I temi dell'evoluzione

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view post Posted on 1/10/2021, 09:21

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1 – Il concetto di razza e di reincarnazione

Noi intendiamo per «razza» uno scaglione di anime che, giunto alla soglia dell’incarnazione umana, inizia a incarnarsi su di un pianeta sotto forma di essere umano al fine di raggiungere il completo sviluppo della coscienza.
Queste anime o individualità son accomunate da necessità evolutive simili e si incarnano sul pianeta per circa 50.000 anni, periodo di tempo approssimativo durante il quale la razza compie il suo cammino all’interno della vita umana, sottostando alla legge di reincarnazione, cioè alla necessità di vivere più di una vita nel corso di quel lungo arco di tempo.
Perché vivere più vite?
In primo luogo perché non è possibile ottenere il totale ampliamento della coscienza in una vita sola: il corpo della coscienza, o corpo akasico, ha bisogno di scontrarsi con situazioni diverse, in ambienti diversi e sotto istanze diverse per comprendere se ciò che crede di avere acquisito è reale e definitivo oppure no.
E’ evidente da questo il perché abbiamo affermato che la media di tempo che intercorre tra un’incarnazione e l’altra sia di 350 anni: in un tale lasso di tempo la società è mutata sia a causa della sua evoluzione spontanea, sia per l’incarnarsi di entità che hanno compreso certi elementi e che, perciò, daranno il via – con il loro più ampio sentire – a condizioni diverse in cui chi si viene a inserire con una nuova incarnazione riceverà gli stimoli adatti a dargli la possibilità di comprendere nuove sfumature e, quindi, di ampliare a sua volta il proprio sentire.
In secondo luogo non va dimenticato che tutto, nel creato, tende all’equilibrio e che la comprensione è il più grande fattore d’equilibrio che esista.
Nel corso delle varie vite, a causa dell’incomprensione, si subiscono o si compiono azioni dannose non solo per se stessi ma anche per gli altri. Ecco, allora, che grazie alla legge del karma (o legge di causa-effetto) vi è la possibilità da parte del corpo akasico sia di comprendere (e quindi trovare un nuovo equilibrio interiore) i propri errori precedenti, sia di reincontrare quelle individualità che già si erano incontrate e con le quali si erano stabiliti degli squilibri dovuti ad azioni errate a causa della non-comprensione del momento.
Si vede, così, che la reincarnazione è un elemento necessario all’evoluzione dell’individuo in quanto offre questa possibilità di incontrarsi nuovamente con le altre individualità con le quali si era creato un legame karmico.
Le razze si susseguono sul pianeta l’una all’altra, ma non accade che una razza finisca il suo ciclo evolutivo e, subito dopo, un’altra razza inizi la sua avventura evolutiva: in realtà vi è una sovrapposizione temporale poiché quando una razza giunge intorno alla metà del suo ciclo incarnativo ecco che una nuova razza inizia a incarnarsi.
Perché vi è questa sovrapposizione di razze?
Principalmente perché, anche se in maniera inconsapevole, la razza che ha iniziato prima la sua incarnazione preparerà l’ambiente che accoglierà la razza successiva, dettandole le istanze evolutive in quanto l’ambiente e la società in cui la nuova razza si troverà a vivere rifletterà le comprensioni che il sentire della razza precedente avrà raggiunto in quel momento, rendendole delle mete che spingeranno la nuova razza nel suo percorso evolutivo.
Dobbiamo riconoscere che questi sono concetti che stimolano la curiosità e l’Io nel suo complesso. A chi non verrebbe da domandarsi chi sia stato nella vita precedente o se appartenga alla vecchia razza, quella «più evoluta», o a quella nuova, più «bambina»?
L’errore di fondo è che queste domande non hanno alcuna reale importanza per l’individuo: essere stato un imperatore in una vita precedente non costituisce segno di distinzione per l’Io attuale, mentre potrebbe esserlo se si è stati buoni, giusti, saggi e altruisti. Ma questi elementi positivi, se erano stati raggiunti ed erano sinceri e non semplici maschere indossate per abbellire se stessi, si possiedono anche in questa vita, per cui il sapere di possedere quelle qualità già da una, due o cinquanta vite nulla toglie e nulla aggiunge a ciò che si è adesso. Lo stesso discorso vale per l’appartenenza ad una razza invece che ad un’altra: che si appartenga alla vecchia o alla nuova razza e da quanto tempo non è un elemento importante, in quanto ciò che conta veramente è quello che si è arrivati a comprendere e questo esula dall’appartenenza a una razza o all’altra.
Potreste obiettare che sapere di appartenere alla vecchia razza significa sapere che si ha già percorso una buona metà del cammino.
E allora? Questo significa che avete compreso molte cose?
Non è necessariamente così: ciò che avete vissuto fino ad ora nelle vostre vite precedenti potrebbe essere stato soltanto in larga parte, per voi, il porre la base per delle comprensioni che, magari, acquisterete tra mille o diecimila anni! Non vi resta dunque – diciamo noi – che concentrare la vostra attenzione e il vostro interesse su quel che siete oggi perché è ciò che vi dà gli elementi su cui, oggi, dovete lavorare per accrescervi.
Le nozioni di razza e di reincarnazione sono complesse nella loro totalità, ma noi vi stiamo parlando in semplicità, in modo tale che chiunque ascolta le nostre parole possa, al di là della sua conoscenza o meno di certi concetti, non sentirsi fuori posto o incapace di seguire i nostri discorsi, perdendosi nei meandri delle parole difficili o dei concetti portati troppo complessamente: tanto varrebbe dirvi di leggere il tal libro alla tale pagina demandando alle parole che abbiamo detto in passato il compito di presentarvi l’insegnamento. Ma non possiamo dimenticare di essere qui al vostro servizio, ed è proprio questo senso di responsabilità nei vostri confronti che ci indica la via per cercare di essere compresi il più possibile da voi.
Potremmo, senza dubbio, ripetervi e ampliare cose di cui in tempi precedenti abbiamo parlato: che sul pianeta Terra si incarneranno sette razze, che la prima e la seconda sono state Lemuria e Atlantide, che attualmente vi sono incarnate la terza e la quarta razza, e via dicendo. Ma lo scopo di questi incontri non è quello di stimolarvi fantasie, talvolta pericolose perché possono far perdere di vista la realtà, o di appagare la curiosità. Il fine è quello di farvi comprendere i concetti essenziali dell’insegnamento, senza i quali l’intera architettura dell’insegnamento perderebbe senso, cercando nel contempo di dare una conseguenza logica alle nostre parole facendo, in tal modo, intuire a chi ne ha la sensibilità, la vastità e complessità dell’edificio, portandovi a pensare che forse, comprendendo ciò che andiamo dicendo, la vostra stessa vita potrebbe trasformarsi.
Se capirete che siete stati incarnati sia in maschi che in femmine, molte delle barriere che siete soliti creare con i vostri simili diventeranno più fragili.
Se capirete che a volte siete stati ricchi e a volte poveri e che non sapete come sarete la prossima vita, ma che da entrambe le esperienze avrete tratto tutto ciò che più conta, ovvero la comprensione, riuscirete a dare un calcio all’invidia e al desiderio di possedere, allontanandoli da voi.
Se capirete che siete stati o potrete essere sia padroni che servitori, ammorbidirete la vostra presunzione o la vostra frustrazione e riuscirete a cercare, in entrambe le situazioni, di dare sempre e comunque il meglio di voi stessi.
Se capirete di essere stati o che sarete bianchi, neri, gialli o rossi il concetto stesso di razzismo subirà, al vostro interno, un grave colpo e, nel momento in cui vi capiterà di accorgervi del vostro comportamento razzista, non dovreste più faticare molto a riconoscere che non è la diversità degli altri da voi stessi il vero problema, ma che siete voi che nascondete dietro alle vostre posizioni faziose e intransigenti le vostre manchevolezze interiori.
Se capirete che ogni persona che vi è accanto (dal figlio al conoscente occasionale) vi è accanto perché, nel corso di qualche vita, si sono creati dei vincoli karmici che hanno reso necessaria quella vicinanza nella gioia o nel dolore, arriverete ad amare più profondamente gli attimi di gioia e affronterete con maggior decisione e coraggio i momenti di dolore, consapevoli che rimandare o non sciogliere le vostre cause interiori non farà altro che farvele ritrovare in una vita successiva.
Se capirete che il karma (che così spesso confondete col fato, sentendovi impotenti verso di esso) che vi trovate ad affrontare non è una punizione ma un darvi la possibilità di riparare antichi errori aggiustando la comprensione non perfetta che avevate avuto, vi sarà possibile non lasciarvi sovrastare da esso ma rimboccarvi le maniche per cercare di comprendere fino in fondo in modo da non sbagliare più e sciogliere l’effetto karmico.
Se capirete che il dolore come punizione non esiste, che la fortuna o la sfortuna sono create come conseguenza di ciò che comprendete o no, e che il «caso» non esiste ma che ciò che vi viene incontro accade per farvi affrontare le esperienze di cui avete bisogno per crescere, avrete una visione diversa di voi, degli altri, del mondo e della vita stessa.
Tutto questo vi può dare una prospettiva diversa di ciò che faticavate ad accettare, e questo non potrà che rendervi più sereni nei vostri giorni.
Ecco il motivo per il quale noi siamo qui, vi parliamo, cerchiamo di venirvi incontro e vi diciamo che desideriamo, per voi stessi, che sappiate andare anche l’uno incontro agli altri ricordando che esistono i propri bisogni e le proprie necessità ma senza dimenticare o prevaricare quelle degli altri.

