ognuno di loro per parlarvi, anche se ciò, quando è avvenuto in maniera palese (il più delle volte gli interventi sono stati anonimi o adoperando pseudonimi per non far perdere importanza ai vostri occhi il senso di ciò che veniva detto, sovrastato dallo stupore per la manifestazione di un qualche personaggio famoso), è stato fatto in gran parte per catturare la vostra attenzione e stimolare la vostra curiosità, dal momento che, a ben vedere, la voce che vi ha parlato in questi quarantanni avrebbe potuto essere solamente una, senza perdere o limitare in nulla ciò che vi abbiamo detto nel tempo.
Con queste mie parole spero di avervi dato di che pensare almeno fin a quando il Cerchio Ifior (o come verrà chiamato, in futuro) riprenderà il suo percorso, lungo il percorso del simbolo dei simboli, ovvero il Cerchio, che tutto racchiude e che esprime nella sua semplicità il concetto dell'Assoluto come unica e indivisibile Realtà.
Serenità a voi. (Scifo)
 
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