2 – Evoluzione della forma e della materia

Nel fantasmagorico scenario che l’Assoluto ha sognato per rappresentare la Realtà sul palcoscenico del suo immenso teatro, il concetto di evoluzione può essere assimilato al canovaccio che, in qualche maniera, stabilisce il binario, il percorso obbligato lungo il quale la storia e gli intrecci che la compongono debbono incanalarsi.
E’ difficoltoso, per voi che osservate dal relativo, comprendere la logica del «Tutto E’», cioè del fatto che tutto esiste già nella sua interezza e appare come un quadro già, comunque, dipinto. E’ per questo motivo, figli e fratelli, che per spiegarvi lo sviluppo della Realtà siamo partiti dal vostro punto di vista, ovvero dal punto di vista dello spettatore che osserva la recita, vive e interagisce con la storia e gli attori che di volta in volta salgono sul palco, e si rende solo vagamente conto che, in realtà, la storia è già tutta esistente, fin nel suo più piccolo dettaglio, nella mente di chi ha ideato la trama, la scenografia e la regia.
Nel timore che voi poteste non accettare o non comprendere fino in fondo quanto noi vi andiamo dicendo da così tanto tempo, vi abbiamo parlato dell’evoluzione come di un raggiungimento di uno stadio diverso da quello di partenza, poco evidenziando il fatto che anche l’evoluzione è un’illusione. D’altra parte, figli nostri, colui che è immerso nell’illusione del divenire pensa e agisce nel divenire in maniera così coinvolgente che ha ben poca importanza, per lui, capire correttamente che quel divenire è un’illusione (e con esso la sofferenza e le problematiche interiori) la quale cadrà nel momento in cui il suo sentire si sarà strutturato in maniera tale da permettergli di riguardare con occhi più consapevoli non solo la sua esistenza ma il divenire stesso. Questa è una tappa futura obbligatoria nel dipanarsi dell’evoluzione ma per arrivare ad essa è necessario attraversare l’illusione con tutte le sue problematiche, e il nostro compito, in questi anni di insegnamento presso di voi, è stato proprio quello di cercare di farvi comprendere che, comunque sia, l’illusione non è vuota e priva di significato, ma esiste come fase necessaria e indispensabile all’esistenza della Realtà.
Osserviamo, perciò, l’evoluzione, riguardandola dalla prospettiva del divenire pur restando consapevoli che il divenire stesso, a un certo punto, finirà con il rivelarsi un’illusione.
All’interno del divenire tutto è compenetrato, tutto interagisce e ogni effetto possiede una causa, così come ogni causa produce un effetto. Non è privo di difficoltà, figli nostri, riuscire a darvi una visione completa e complessiva del divenire, ed è ancora più difficile indurvi a rinunciare alle vostre abitudini di pensiero che tendono a farvi incasellare in categorie a sé stanti gli elementi che acquisite: l’evoluzione comprende una miriade di elementi che si intersecano tra di loro, interagendo, e vorremmo che nel momento in cui noi vi parliamo di tre fasi dell’evoluzione (evoluzione della forma, evoluzione della materia ed evoluzione della coscienza) voi non pensaste che esse siano fasi distinte tra di loro o susseguenti l’una all’altra: esse sono in relazione tra di loro e, in buona parte, agiscono contemporaneamente e in maniera inscindibile, al punto che, senza una di esse, le altre non solo perdono la loro realtà, ma si trovano anche a essere mancanti del loro scopo e degli elementi indispensabili per poter costruire l’evoluzione stessa.
L’evoluzione della coscienza ha la sua ragione d’essere nella necessità di ampliare il sentire individuale, portandolo ad un contatto via via più diretto con il riconoscimento e il superamento dell’illusione. Tuttavia, se non vi fosse l’evoluzione della forma l’individualità non avrebbe gli strumenti a lei più idonei per evolvere la sua coscienza, così come, se non vi fosse l’evoluzione della materia, la forma non riuscirebbe ad evolvere e, di conseguenza, non vi potrebbe essere evoluzione della coscienza.
Cerchiamo, fratelli, di spiegare nel modo più semplice cosa intendiamo per evoluzione della forma e della materia.
Con «evoluzione della forma» intendiamo dire che, al fine di poter interagire con le esperienze che l’individuo deve affrontare (mettendo in atto l’evoluzione raggiunta e tendendo al suo ampliamento), egli deve avere gli strumenti adatti. E’ necessario, quindi, che sul piano fisico l’individuo trovi dei veicoli commisurati a quella che è la sua evoluzione. Ma, affinché ciò accada, è indispensabile che questi veicoli fisici possano essere disponibili: il corpo del troglodita era in grado di esprimere l’evoluzione che il troglodita possedeva ma non sarebbe mai stato in grado di esprimere la sensibilità espressa dall’evoluzione che possedeva, ad esempio, un Leonardo Da Vinci. Ecco così che, per ottenere un veicolo più adatto ad esprimere un sentire più raffinato, diversi fattori si mettono in movimento: ad esempio le leggi fisiche della natura che inducono modificazioni sul corpo fisico o le condizioni ambientali che, alla lunga, influiscono sia sulla fisiologia dell’individuo, sia sullo scenario sociale in cui egli si trova a dover fare esperienza.
Vedete, cari, in qualche modo il concetto di Darwin sull’evoluzione della specie è da noi confermato per quanto riguarda l’evoluzione della forma, tuttavia nella nostra concezione di evoluzione vi è una differenza sostanziale che, pur non disconoscendo la realtà, ad esempio, delle modifiche genetiche quali mezzi di cambiamento del veicolo umano (e non solo umano ma, anche, vegetale e animale), tuttavia non accetta il meccanicismo che questa concezione può indurre ad abbracciare, ma individua una finalità ben precisa verso la quale il processo evolutivo della forma tende (ovvero la costituzione di un veicolo fisico adatto ad esprimere il sentire raggiunto) e un elemento logico scatenante il processo stesso della trasformazione (ovvero la necessità di adeguare il corpo fisico ai bisogni evolutivi di chi lo anima).
E’ in questo contesto che va considerata anche l’evoluzione della materia: voi sapete che l’individuo non è formato solo dal corpo fisico e dalla materia fisica che lo compone, ma che possiede anche un corpo di materia astrale che lo mette in grado di desiderare e di provare emozioni, e uno di materia mentale che gli conferisce la capacità di ragionare ed elaborare logicamente ciò con cui entra in contatto nell’attraversare le esperienze della sua vita.
Ora, questi corpi nascono come conseguenza di quello che è il sentire raggiunto dall’individuo e cambiano di vita in vita (quindi, in un certo senso, evolvono) formandosi con materia astrale e mentale sempre più raffinata.
Immaginate tutto il procedimento evolutivo come una sorta di circolo che si ripete simile ogni volta ma mai uguale: ad ogni immersione nei piani inferiori il corpo akasico crea i nuovi corpi dell’individuo sulla base del sentire che ha raggiunto; questi nuovi corpi contribuiscono a formare l’ambiente psico-sociale in cui l’individuo agisce; l’ambiente psico-sociale si somma a quello fisico per creare i presupposti adatti all’evoluzione dell’intera razza, portandola ad ampliare il sentire di ogni individuo che la compone. Questo nuovo sentire ricomincerà il ciclo incarnativo successivo dando il via a un nuovo moltiplicarsi di effetti partendo, però, da un punto di partenza diverso da quello precedente, che porterà alla necessità di usare diversa materia astrale e diversa materia mentale e, di conseguenza, diversa materia fisica e diverso veicolo fisico.
In ultima analisi noi affermiamo che è lo spirito che, al fine di ampliare il suo sentire, produce degli effetti che si ripercuotono nelle materie dei piani mentale, astrale e fisico, dando il via a un susseguirsi di effetti che porteranno al punto di indurre modifiche perfino nello sviluppo del corpo fisico della razza umana, non casualmente, non meccanicisticamente bensì adeguandosi al tessuto della Realtà e tendendo al fine ben preciso di un proprio ampliamento.
E’ evidente, figli e fratelli, che se così non fosse e se la modifica del corpo fisico, nei millenni, avesse dovuto soggiacere soltanto a casuali modifiche genetiche indotte dall’ambiente o dalla combinazione dei geni dominanti, la razza umana sarebbe ormai scomparsa dalla faccia della Terra, oppure vi sarebbe una grandissima uniformità di corpi fisici e di capacità mentali ed emotive… ed è evidente che così, per fortuna, non è!
Nel fantasmagorico scenario che l’Assoluto ha sognato per rappresentare la Realtà sul palcoscenico del suo immenso teatro è a nostro conforto la consapevolezza che non esistono comparse ma che tutti, e nella stessa misura, siamo protagonisti insostituibili della sua Realtà.

3 – L’evoluzione della coscienza

Come abbiamo visto in precedenza, la materia dei vari piani si struttura in maniera diversa per formare i corpi che ogni individuo incarnato possiede, sempre diversi e sempre costruiti dal nuovo ogni volta che vi è la necessità di una nuova vita fisica. Quindi, ad ogni incarnazione, l’entità “indossa” un nuovo abito fisico, un nuovo abito astrale e un nuovo abito mentale, diversi da quelli posseduti nelle vite precedenti non soltanto come forma ma anche come struttura e composizione dei vari tipi di materia che li compongono.
Questi tre corpi (che noi definiamo transitori) devono essere rinnovati ogni volta proprio in quanto esauriscono la loro necessità e la loro utilità nel periodo che serve all’individualità incarnata per fare esperienza sul piano fisico e per trarre da questa esperienza ciò di cui abbisogna, in quel momento, per crescere.
Quando l’individuo incarnato giunge alla fine della sua possibilità di esperienza sul piano fisico, ecco giungere per il suo corpo fisico il momento di venire abbandonato dall’individualità, mettendo in moto quelle reazioni fisiologiche che, genericamente, l’uomo chiama “morte”.
Quando il corpo astrale avrà finito di esaminare le emozioni, i desideri e le passioni che avevano suscitato in lui le esperienze vissute sul piano fisico, ecco che anch’esso verrà abbandonato perché ormai inutile, andando anch’esso incontro alla disgregazione.
Quando il corpo mentale avrà terminato di ragionare sui perché di essere incarnato, anch’esso non avrà più scopo di esistere e si scioglierà nel mare della materia indifferenziata del piano mentale.
Questo non significa che nulla resterà all’individualità di ciò che ha vissuto nel corso del suo episodio incarnativo, tutt’altro: mai come da quel momento in poi ciò che ha sperimentato grazie ai tre corpi inferiori sarà importante, perché esso andrà a strutturare nuove porzioni del suo corpo akasico, fornendogli nuovi elementi di comprensione, talvolta definitivi, talvolta incompleti ma, proprio per questa incompletezza, stimolanti verso una nuova incarnazione alla ricerca della pienezza della comprensione.
Il corpo akasico, o corpo della coscienza, è, dunque, permanente in quanto è sempre lo stesso per tutto il tempo in cui l’individualità resta allacciata alla ruota incarnativa.
Con il concetto di “evoluzione della coscienza”, figli e fratelli, noi intendiamo l’intero processo che concorre, tramite l’impiego dei corpi transitori, a far comprendere a poco a poco al corpo akasico la sua appartenenza alla Realtà, la sua reale natura di parte indivisibile dal Tutto, il suo essere contemporaneamente unico e uno con tutte le altre individualità che procedono verso la riscoperta di se stesse.
Dall’osservazione di quanto abbiamo detto sin qui scaturisce evidente il perfetto meccanismo che costruisce la trama del vivere dell’individualità, e il fatto che molti dei perché che assillano l’uomo da sempre trovano in questa spiegazione della Realtà piena soddisfazione non come atto di fede, non come dogma imposto, ma come elaborazione logica nella quale tutto trova la sua perfetta collocazione, la sua evidente necessità, la sua inscindibile concatenazione.
Noi non vogliamo, infatti, che voi crediate a quanto vi veniamo a dire sulle ali di una nostra pretesa realtà di entità disincarnate di alta evoluzione: ben poca cosa risulterebbe essere alla fine, se così fosse, dal momento che basterebbe un qualsiasi vostro risentimento nei nostri confronti per farvi dubitare anche delle nostre parole! Ma se quanto vi diciamo vi appare logico, consequenziale, organico, strutturato, privo di contraddizioni nel tempo, la sua verità vivrà dentro di voi per sempre e qualunque si riveli, nel tempo, il vostro rapporto con noi.
Se, per qualche motivo a voi incomprensibile, da domani noi non venissimo più a manifestare la nostra presenza in queste riunioni, dopo un attimo di smarrimento più o meno lungo finiremmo col diventare per voi un ricordo che, come tutti i ricordi, si allontanerebbe da quella che è stata la realtà perché verrebbe rivestito dalle vostre proiezioni, che vi porterebbero, magari, anche a dimenticarvi di noi o a rinnegarci. Ma se avrete compreso il logico sviluppo dell’insegnamento esso vi sarà penetrato in profondità in maniera tale che il vostro modo di affrontare la vita ne sarà modificato al di là del vostro stesso rendervene conto, continuando ad esistere, intatto e operante, nel vostro intimo.
Nulla di quanto abbiamo detto sin qua può essere trascurato: chi ipotizza una possibilità di evoluzione senza il concetto di reincarnazione, ad esempio, non può che dare una visione traballante sul piano della logica e poco credibile dell’intero processo evolutivo. Pensateci un attimo, figli: senza la possibilità di incarnazioni successive chi non arriverebbe fatalmente a concepire la divinità come un crudele burattinaio che dispensa favori o sfavori a seconda di come tira i dadi sull’immenso tavolo del suo gioco cosmico?
Questo è solo un esempio, miei cari, ma se provaste ad eliminare il concetto di reincarnazione dalle vostre concezioni potreste rendervi conto da soli di quanti perché essenziali resterebbero senza risposta e quanti nuovi e insolubili perché si verrebbero a creare.
Non è nostra intenzione, in questi incontri, tracciarvi un riassunto del processo evolutivo del corpo akasico, perché risulterebbe di difficile comprensione ai più e, senza dubbio, manchevole, perché è impossibile tratteggiarlo con poche parole. Quello che ci preme farvi acquisire è il fatto che la vostra coscienza si va formando, non è statica, bensì si accresce gradatamente mentre voi vivete, e che è quanto essa ha compreso che segna i vostri ritmi di esperienza, le vostre manchevolezze, i vostri errori ma, contemporaneamente, vi fornisce delle giustificazioni al vostro modo di essere e di agire.
Se vostro figlio non ha ancora imparato che il suo cagnolino sente dolore fisico al suo stesso modo, potete fargli una colpa del fatto che gli tiri con forza la coda? Così vi chiediamo di guardare con occhio benevolo non solo gli altri ma anche voi stessi, ricordando sempre (senza però fare di questo una giustificazione al vostro perseverare nell’errore) che gli sbagli che un individuo commette sono conseguenza di ciò che non ha compreso, e che l’unico appunto che gli si può con ragione fare è quello di non aver lavorato abbastanza attentamente su se stesso, lavoro che, quasi certamente, sarebbe stata l’unica soluzione per non creare sofferenza agli altri e a se stesso.
L’individuo alle prime incarnazioni ha, in partenza, un corpo akasico privo di comprensioni, se non per quegli orientamenti elementari di base che le sue vite nel regno minerale, vegetale e animale gli hanno fornito. Sbaglierà, quindi, con molta facilità ma, altrettanto facilmente e rapidamente, acquisirà le comprensioni principali, quelle stesse comprensioni che formano i comandamenti basilari non solo di ogni religione ma, anche, di ogni vivere in comune con gli altri esseri umani.
L’individuo molto evoluto avrà, invece, un corpo della coscienza assai ben strutturato. Significa forse che egli non soffrirà più o che non commetterà errori? Niente affatto, fratelli e sorelle. Senza dubbio più facilmente le sue azioni saranno rivolte al bene, ma la comprensione della sua coscienza avrà bisogno di essere completata attraverso a sfumature di comprensione. Così non ruberà mai qualcosa ad un’altra persona, ma dovrà, magari, comprendere che non è ladro soltanto chi svaligia una banca, ma anche chi non paga un sacchetto di plastica in un supermercato.
Non parlerà mai male di un’altra persona, perché avrà capito che, sempre e comunque, questa persona agisce in modo sbagliato per incomprensione di qualche elemento importante ma, magari, dovrà capire che anche non indicare l’altrui merito, quando è il caso, equivale a essere dei maldicenti… e via dicendo.
Poi verrà il giorno in cui tutti, uno per uno, arriverete a terminare la strutturazione del vostro corpo akasico, della vostra coscienza e, allora, il mondo fisico, astrale e mentale non eserciteranno più, su di voi, il loro irresistibile richiamo. Ma sappiate fin d’ora che l’abbandono incarnativo non è la vostra ultima meta: cambieranno gli strumenti, cambieranno le modalità, cambieranno le vie ma la vostra coscienza non avrà finito la sua evoluzione.
Essa si concluderà solamente allorché voi ritroverete quell’unione consapevole col Tutto che è tappa finale del vostro peregrinare attraverso gli incommensurabili scenari in cui viene messa in scena l’eterna rappresentazione del Grande Disegno.

4 – Nascita e sviluppo dell’Io

Per chi si avvicina alle nostre parole spinto dal desiderio di comprendere non solo ciò che diciamo ma, soprattutto, quali sono gli elementi indispensabili per affrontare la propria interiorità allo scopo di migliorare la qualità della propria vita, il concetto di Io risulta essenziale.
Quello che più vi mette in difficoltà nelle nostre parole è il fatto che vi proponiamo in continuazione l’Io nei nostri messaggi ma, contemporaneamente, asseriamo altrettanto spesso che esso non esiste ed è soltanto un’illusione.
Cerchiamo, allora, nel corso di questi due incontri dedicati proprio all’Io e alle sue tematiche, di capire quello che, a prima vista, può apparire un’assurdità.
Nel corso dell’evoluzione dell’individualità attraverso le varie forme incarnative (minerale, vegetale, animale e umana) essa prende via via coscienza di se stessa, grazie all’incontro con la materia che sta sperimentando nel corso dell’incarnazione.
Il minerale, prima fase dell’evoluzione, non è cosciente di se stesso, ma avverte solo quelle sensazioni che gli provengono dalle condizioni ambientali in cui si trova immerso; esso non interagisce in nessun modo con l’ambiente e può essere considerato in balia degli eventi fisici che accadono intorno a lui.
Una prima differenza – semplice ma, in effetti, di notevole portata – si incontra allorché viene affrontata l’esperienza come vegetale. In questo caso incomincia ad esserci una minima possibilità di interazione con l’ambiente anche se si tratta, più che altro, di una conseguenza quasi automatica di ciò che è intorno al vegetale: in un clima torrido e in un terreno arido il vegetale che cerca di sopravvivere alla siccità prolungherà, per esempio, le proprie radici, andando per tentativi nell’esplorare il terreno alla ricerca di quell’umidità che è per esso l’elemento primario per poter protrarre la sua esistenza. Ciò non avviene, però, consapevolmente: la pianta non «decide» di aver sete, né pianifica la sua ricerca dell’acqua, ma saranno i meccanismi naturali che sono in azione al suo interno a potenziare oltre la norma lo sviluppo delle sue radici. L’unico motivo che la spinge è la sensazione di benessere che, in questa maniera, riesce a procurarsi. Anche in questo caso, fratelli nostri, la pianta è, in realtà, pressoché inconsapevole di se stessa se non a livello di sensazione, e il mondo circostante non costituisce fonte di domande ma solo di stimolazioni.
Quando l’individualità è pronta a cambiare tipo di esperienza avviene il passaggio alla forma animale. Ecco che accade qualche cosa di diverso, in quanto alla percezione fisica si unisce la possibilità di pensiero, con tutti gli elementi che contraddistinguono la facoltà di ragionamento: si fa largo l’idea che esiste un essere (l’animale, in questo caso) che percepisce e pensa, e un mondo che dall’essere è pensato e percepito. Si incomincia, così, a sviluppare il concetto di differenziazione, di separazione tra se stessi e il mondo circostante. Questa differenziazione viene sempre più acquisita a mano a mano che l’individualità fa la sua esperienza in animali sempre più «evoluti» ed è qui, nelle ultime incarnazioni come animale, che può essere situato il formarsi dell’Io nell’interiorità dell’individuo incarnato: l’animale non cercherà più di allontanarsi dal fuoco semplicemente perché il troppo calore provoca una sensazione di dolore, ma lo farà perché «Io ne ho paura e temo che Io potrei essere annientato da quell’elemento di ciò che è non-Io e che si oppone al mio benessere».
Con il raggiungimento della forma umana, sensazione e pensiero sono ben più completi e complessi che nell’animale e la scoperta di poter reagire all’ambiente e non solo, ma anche di poterlo influenzare volutamente con le proprie azioni, porta ad una nuova angolazione nel considerare la realtà fisica che si sta vivendo: l’individuo non si sente più in balia del mondo esterno, crede di capire che può arrivare a dominarlo, e dominarlo significa poter appagare i propri bisogni e i propri desideri. Questo induce il tentativo di modellare la realtà nell’ottica di se stessi (il cosiddetto «egoismo») e del potere che si pensa di poter acquisire primeggiando su ciò che sta attorno.
E’ in questa fase che noi individuiamo la piena percezione di se stessi come esseri contrapposti e separati dal resto della realtà, percezione che rende forte nell’individuo la spinta dell’Io e che lo induce a cercare di espandere la propria influenza in modo tale da poter soddisfare sempre meglio – e in maniera sempre maggiore – quelli che ritiene siano i suoi bisogni.
Naturalmente, figli e fratelli, il discorso è molto più ampio e complesso di come ve l’ho appena tratteggiato, ma quello che mi preme farvi notare è che esso è portatore di enormi conseguenze logiche.
Vediamone alcune.
Soddisfare i propri bisogni (o, per lo meno, cercare di farlo) significa arrivare a considerare se stessi il perno intorno al quale ruota tutta la realtà cosicché (e quanto spesso, purtroppo) i bisogni degli altri diventano irrilevanti se non addirittura motivo di lotta per la supremazia.
Vedere il mondo in funzione di se stessi significa tendere a considerare i propri bisogni talmente importanti che tutta la realtà sembra dover confluire verso un unico scopo: il loro appagamento. E, di conseguenza, allorché avviene l’incontro con gli altri individui che, inevitabilmente, contrastano questo egocentrismo con il proprio, ecco nascere le frustrazioni, le reazioni aggressive, il tentativo di prevalere o di prevaricare l’altro.
Considerare se stessi il centro della realtà induce a osservare la realtà stessa in modo quasi totalmente soggettivo perché in essa si tende a far riflettere i propri desideri e le proprie aspettative, arrivando spesso addirittura a negare anche la verità più evidente se questa afferma che le cose stanno in maniera ben diversa da come si vorrebbe che fossero… e potremmo, figli nostri, andare avanti con innumerevoli altri elementi, ma lasciamo al prossimo incontro i passi successivi di quest’argomento.
Ricapitolando brevemente: l’Io nasce, si manifesta e si struttura come proiezione dei propri bisogni nella realtà che l’individuo attraversa, rafforzandosi e divenendo sempre più complesso a mano a mano che si rafforza la sensazione di essere autocosciente che si percepisce distinto dal resto della realtà, anche se in essa si trova ad essere immerso.
Quello che, questa volta, mi interessa sottolineare è che, comunque, l’Io è un meccanismo naturale, la cui nascita è legata indissolubilmente alla presa di coscienza dell’individuo, a tal punto che la sua azione nell’essere umano è inevitabile.
Ma non soltanto: l’azione dell’Io è indispensabile per compiere i passi che porteranno, gradatamente, all’uscita dalla catena reincarnativa, in quanto fornisce gli stimoli (primi fra tutti la sofferenza e l’insoddisfazione) per incanalare l’essere umano lungo le tappe successive della sua evoluzione.
Certamente, l’Io è un’illusione ma, come dicono i Maestri «l’illusione, per chi la vive come se fosse reale, ha la forza e la consistenza della realtà», e mai quanto nel caso dell’Io questo assume importanza e significato, al punto che esso diventa (pur non avendo nessuna reale esistenza) l’essenziale burattinaio che muove i fili delle ombre che animano il teatro nel quale l’individuo compie la sua ricerca della Verità.

5 – La percezione soggettiva della realtà

Abbiamo visto in precedenza in quale maniera l’Io viene alla ribalta nella percezione di se stessi a mano a mano che l’individualità inizia a incarnarsi nella forma umana e abbiamo sottolineato quale importanza esso rivesta, quale stimolo esso sia verso l’affrontare le esperienze e, quindi, verso l’evoluzione.
In quest’ottica risulta evidente il fatto che l’Io trae la necessità della sua esistenza (sia pure illusoria) dal bisogno di fornire all’essere incarnato l’occasione per osservare ciò che non ha compreso. Ne consegue che esso esiste nell’uomo fin dal primo momento in cui egli ha qualche cosa da comprendere e molto di non compreso: esso, infatti, è un’illusione che nasce proprio dalle sue non-comprensioni che si riflettono nel modo di affrontare la vita e le esperienze. Voglio sottolineare (anche al fine di sfatare errate concezioni o mal comprensioni dell’insegnamento) che anche l’uomo alla sua ultima incarnazione, effettuata prima di abbandonare definitivamente la ruota reincarnativa e, quindi, praticamente al culmine dell’evoluzione raggiungibile come essere umano, possiede ancora un Io e, se ci pensate bene, non può essere che così in quanto il solo fatto di essere immerso nella materia significa che doveva comprendere ancora qualche sfumatura, e questo, a sua volta, significa che una piccola parte di illusione e, quindi, di Io, esisteva ancora.
Da cosa si differenzia allora, rispetto all’Io, l’uomo alle prime incarnazioni dall’uomo alle ultime? Quello che è diverso nei due casi è la maniera in cui l’uomo si pone di fronte a quel fantomatico Io: se nelle prime vite come essere umano l’Io la fa da padrone, inducendo ad azioni completamente egoistiche al fine di soddisfare i propri apparenti bisogni, verso le ultime l’individuo riceverà certamente ancora delle spinte verso l’egoismo ma non ne sarà più dominato né sopraffatto e saprà, se vorrà farlo, accantonare le spinte del proprio Io quando la sua coscienza, ormai ben strutturata, gli suggerirà essere il momento giusto per andare al di là di se stesso nel nome di una fratellanza non più soltanto teorica bensì così acquisita da rendere «il fare per gli altri» ancora più soddisfacente intimamente del «fare per se stessi».
Tutto è Uno, dicono i Maestri, volendo significare con questo che siete, in realtà, tante piccole parti di quell’unico grande Tutto che l’uomo chiama con milioni di nomi differenti. Il fatto è, figli nostri, che non ne siete ancora profondamente consapevoli, tant’è vero che operate una separazione di valori e di intenti tra voi stessi e tutta la realtà che vi circonda, ignari del fatto che la meta sia unica per entrambi.
Mi sembra evidente, miei cari, che in questa prospettiva il concetto di illusione finisca col trovare spontaneamente una sua definizione e collocazione: dal momento che siete Uno, quello che siete e che fate appartiene non solo a voi ma anche a tutti gli altri che, assieme a voi, hanno percorso, percorrono o percorreranno, il cammino dell’evoluzione, così come è vero il contrario, ed è la vostra scarsa comprensione (e, quindi, il vostro Io) di come stiano veramente le cose che vi fa lottare, soffrire, gioire, desiderare di possedere, prevaricare, calpestare per ottenere e così via.
Inoltre, sotto l’influenza dell’Io, l’illusione è resa ancora più forte dal fatto che ognuno di voi, nell’osservare la realtà che vi circonda, crea una selezione tra le cose, le persone e i fatti che vi si presentano, trattenendo alla vostra attenzione solo ciò che colpisce, in qualche maniera, il vostro Io oppure ignorando o, addirittura negando contro ogni logica ed evidenza, quello che non è in sintonia con quelli che sono i vostri bisogni egoistici del momento.
Una cosa mi preme dirvi, fratelli: non sentitevi in colpa per ciò che siete ma pensate che il comportamento egoistico fa parte dei meccanismi naturali posti in essere per aiutarvi a comprendere: trovarsi di fronte a ciò cui il vostro Io, solitamente, si ribella (e, quindi, di fronte alla frustrazione o alla sofferenza), oppure a ciò che esso cerca di fare suo (e, quindi, ai suoi bisogni di soddisfazione) fa sì da dispiegare di fronte all’uomo che sa osservare se stesso quali siano le cose che non ha ancora compreso, al punto che può bastare talvolta anche la sola osservazione sincera delle proprie reazioni e dei propri comportamenti nelle varie situazioni per portare al raggiungimento della comprensione. Il mio timore è che la mia esortazione a non sentirvi in colpa possa essere usata dal vostro Io per giustificare ai suoi stessi occhi tutto ciò che fa… Sentirvi in colpa, lo ripeto, non serve che a farvi star male; tuttavia, fornirvi una giustificazione di questo tipo, in special modo per gli errori che commettete sapendo di commetterli, non vi porterà certamente una sofferenza minore; anzi, solo per il fatto di impedire al vostro sentire di fluire nel modo migliore, quello cui andrete incontro sarà ancora più doloroso di un normale senso di colpa, in quanto la consapevolezza di aver potuto, se aveste voluto, evitare sofferenza a voi e agli altri e non averlo fatto avvelenerà i vostri giorni.
Una domanda che ricorre spesso e che nasce spontanea allorché si parla dell’illusione è questa: «se il mondo che percepiamo è soggettivo, esiste qualche cosa di oggettivo?».
Non lasciatevi fuorviare da questa domanda, amici: ciò che percepite come esseri umani è soggettivo finché siete immersi nell’illusione, senza dubbio, ma lo è nei sentimenti, nell’attribuire connotazioni positive o negative a cose, persone e avvenimenti, nell’operare una scelta su ciò che osservate, nel pensare che esistano la fortuna e la sfortuna, nel ritenere appagante o deludente qualcuno senza tener conto che esistono anche i bisogni e le realtà degli altri. Tuttavia, sotto lo strato di percezione soggettiva, il vostro corpo è fatto di materia come lo è quello degli altri uomini, gli alberi hanno forma d’albero e le stelle brillano nei cieli senza nuvole, quindi, comunque, una realtà oggettiva esiste e, se pure essa non è esattamente quella che voi percepite, tuttavia ciò non la rende né meno vera né meno esistente.
Senza ombra di dubbio l’essere consapevoli di vivere immersi nell’illusione porta con sé delle conseguenze non indifferenti che creano un modo diverso di vivere la vita.
Chi riconosce le proprie illusioni vede più chiaramente se stesso trovando, così, più facilmente la strada verso il proprio sentire.
Chi svela l’illusione osservando se stesso si accorge che la sua stessa personalità è illusoria, per larga parte nata dalle sue incomprensioni, e con maggiore sicurezza può trovare la strada per far sì che la sua personalità assomigli sempre di più non al suo Io ma al suo vero Sé.
Chi percepisce l’esistenza dell’illusione non può che arrivare a sentirsi umile di fronte a ciò che crede di essere e di sapere perché diventa consapevole che da un momento all’altro le sue illusioni possono cadere e, allora, ciò che sapeva potrebbe rivelarsi un’assurdità priva di senso e ciò che era non sarebbe certamente più ciò che è diventato.
E, giunto alla fine dell’illusione, amerà con eguale amore le gioie e le sofferenze che ha avuto, gli amici e i nemici che ha incontrato, i giorni e le notti che ha vissuto, il bene e il male che ha attraversato, riconoscendo che nel grande palcoscenico del Tutto nulla è più importante o meno importante ma ogni cosa esiste perché è necessaria e indispensabile all’esistenza della realtà.

6 – La costruzione di se stessi

Quanto abbiamo detto fino a questo punto a proposito dell’Io, figli e fratelli, non è stato detto per restare lettera morta, una serie di frasi e di concetti puramente teorici, ma affinché potesse servire a trovare nella pratica un modo diverso (e migliore) di vivere la vita, altrimenti il nostro venire a parlarvi perderebbe il suo significato e anche il suo fine.
A chi giunge fino a noi spinto dalla sofferenza, dal dolore, dai tormenti, noi non possiamo porgere solamente parole che, per quanto belle possano apparire, offrano la consolazione di un attimo, ma abbiamo il dovere di offrire anche la maniera per modificare il suo stato interiore, aiutandolo a far sì che la sua sofferenza, il suo dolore, i suoi tormenti perdano la connotazione di insensibile crudeltà, acquistando, invece il sapore della necessità, dolorosa e inevitabile ma tesa al fine di un raggiungimento di qualcosa di migliore che, altrimenti, non si sarebbe raggiunto.
Per questo motivo il nostro insegnamento etico trova il suo cardine nel principio millenario del «conosci te stesso», in quanto esso è lo strumento migliore e più diretto per arrivare ad eliminare le sofferenze. E questo non tanto perché impedisce agli avvenimenti dolorosi di presentarsi nell’esistenza dell’uomo, quanto perché porta a porsi di fronte ad essi in una maniera diversa, svincolata da quelle proiezioni del proprio Io che fanno della sofferenza un compagno continuo della vita umana, rendendola ancora più pressante ed incombente di quanto essa possa effettivamente essere.
Abbiamo osservato in precedenza come l’individuo, sotto la spinta dei bisogni dell’Io, percepisca il mondo e la realtà in maniera distorta, illusoria, cercando di farla soggiacere ai desideri personali. Com’è possibile, allora, dovreste domandarci o figli, osservare se stessi? Forse che anche nell’osservare se stessi non vi possono essere le proiezioni dell’Io? Certamente che vi sono, non può che essere così, miei cari! Tuttavia se siete consapevoli e non ignari del fatto che ciò che sperimentate può non essere come voi ritenete che sia, vi trovate già ad un buon punto di partenza per costruire voi stessi nella maniera migliore.
E’ evidente che il punto d’incontro dell’illusione individuale è proprio l’individuo stesso: in lui confluiscono e rifluiscono tutte le proiezioni che l’Io crea sulla realtà perché siete voi il campo in cui esercita direttamente la sua azione, molto più importante, per voi, di quella che può esercitare sull’esterno perché è più indiretta. Siete, dunque, voi stessi, il perno delle vostre illusioni. Se per un attimo non mi credete, pensate a come vi raffigurate e quante volte la vostra rappresentazione di voi stessi si rivela illusoria: se cercate di immaginarvi fisicamente, ad esempio, difficilmente vi vedete come siete in realtà; quando siete felici o tranquilli tendete ad avere un’immagine di voi stessi simile a quando eravate più giovani. Quando, invece, siete depressi o tristi anche la vostra percezione fisica di voi stessi cambia e vi sentite, magari, addosso, più anni di quanti avete in realtà. E non solo questo è illusione ma anche la percezione di come siete: quante volte vi ritenete altruisti o umili, per esempio, e vi capita di accorgervi che il vostro altruismo era interessato e la vostra umiltà soltanto una scusa per non agire o per fare buona impressione sugli altri?
Conoscere voi stessi (o meglio: riconoscere in voi quelli che sono gli influssi dell’Io) può, dunque, portarvi a diminuire la percezione soggettiva di voi stessi, quindi la vostra illusione interiore e, di conseguenza, anche la percezione dell’esterno diventerà più aderente alla realtà, perché più svincolata dai vostri bisogni, i vostri desideri insoddisfatti.
Al di là che, molto spesso, ciò costituisca una scusa per evitare di compiere il vostro lavoro interiore, molte volte – pur sentendo la necessità di comprendervi – restate bloccati in quanto non trovate la maniera per penetrare più profondamente nella conoscenza della vostra interiorità. Bene, figli e fratelli, partite proprio dai vostri bisogni e dai vostri desideri: essi indicano ciò che il vostro sentire, la vostra coscienza, non è ancora arrivato a comprendere ed è da essi che potete incominciare la creazione di un nuovo «voi stessi». Trovato il punto di partenza, in che modo muoversi, dunque? E’ più semplice di quanto può apparire (pur nella sua enorme difficoltà, poiché bisogna avere il coraggio di voler essere sinceri con se stessi): osservatevi nelle esperienze che affrontate, isolate in esse un elemento e poi partite da questo per andare a fondo di voi stessi.
Facciamo un esempio a metà tra il teorico e il pratico.
Voi tutti che partecipate a queste riunioni, senza dubbio vivete un’esperienza particolare che, proprio per questa sua peculiarità, può offrirvi l’occasione di capire qualcosa di voi stessi.
Allora incominciate a chiedervi (cosa che anche noi vi chiediamo, da sempre): perché partecipo? Le risposte possono essere diverse per ognuno di voi. Quella più generica e apparentemente più difficile da approfondire è: «per migliorare me stesso». Allora chiedetevi: «per migliorare me stesso interiormente o in rapporto con gli altri?». E poi: «migliorare per essere più vicino agli altri, oppure per sentirmi o apparire migliore degli altri?». O ancora: «migliorare per essere più vicino agli altri nel caso ne avessero bisogno, o per poter essere additato come il figlio prediletto che tanto ha capito?» E così via.
Sono certo che a questo punto vi saranno principalmente due filoni di risposte: una, a prima vista positiva e ottimista, che affermerà di partecipare per migliorare se stessi attraverso la conoscenza dell’insegnamento che vi porgiamo in maniera tale da poter dare aiuto a chi ne ha bisogno; un’altra, a prima vista negativa e pessimista, che affermerà di partecipare per curiosità, per ottenere conoscenze strane, perché l’insolito attrae, e via dicendo.
Entrambe – e non può essere che così – potrebbero essere illusioni del vostro Io: nel primo caso, ad esempio, se ciò che potreste affermare fosse vero, allora dovreste chiedervi magari per quale motivo arrivate agli incontri impreparati, oppure siete pronti a contrastare gli altri nelle discussioni, oppure a deridere chi, per problemi interiori personali, sembra incapace di comprendere e accettare anche le cose più chiare che da noi gli vengono dette; nel secondo caso, invece, chiedetevi perché la vostra curiosità non è mai appagata anche dopo decine di incontri, perché le conoscenze che noi vi porgiamo, nella loro semplicità, non modificano il vostro modo di essere, perché molte volte gli incontri più semplici, più colloquiali, meno insoliti vi lasciano una maggiore soddisfazione di altri magari più fuori dal normale.
La verità, come sempre, figli nostri, sta nel mezzo e in ogni motivazione c’è una parte di illusione e una parte di realtà. Ecco, è proprio la separazione obiettiva tra queste due parti che dovete riuscire a compiere, e potete farlo solamente andando sotto il velo di apparenza di cui sono ammantate.
Senza dubbio ognuno di voi, come risultante di questa vita ma anche di quelle precedenti, possiede una personalità e un carattere diverso da quello degli altri ma rendetevi conto ed accettatelo che la vostra personalità e il vostro carattere nascono alla base da ciò che non avete compreso nelle vite passate, adattati e plasmati dalle illusioni che il vostro Io attuale proietta su di essi. Il vostro Io è ambizioso, non vuole essere una comparsa ma vuole essere il perno della realtà, il cardine intorno al quale essa dovrebbe ruotare affinché sia messa debitamente in risalto la sua importanza. Che voi, a seconda del vostro carattere, lo lasciate fare o meno, ha un’importanza relativa per voi stessi: quello che importa è che, in entrambi i casi, sappiate osservare i suoi impulsi, cerchiate di comprenderli, di carpirne le vere intenzioni perché è a questo modo che il sipario si aprirà sulla vostra scena interiore e la trama della vostra comprensione vi sarà accessibile.

7 – Conoscenza, consapevolezza, comprensione

Per arrivare a comprendere meglio quanto vi ho proposto in precedenza, figli cari, è necessario riparlare di una distinzione che già tempo fa abbiamo fatto e che riguarda direttamente la possibilità che ogni individuo possiede di strappare brandelli dal velo della propria illusione, portando via via alla ribalta porzioni sempre più ampie di quella verità che ognuno di voi sente esistere e che costituisce di per se stessa una spinta evolutiva.
La prima fase che l’individuo attraversa nella scoperta di se stesso è quella che abbiamo definito con il termine conoscenza. Con esso si intende che l’individuo, nel corso delle varie vite, viene a contatto con tutte le motivazioni importanti da riconoscere per la sua crescita interiore ma, poiché non è ancora in grado di osservare con obiettività se stesso e i suoi modi di essere, le vede nelle persone che, di volta in volta, la vita gli mette a fianco. In questa fase è importante l’influenza dell’Io. Esso, infatti, opera una selezione nelle cose che percepisce negli altri e, quasi sempre, rileva quei difetti che anch’esso possiede, puntando su di essi il dito accusatore in maniera tale da distrarre se stesso e gli altri da ciò che gli appartiene, stigmatizzando ed evidenziando la pagliuzza altrui in modo da apparire superiore e mancante di quello che, sotto sotto, riconosce come un difetto. In questa maniera l’individuo incarnato viene a trovarsi davanti il ventaglio di tutte le proprie non-comprensioni, riconoscendole in coloro che gli stanno attorno, e dal momento che aiutare gli altri, all’occhio dell’Io, è sinonimo dell’essere superiori e più potenti, l’individuo si trova ad esercitarsi sugli altri per cercare di smantellare le loro illusioni. E’ chiaro che in questa fase l’intenzione non può essere che egoistica: come potrebbe essere altrimenti, dal momento che è pressoché totalmente governata dall’Io?
I primi segnali di una possibile sconfitta dell’Io operata da parte dell’uomo di buona volontà si avvertono nel momento in cui vi è il passaggio alla seconda fase del processo, la consapevolezza.
Acquisita, infatti, la conoscenza delle varie tematiche interiori che lo riguardano più da vicino e personalmente, e del modo in cui sembrano manifestarsi negli altri, l’individuo può senza dubbio fare finta di niente e, per un certo tempo, continuare ad additare gli altri quali esempi di errori e di mal agire, ma, prima o poi, l’esistenza gli porrà davanti un’esperienza talmente lampante ed evidente che farà breccia nella presunzione del suo Io, costringendolo a piegarsi davanti all’evidenza che un particolare moto interiore, che tendeva a rilevare negli altri non gli è sconosciuto ma, anzi, gli appartiene senza alcuna ombra di dubbio. Pensate, per fare un esempio quotidiano, miei cari, a quante volte «bollate» con riprovazione un vostro compagno d’avventura sul piano fisico come presuntuoso e poi vi rendete conto che spesso vi comportate in maniera altrettanto presuntuosa!
Questo passaggio è un momento delicato: mentre nel corso della prima fase vi era un’apparente sicurezza e felicità sotto l’onda della soddisfazione dell’Io di sentirsi migliore degli altri, lo scoprire che si rientra nella mediocre fallacità fa traballare la sicurezza dell’Io con ripercussioni nella sua visione del mondo, facendolo sentire più instabile, più insicuro, più timoroso di ulteriori scoperte che potrebbero danneggiare la sua autoimmagine. Se volete un esempio pratico di questa situazione ricordatevi il vostro passaggio dall’età infantile a quella adulta: l’immagine di voi stessi è dovuta, necessariamente, cambiare e avete dovuto abbandonare quella che era un’esistenza, per lo più, priva di responsabilità e felice perché eravate al centro dell’attenzione nel vostro piccolo ambito familiare. Il vostro Io, allora, ha dovuto radicalmente modificare la concezione di se stesso ed ha attraversato quei momenti di instabilità, dovuti al suo cercare di ricostruirsi un’immagine, che viene definita età puberale, nella quale all’Io persino il suo corpo fisico sembra diventare via via irriconoscibile come architettura e come percezioni.
La fase della consapevolezza è, dunque, quella più tormentata e, anche, la più lunga da attraversare perché accompagna tutta l’evoluzione dell’individuo come essere umano, mentre la fase della conoscenza si attua al novanta per cento nelle vite iniziali.
Il discorso si complica allorché si mette in atto la terza fase, quella della comprensione: dopo aver conosciuto le varie problematiche interiori negli altri ed essere giunti alla percezione che esse non ci sono estranee ma che agiscono anche in noi, l’accettazione di esse e la loro spiegazione è a portata di mano cosicché esse arrivano ad essere comprese e, in quanto tali, creano un ordine diverso nel sentire della coscienza, che si struttura in maniera più completa ad ogni comprensione raggiunta.
Come la conoscenza si esplica maggiormente nelle prime esistenze, la comprensione si attua in maniera più serrata verso le ultime esistenze.
Quello che non riuscite a comprendere, in questo discorso, figli nostri, è come mai nel momento in cui avete raggiunto una comprensione non sembrate diversi da un attimo prima. Ma non siete voi a non capire, è il vostro Io che cerca di strumentalizzare anche la comprensione aspettandosi da questi raggiungimenti un miglioramento della sua immagine e, quindi, un accrescimento di autostima. Non può essere così, e per vari motivi.
Prima di tutto perché la comprensione riguarda, solitamente, un aspetto del fattore e non tutto il fattore nella sua totalità (e questo dà ragione del fatto che difficilmente una comprensione raggiunta porta una modificazione radicale del proprio modo di essere). In secondo luogo perché ogni comprensione è collegata a tutte le altre attraverso sfumature in comune, cosicché, se queste sfumature non vengono a loro volta comprese, il comportamento resta incerto e non può modificarsi improvvisamente in maniera sentita. In terzo luogo i vostri corpi inferiori sono stati costruiti sulla base delle non-comprensioni che avevate prima di incarnarvi, cosicché è possibile che non abbiano i mezzi pratici per mettere in atto le nuove comprensioni raggiunte (ad esempio: se prima dell’incarnazione non avevate compreso che anche una carezza è un grande segno d’amore, nel momento in cui vi arriverà la comprensione di questo elemento il vostro corpo astrale potrebbe non essere strutturato per desiderare di manifestare, in questo modo fisico, il vostro amore per un’altra persona). In quarto luogo non è detto che voi vi rendiate conto dei cambiamenti dovuti all’allargamento del vostro sentire: ciò che avete compreso non è più un elemento disturbatore come era quando era non-compreso: fluisce tranquillamente, non vi provoca problemi e, quindi, l’Io non solo non lo ravvisa, ma non ha la necessità di farlo in quanto non costituisce un motivo di allarme per la sua esistenza.
Capiamo, figli e fratelli, le difficoltà insite in tutto questo: al contrario di quasi tutte le religioni vi diamo delle indicazioni etiche che non promettono il paradiso, ma sembra che vi prospettiamo l’idea di darvi da fare per modificare voi stessi col solo effetto di non accorgervi del risultato del vostro sforzo! Ma è l’Io, miei cari, che vi sussurra con furbizia di desistere dal fare, sulla base dell’errata idea di una ricompensa inesistente. La ricompensa esiste, amici, è insita in ogni passo che compite: forse che non è ricompensa abbastanza grande allontanare da voi la sofferenza o, quanto meno, riuscire a renderla meno aggressiva?
E se questo ancora non vi basta, tenete a mente, e serbatelo dentro i vostri cuori, che verrà il giorno in cui, dopo essere stati comparse prima e protagonisti poi, parteciperete alla grande regia che dà forma all’intero manifestato.

8 – L’uomo come vibrazione

Come hanno cercato, con pazienza ineguagliabile, di farvi comprendere le nostre Guide nel corso di questi anni, tutta la Realtà è sorretta e modulata dalla vibrazione che, partendo dall’Assoluto al momento dell’emanazione, inizia a mettere in moto la materia, fino a quel punto inerte, dei vari piani di esistenza. Nello scontrarsi con le varie materie la vibrazione si differenzia, si moltiplica, si modifica facendo scaturire un tessuto di vibrazioni via via più complesse e numerose che finiscono con il costituire la trama su cui la Realtà si costituisce non soltanto nelle sue varie forme, ma anche nelle sue qualità. Tutto, quindi, affermano i Maestri, può essere riportato al concetto di vibrazione, e seguire il cammino di questa vibrazione sui vari piani di esistenza, esaminandone gli effetti prodotti, è una delle mille maniere per esaminare il grande disegno che l’Assoluto ha emanato.
Se osservate il percorso fatto dall’insegnamento in questi quasi due decenni, vi renderete conto che il concetto di vibrazione è sempre stato presente, spesso in maniera esplicita, nelle parole delle Guide, in quanto era programmato che, per questo Cerchio, la base su cui costruire la concezione della Realtà, avrebbe dovuto proprio essere questa. Senza dubbio non è l’unico modo per portare avanti questo tipo di discorso, tuttavia permette di porre l’accento su determinati elementi che possono fornire una prospettiva diversa nell’affrontare una Realtà che in altri tempi e in altri luoghi è stata prospettata, dando la preminenza ad altri aspetti, ugualmente importanti. D’altra parte «le vie del Signore sono infinite» ma conducono sempre, necessariamente, alla stessa meta!
Abbiamo, dunque, visto che la materia, da indifferenziata che era, si differenzia grazie all’incontro con la vibrazione, la quale le fornisce la possibilità di aggregarsi in maniere diverse, interagenti tra loro in maniere differenti, fino a costituire quella molteplicità di forme che ognuno di noi, quando è incarnato sul piano fisico, può osservare intorno a sé. «Ma - potreste chiedervi, figli e fratelli - se la vibrazione cessasse, cosa accadrebbe?». Qualcuno tra voi potrebbe rispondere che tutto si fermerebbe, come se si congelasse improvvisamente e il Grande Disegno diventasse improvvisamente statico. Non è così, miei cari: se la vibrazione si fermasse, la materia tornerebbe a perdere coesione e non vi sarebbe nessuna immagine da poter fermare perché è la vibrazione che tiene unita la forma, è la vibrazione che le conferisce qualità particolari (colore, calore e via dicendo); e non solo, ma è la reazione delle possibilità percettive dell’individuo alle vibrazioni che lo circondano che gli fanno percepire la materia che lo circonda in una certa maniera invece che in un’altra. Immaginate per un attimo di perdere la possibilità di percepire le vibrazioni che, grazie ai vostri strumenti percettivi di tali frequenze, vi offrono la possibilità di vedere le immagini e le caratteristiche che le contraddistinguono. Sareste ciechi e non avrebbe alcun significato, per voi, la variazione di un colore non soltanto tra una sfumatura e l’altra dello stesso colore ma, addirittura, tra un colore e l’altro.
E’ evidente, quindi, che la vostra vita di esseri incarnati ha una insostituibile relazione con la vibrazione nel rapportarvi con la realtà che vi circonda. E fino ad ora abbiamo parlato solamente della vibrazione in relazione a ciò che, comunemente, si intende per materia; ma il discorso, in realtà, è ben più ampio: i vostri sentimenti, le vostre emozioni, i vostri desideri sono anch’essi rapportabili insostituibilmente con la vibrazione, in quanto nascono dalla materia astrale che costituisce il vostro corpo astrale e che è sorretta dalle vibrazioni che, sul piano astrale, hanno fatto sì che quel determinato tipo e quella determinata quantità di materia astrale si collegasse al vostro corpo fisico per accompagnarvi nel corso di quel vostro momento di immersione nella materia fisica. E altrettanto, miei cari, è valido per i vostri pensieri, per i vostri ragionamenti, i quali vengono messi in essere dalle vibrazioni che hanno radunato e messo in movimento la materia che costituisce il vostro corpo mentale.
Una domanda da porsi, secondo me, è la seguente: «se i corpi inferiori (il mentale, l’astrale e il fisico) sono, come appare logico a questo punto dell’insegnamento, una conseguenza vibratoria delle vibrazioni del corpo immediatamente precedente, cioè quello akasico, quello della coscienza, allora questa catena vibratoria che dal corpo akasico arriva a interagire nel mondo fisico grazie ai tre corpi inferiori, è percorribile per entrare in contatto con la propria coscienza e, quindi, con la propria evoluzione?».
E’ evidente, fratelli, che non può che essere così e, se ci pensate bene, cos’altro è il nostro suggerirvi di conoscere voi stessi attraverso l’osservazione, se non l’indicarvi il cammino che da voi stessi, sul piano fisico, può condurvi a riconoscere la vostra comprensione sul piano akasico? Quello che non riuscite bene ad afferrare, e che dà il senso a quest’osservazione che noi così spesso vi proponiamo come via per migliorare voi stessi, è che il cammino tra il corpo fisico e quello akasico non ha una direzione o un percorso che si inoltra sempre lungo gli stessi binari, ma che costituisce un ciclo che non si snoda mai esattamente lungo gli stessi argini.
Cercherò di spiegarmi meglio, per quanto possa essere possibile: il fatto stesso di osservare e riconoscere le vostre vibrazioni fisiche, astrali e mentali (perché di questo è fatto l’osservare voi stessi) non lascia immutate queste vibrazioni ma, poco alla volta, le modifica, cosicché, arrivate al vostro corpo akasico, vengono ad essere modificate anche le vibrazioni che lo compongono (procedimento che noi abbiamo definito «comprensione») e che si riflettono in maniera diversa verso i corpi inferiori provocando diverse vibrazioni astrali e mentali che, arrivate sul piano fisico, indurranno un diverso modo di osservare se stessi (ciò che voi osservate come cambiamenti del vostro carattere e del vostro modo di interagire con la realtà che vi circonda). E’, insomma, come diciamo spesso, un circolo che si autoalimenta in maniera sempre diversa, il cui risultato è quello di indurre, vita dopo vita, una sempre maggiore strutturazione del vostro corpo akasico e, cioè, una sempre maggiore comprensione dalla quale scaturisce un sempre più ampio sentire.
Voi sapete che in natura esistono cicli che governano la vita stessa del vostro pianeta, sempre collegati tra di loro: dai cicli di rotazione del vostro pianeta intorno al sole nascono i cicli delle stagioni, dai cicli delle stagioni nascono i cicli della riproduzione delle forme di vita, dai cicli della riproduzione delle forme di vita nascono i cicli delle vite individuali e via dicendo, ma esistono anche cicli biologici e cicli fisiologici che permettono l’esistenza stessa della vita e il suo dipanarsi nelle varie forme. Pensateci un attimo, miei cari, e capirete che tutti questi cicli, in realtà, non sono altro che vibrazioni, riconducibili ad altre vibrazioni, interne o esterne, e questa visione potrà aiutarvi a comprenderci quando noi diciamo che tutto è vibrazione, perfino la vita stessa.
Limitando il nostro parlare all’individuo, per cercare di creare una scenografia più comprensibile dell’immenso teatro in cui si svolgono le nostre vite, possiamo affermare che ogni individuo incarnato è costituito da cicli ben precisi (affettivi, emotivi, intellettivi e via dicendo), osservando i quali è possibile arrivare alla sua radice che, apparentemente, risiede in quello che è il suo corpo akasico.
In realtà, figli nostri, comprendere il ciclo che porta, spesso con fatica e dolore, alla comprensione che soltanto un corpo akasico strutturato può fornire, è solo un trampolino per riagganciarsi all’altro grande ciclo che, dalla vibrazione akasica, porterà, inevitabilmente, all’entrare in contatto e a riconoscere la «vibrazione prima», la quale condurrà ognuno di noi e di voi per mano fino alla fusione con gli altri fratelli, in cicli sempre più ampi, fino a giungere alla fusione nel seno di quel Tutto Uno Assoluto che contiene e causa tutte le vibrazioni pur trascendendole.

9 – Equilibrio e squilibrio

Da quelle poche e semplici cose di cui abbiamo parlato nel corso di questi mesi una cosa balza evidente all’attenzione di chi ha saputo crearsi un’immagine sintetica della Realtà, così come scaturisce dall’insegnamento delle Guide: il manifestato è talmente complesso ma, tuttavia, talmente logico, che da un piccolo particolare è possibile, passo dopo passo, arrivare a sollevare il sipario su uno scenario sempre meno riduttivo e frammentario, nel quale sono inseriti armonicamente e in continua relazione tra di loro tutti gli elementi che gli danno forma e vita.
Per voi, figli e fratelli che siete immersi nel caleidoscopico divenire, tutto appare come un continuo mutare di forme, come un continuo evolversi di situazioni e di processi di vita che si intersecano e si intrecciano in maniera talmente complessa che è difficile per la mente umana riuscire veramente a comprendere la sua vastità, e solo la vostra immaginazione e, ancor di più, la vostra intuizione, possono arrivare a darvi la sensazione che tutto è già scritto in ogni suo attimo in quell’eterno presente, attributo permanente ed essenziale della divinità stessa, nel quale nulla diventa, si trasforma, muta, evolve, ma tutto E’.
Ciò che è essenziale, comunque, per chi si avvicina alla Realtà così come stiamo cercando di spiegarvela, è comprendere il concetto che essa è armonicamente equilibrata e che la legge di equilibrio è non soltanto ciò che garantisce la sua possibilità di esistenza, impedendone la disgregazione, ma anche ciò che dà ragione di molti suoi accadimenti che interessano più da vicino la vita dell’essere incarnato: ciò che appare giusto e ciò che, invece, appare ingiusto nel corso di un’esistenza trova la sua controparte di giustizia o di ingiustizia in qualche altro momento di una delle molte vite che l’individuo percorre nel suo ciclo evolutivo, al punto che, allorché abbandonerà la ruota delle nascite e delle morti, un ipotetico bilancio del dare e avere nel corso delle sue esistenze sarebbe perfettamente in pareggio.
Questo, miei cari, dovrebbe aiutarvi ad osservare più spassionatamente quello che vi succede, senza lasciarvi andare così facilmente al pessimismo e al vittimismo: senza soffermarvi a pensare a quale fortuna di quale vita (cosa, oltretutto, per ognuno di voi impossibile a farsi) stia compensando la vostra attuale sfortuna, cercate invece di arrivare a comprendere che la legge di equilibrio agisce anch’essa sia in grandi che in piccoli cicli; così, se siete nell’impossibilità effettiva di considerare il grande ciclo delle vostre esistenze per trovare in esse il motivo e la compensazione del vostro attuale dolore, soffermatevi ad osservare il vostro dolore nell’oggi e nel domani più prossimo e vi renderete conto che, ad un esame obiettivo e spassionato, il vostro dolore è stato già in parte riequilibrato da ciò che, grazie ad esso, avete probabilmente raggiunto o vi avviate faticosamente a cercare di raggiungere: ad esempio il coraggio di fronte alla sofferenza, oppure il trasformare il vostro amore frustrato in partecipazione e sostegno per qualcun altro che, come voi, sta affrontando il dolore.
In questa prospettiva si può affermare che ciò che fate, nel corso delle vostre vite, non è altro che un continuo raggiungere nuovi punti di equilibrio tra gli stimoli che l’esterno vi propone e le reazioni che il vostro intimo mette in atto, affinché da queste dinamiche voi riusciate a comprendere qualche nuovo elemento della vostra essenza.
Si tratta, alla fin fine, di un continuo svilupparsi, al vostro interno, di cicli dinamici tra equilibrio e squilibrio, percorsi i quali avrete costituito un equilibrio diverso da quello che possedevate all’inizio di ogni ciclo e dal quale prenderà il via un successivo ciclo che, ancora una volta, vi porterà a raggiungere un diverso equilibrio.
E’ in quest’ottica, ad esempio, che è possibile osservare quel fenomeno che ognuno di voi vive più o meno consapevolmente, ovvero il trasformare certi movimenti interiori in effetti che si riflettono sulla funzionalità (e, quindi, sull’equilibrio) del vostro organismo, provocando quelli che vengono chiamati psicosomatismi. Essi sono il risultato di un equilibrio non raggiunto nella propria interiorità, contemporaneamente effetto e causa di sommovimenti interiori che tendono a indicarvi la via, il percorso, lungo il quale inoltrarvi per raggiungere quell’equilibrio che, solo, può portarvi all’annullamento dell’effetto psicosomatico. Ricordatevi, miei cari, dei momenti in cui vi sentite di “umore nero”, svogliati, privi di voglia di vivere... anche questo, in fondo, è uno psicosomatismo, vi pare? E quand’è che superate quei momenti? Nell’istante in cui trovate al vostro interno la via per modificare con un sorriso la vostra depressione, in cui dite un “basta” convinto alla sofferenza, in cui vi accorgete delle cose che, intorno a voi, gridano a gran voce che vi sono mille e mille motivi per cui vale la pena di vivere.
Ecco, figli, nel fare questo avete percorso quello che poco fa ho definito un piccolo ciclo dinamico, il quale vi ha portato al raggiungimento di un nuovo equilibrio e, basandovi su di esso, partirete per un nuovo ciclo che vi porterà a un ulteriore traguardo del vostro cammino, a un ulteriore equilibrio fra ciò che l’esistenza vi propone di vivere e ciò che la vostra coscienza deve modificare di se stessa per rendere diversa e più giusta la sua reattività alla nuova situazione che vi siete trovati a dover affrontare.
E così, di piccolo ciclo in piccolo ciclo, ognuno di voi percorrerà il più grande ciclo che costituisce il vostro continuo immergervi nella materia alla riscoperta di voi stessi, in un altalenare di equilibrio e disequilibrio che, per voi che lo vivete in prima persona, può apparire insopportabile, ingiusto e senza fine, ma che, in realtà, vi conduce per mano verso un percorso che vi allontana via via sempre di più dalla sofferenza.
Infine verrà il momento in cui potrete guardare indietro e scorgere tutto il vostro ciclo incarnativo e, al vostro sguardo ormai spassionato, il perfetto equilibrio di quanto vi è accaduto apparirà in tutta la sua perfezione, svelandovi la realtà profonda insita in ciò che vi diciamo affermando che tutto accade sempre e soltanto per il vostro bene. Vedrete che ogni tormentoso dolore vi ha portato ad una gioia più viva e ogni grande perdita ad una grande conquista; vi renderete conto che nulla di più e nulla di meno è stato dato a voi o a qualsiasi altro essere vivente; scorgerete come le vostre piccole storie personali si sono inserite perfettamente nel tessuto della Realtà garantendone la continuità e l’esistenza, e capirete che tutto questo è stato necessario per soddisfare non soltanto il vostro personale bisogno di individuo alla riscoperta di se stesso, ma anche per garantire la possibilità che anche gli altri individui potessero interpretare la parte a loro più consona nel Teatro delle Ombre.
E allora, colmi di meraviglia e di stupore per come ogni più piccolo bisogno del più piccolo essere ha avuto la possibilità di essere soddisfatto senza, nel far questo, intaccare o prevaricare l’altrui bisogno, sussurrerete commossi al Grande Regista con una nuova e più grande accettazione e comprensione: «Sia fatta la Tua volontà e non la mia». (Baba)
 
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view post Posted on 3/10/2021, 09:15
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Trovo sempre strabiliante come il rileggere messaggi, come quelli sopra, più volte letti e riletti, si prestino per me a nuove interpretazioni sfuggite nelle precedenti letture .

Per sempre Grazie.

Ciao a tutti

Luciano
 
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view post Posted on 4/10/2021, 17:45
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Innanzitutto grazie. Parole che non temono il passare del tempo, anzi sempre più valide sopratutto ora ove è possibile trovare una chiave di lettura nelle tristi vicissitudini del mondo. Sempre più onorato di aver conosciuto questi insegnamenti di una logica sopraffina.
 
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2 replies since 1/10/2021, 09:21   165 views
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